Lo studio delle città in Italia non è molto radicato come invece accade in America, dove studiosi e ricercatori, sociologi, scienziati politici, urbanisti, hanno costruito solidi paradigmi d’indagine teorica ed empirica che ci danno modo di capire come sono strutturate queste città, quali modelli assumono e come potremmo prendere spunto per migliorare, laddove è possibile, le nostre città. Nella sociologia urbana è possibile distinguere due principali tradizioni di studio: quella americana e quella europeo-continentale. Analizziamole.

Due tradizioni di studio

Nella tradizione americana prevale l’idea di un continuum tra urbano e rurale. All’interno di questa tradizione troviamo vari filoni di studio: l’ecologia umana, ovvero la teoria dell’adattamento delle società umane all’ambiente; quello della Scuola di Chicago che ha come oggetto di studio l’articolazione sociale dello spazio urbano e ciò che concerne le sue trasformazioni nel tempo, interpretando la città attraverso idee e principi mutati dalla biologia evoluzionista, che osserva l’esistenza di una forte connessione tra l’ambiente fisico e gli individui che si localizzano in un determinato ambiente e come questi agiscono e si dislocano sul territorio animando situazioni di conflitto. Gli studi più rappresentativi sono stati condotti da: Park e Burgess nella prima metà del Novecento; loro hanno elaborato modelli spaziali per rappresentare il territorio urbano; Anderson e Wirth che si sono concentrati sui modi di vita urbani; Tryon ha affinato i metodi di indagine statistica per individuare e descrivere disuguaglianze socio-residenziali tra i quartieri urbani. Per quanto riguarda la tradizione europeo-continentale vediamo un approccio critico nei confronti della città; infatti, vengono denunciati i problemi posti dall’urbanesimo postindustriale, indicando anche possibili alternative di sviluppo. Secondo Weber la città occidentale nasce da un insieme di istituzioni: economica, religiosa e politico-amministrativa. Marx sostiene invece che la città è il luogo in cui si concentrano gli effetti e le contraddizioni del modo di produzione capitalistico. Engels si concentra sul ruolo assunto dalla classe operaia e dagli strati meno abbienti della popolazione nell’ambiente urbano.

Gli interessi della sociologia urbana

Possiamo quindi asserire che i principali campi di interesse della sociologia urbana sono:

– la dimensione economica della città, ovvero il luogo dove attività economiche producono beni ed erogano servizi;
– la dimensione culturale, luogo di confronto tra culture e sottoculture ed elaborazione di simboli condivisi;
– la dimensione politica-strutturale, luogo di articolazione di classi e gruppi sociali;
– la dimensione ecologica, insediamento urbano dal punto di vista sociale, rapporto uomo-ambiente.

In generale la città può essere intesa come “organizzazione sociale”. Con questo concetto, elaborato da Bagnasco, si intende il “continuo lavoro di tessitura di tessuto sociale che mettono in opera le persone, con l’interazione continua in famiglia, reti di relazioni, rapporti di conoscenza o amicizia, associazioni volontarie”. È proprio attraverso lo studio di queste reti relazionali che si riescono a capire i cambiamenti che riguardano la città e la società. Il tema della cooperazione aiuta ad affrontare quei problemi cruciali di organizzazione sociale che sfidano l’integrazione delle società contemporanee. Fenomeni come la globalizzazione e le nuove economie fanno crollare i vecchi assetti territoriali centrati sugli stati nazionali. Ma si possono riscontrare anche alcuni esperimenti di “ricentraggio” tra le dimensioni della cultura, dell’economia e della politica che avvengono nelle società locali.

