Le migrazioni, storicamente, hanno sempre caratterizzato l’esistenza antropica: a causa di conflitti, persecuzioni religiose o politiche, per mero sostentamento o velleità migliorative, l’uomo, spostandosi, ha sempre cercato un luogo che lo rendesse stanziale.

Questione di buon senso

Come insegnano i ricorsi storici di vicana memoria, anche oggi il fenomeno migratorio rappresenta un tema cruciale per la nostra epoca, un’emergenza multidisciplinare, un impegno inderogabile da affrontare con responsabile razionalità. Il timore principale è che resti solo un tema da strumentalizzare per accendere fuochi populisti, istanze demagogiche e convogliare consenso elettorale. Quali potrebbero essere le soluzioni? Innanzitutto il buon senso responsabile: occorre sicuramente trovare una sinergia collaborativa tra tutte le nazioni e abbandonare la logica dello “scarica barile” quando si affronta la questione, ma soprattutto evitare qualsiasi meschino ricatto politico che gravi sulla vita delle persone. Questa è la priorità, qualunque altro discorso, valido o meno, viene in un secondo momento.

Esclusione sociale

Pensare di parlare di migrazione come sedicenti esperti del tema solo perché si diventa opinionisti in un salotto televisivo, senza conoscere la storia e le sue contingenze, getta fumo negli occhi e non risolve nulla. Basterebbe aprire gli occhi. Pensare al braccio di ferro politico, interno e internazionale, su temi quali l’accoglienza e l’integrazione e non riflettere sul fatto che il cadavere di un bambino venga ripescato in mare con la sua scheda scolastica ancora addosso, bhè quella non è politica, non è giustizia ma solo barbarie. La più crudele, mortificante e misera che si possa immaginare. Basterebbe ricordare che posizioni troppo rigide e le estremizzazioni sono le vere componenti del conflitto e dell’esclusione. Bauman, con grande lungimiranza, ci ha detto che è proprio l’esclusione sociale a rappresentare la migliore arma nelle mani del reclutamento terrorista, spiegando come la stigmatizzazione dei gruppi alimenti l’odio e neutralizzi l’integrazione.

Multiculturalismo? No, grazie!

Ogni credenza ideologica monotematica, di qualunque origine politica, ha bisogno di un nemico da eliminare, prima con la propaganda e poi fisicamente. La mancanza del dibattito e del rispetto per la libertà di pensiero costituiscono le basi dei più grandi crimini della storia. L’oblio sembra avvolgere ogni drammatica esperienza del passato che funga da monito per il futuro. Attualmente viviamo un preoccupante paradosso storico: mentre ricordiamo giustamente le tragedie del passato per ricordare le vittime della barbarie umana, quella più insensata e irrazionale dell’olocausto, delle foibe, ma ce ne sarebbero tante altre purtroppo, ci rifugiamo, sia socialmente sia politicamente, nel populismo più cieco ed escludente che fa del rifiuto dell’altro generalmente inteso il suo credo. Chi oppone a questo stato di cose il multiculturalismo come soluzione non capisce che a volte unire due culture inconciliabili è controproducente e irrispettoso per entrambe. Una forzatura che può rendere il conflitto recrudescente e incontrollabile, mentre attualizzare una visione interculturale di ampio respiro, in cui le parti s’incontrano per una condivisione fatta di rispetto reciproco, e soprattutto di osservanza delle regole che attengono non solo all’ambito meramente legislativo ma anche a una compiuta socialità, aiuterebbe a capirci meglio, a comunicare, ad arricchirci, evitando di generalizzare il male come evento eterodiretto, demonizzare il prossimo aprioristicamente e strumentalizzare il diverso in nome del cosiddetto “politicamente corretto”, che insieme al buonismo fittizio, uccide ogni evoluzione culturale dell’umanità e ci riporta a compiere sempre gli stessi errori . Il passato esiste ed è lì per ricordarci le sue terribili conseguenze. Teniamone conto e pensiamo. Sempre.

Marino D’Amore

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