La “governance” urbana

Le città si definiscono come nuove unità sociali, in cui vi è connessione tra lo spazio, i luoghi e i flussi. Ma soprattutto, si configurano come contesti alla ricerca di un equilibrio tra coesione sociale, libertà politica ed efficienza economica. Su questo piano si innescano meccanismi che guidano la produzione di politiche urbane. Per politiche urbane intendiamo più specificatamente un settore delle politiche pubbliche. Queste politiche sono attuate dagli enti locali, il più delle volte in collaborazione con attori pubblici e privati, formando delle reti relazionali in cui s’intrecciano molti fattori che dovrebbero portare al raggiungimento di un determinato obiettivo. Parliamo, a tal proposito, del concetto di “governance urbana“. Il termine “governance” è l’evoluzione del concetto di “government“, termine che richiama un tipo di azioni intraprese dallo Stato Centrale con possibilità di mediazione delle scelte gestionali politiche ed economiche da parte di terzi. Tali politiche nascono dalla constatazione dei limiti incontrati da uno Stato quando il potere pubblico è nelle mani di un solo soggetto che si ritrova a realizzare non sempre scelte giuste. La governance si esplica quindi come un intervento mirato ed operato da più attori, siano essi governativi o meno. Nella fattispecie, le politiche urbane riguardano interventi che vanno dalla bonifica di un’area, alla realizzazione di strutture e attrezzature per bambini, della riqualificazione di spazi verdi, alla ripavimentazione del manto stradale, della rimozione delle barriere architettoniche, ai piani di traffico e mobilità. Negli ultimi anni anche l’Unione Europea si è trovata a rispondere a sfide non più solo legate all’economia di mercato, alla politica ma anche alla società nel suo complesso insieme. La maggior parte di tali sfide presenta una forte connotazione urbana: i problemi si manifestano principalmente nelle città e intorno ad esse – ad esempio, povertà, segregazione sociale e nello spazio, degrado ambientale – oppure trovano soluzione nelle città e tramite esse – ad esempio, efficienza delle risorse ed economica CO2 neutrale, integrazione e innovazione sociale.

Come definire una città?

Una città è un insediamento umano, esteso e stabile, che va a differenziarsi da un paese o un villaggio per dimensione, densità di popolazione, importanza o status legale, quest’ultima conseguenza di un processo più o meno lungo di urbanizzazione. Ogni città ha le sue caratteristiche e ognuna di essa può essere definita in modo diverso in base a quelli che sono considerati i suoi punti di forza e punti di debolezza. Nel corso degli anni le città sono state trasformate in base alle esigenze degli uomini ma anche per conseguenze naturali che hanno portato alla riqualificazione di determinate aree. Le grandi trasformazioni economiche, dall’industrializzazione alla globalizzazione, passando per la deindustrializzazione, hanno avuto effetti considerevoli sulle città, in primo luogo in termini demografici, in quanto si è assistito al trasferimento di un gran numero di famiglie dalle campagne al centro delle città, in cui si intravedeva la possibilità di un mercato del lavoro più accessibile e articolato. I processi migratori che hanno poi connotato le città, nel tempo, sono diventati sempre più complessi e articolati, hanno riguardato fasce e componenti sociali diversi, ma, di fatto, non si sono mai arrestati. Tuttavia più di recente, secondo Martinotti, vi è una “curiosa idea che le trasformazioni urbane in corso siano interpretabili come una fuga dalle città e un ritorno alla campagna. I grandi comuni hanno perso popolazione a favore dei comuni piccoli, presumibilmente rurali”.

Le città globali

Il concetto di città globali è stato sviluppato da Saskia Sassen, sociologa ed economista statunitense. È un nuovo concetto teorico per studiare le città come luoghi di intersezione tra globale e locale. Nel suo celebre saggio “Le città nell’economia globale” dimostra come molte città, anzi, metropoli mondiali, si sono sviluppate all’interno di mercati transazionali e sono molto simili tra di loro. Queste città sono il centro di snodo per commercio, finanza, innovazioni economiche e tecnologiche. Ovviamente queste città hanno dato vita a quella che può essere definita una vera e propria economia globale da un punto di vista positivo; se invece volessimo guardare agli aspetti “negativi” ci riallacciamo ad un altro aspetto fondamentale che la Sassen ha elaborato, ovvero le disuguaglianze sociali derivanti dai processi di globalizzazione. Con città globale quindi ci si riferisce ad una città che è considerata una metropoli di gran potere o influenza. Il potere che si innesca all’interno della città riesce poi ad influenzare tutto ciò che succede nel mondo. Lo studio di una città può essere considerato come “un’esplorazione sistematica dello spazio urbano”. Un’esplorazione che può riguardare non soltanto la morfologia della città stessa ma anche uno studio sulla popolazione che vive sul territorio urbano, gli usi, costumi, tradizioni: fattori che vanno a caratterizzare la città e a renderla unica rispetto alle altre. Perché ogni città ha una propria storia, un proprio bagaglio culturale che ne costituisce l’essenza. La città ha anche una sua forma, che prende corpo attraverso l’intreccio delle sue strade, la collocazione delle piazze e degli spazi verdi, la morfologia dei quartieri e su questo ampi studi sono stati fatti da Jane Jacobs. Le città sono il frutto d’interazioni, interconnessioni, reti relazionali, non sempre pacifiche, che attraversano vari livelli: quello istituzionale, quello della società civile, quello degli interessi organizzati, i singoli cittadini.

Filomena Oronzo

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