Dopo i fatti di mafia capitale che hanno visto coinvolti esponenti di organizzazioni criminali, politici e pubblici funzionari in reati riguardanti appropriazione indebita di fondi destinati alle politiche di accoglienza ai rifugiati, il 23 maggio scorso è spuntata un’inchiesta della magistratura di Napoli del tutto simile. Il presidente della Onlus “Un’ ala di riserva” di Pozzuoli, Alfonso De Martino, e sua moglie Rosa Carnevale, sono stati tratti in arresto poiché, si legge dall’ordinanza di custodia cautelare del gip Antonio Cairo, “si evidenzia una strumentalizzazione sull’assistenza agli immigrati, per l’utile personale e in funzione di un guadagno illecito“. I reati contestati sono truffa, peculato ed appropriazione indebita. La vicenda ruota tutta intorno all’uso indebito dei pocket money.

Cosa sono i pocket money?

Scoppia lo scandalo dei pocket money
Scoppia lo scandalo dei pocket money

Come suggeriva tempo fa Giovanni Falcone, per incastrare i responsabili di un reato bisogna seguire la pista del danaro. In questo caso il danaro è rappresentato dai cosiddetti pocket money. Di che cosa si tratta? Sono in sostanza ticket erogati dalla Regione e riconosciuti ai soli immigrati maggiorenni del valore di 2,5 euro cadauno, erogati in base ai giorni di presenza nelle strutture di accoglienza. L’immigrato ha l’obbligo di firmare la ricevuta di questi blocchetti e da quel momento in poi ne diventa l’unico responsabile. I ticket possono essere utilizzati presso tutti i negozi accreditati. A Napoli si era creato, tra il 2011 e il 2013, una sorta di mercato nero a riguardo. I ticket venivano acquistati ad un prezzo inferiore dalle associazioni e ai migranti venivano concessi soldi contanti, oppure beni materiali di scarso valore, come ad esempio sigarette. Fatti del genere si sono verificati già in Calabria nel 2014. A Cara calabrese, Isola di Capo Rizzuto, sono scomparsi ticket del valore di  oltre due milioni di euro, in 21 mesi. Dal luglio 2014 per contrastare questa speculazione, il Ministero dell’Interno ha cambiato il sistema di contributi, consegnando soldi contanti ai migranti previa sottoscrizione di un modulo di ricevuta.

Reati contestati ad “Un’ala di riserva”

Il logo dell'associazione "Un'ala di riserva"
Il logo dell’associazione “Un’ala di riserva”

In che modo è stato colto in fallo il presidente di “Un’ala di riserva”? I pocket money venivano concessi dal presidente, parroco, nonché Cavaliere, Vincenzo Federico della Caritas di Teggiano, che avrebbe venduto ad Alfonso De Martino i ticket ad un prezzo inferiore rispetto al loro reale valore. Blocchetti di biglietti dall’equivalente di 75 euro venduti al modico prezzo di 50 euro. Un vero affare insomma. È bene ricordare che l’associazione indagata nasce proprio da una costola della Caritas e ciò fa pensare che i rapporti tra le due associazioni erano già da tempo consolidati. Il signor De Martino avrebbe così versato denaro contante in nero alla Caritas di Teggiano, ottenendo ticket che, invece di essere concessi personalmente ai migranti, sarebbero stati utilizzati per comprare schede telefoniche in un edicola a Pozzuoli. Il caso ha voluto che l’edicola in questione, negoziatrice di oltre 500mila ticket, fosse di proprietà della signora Rosa Carnevale, moglie di De Martino. Il disegno di raggiro, supposto dagli investigatori, sembra essere stato curato nei minimi dettagli. In effetti i pocket money di solito sono utilizzati dagli immigrati soprattutto per comprare sigarette e schede telefoniche. L’esborso quindi presso l’edicola sarebbe stato facilmente giustificato. I fatti raccontati sono chiaramente ancora al vaglio degli inquirenti e vi è quindi nei confronti degli imputati solo una presunzione di reato.

Di seguito un breve resoconto di alcuni degli investimenti fatti con i fondi per le politiche di assistenza agli immigrati da “Un ala di riserva”. Acquisto di due immobili, uno a Milano, l’altro a Pozzuoli, del valore rispettivamente di 150mila e 100mila euro; 130mila euro in contanti, 350mila euro di fatture falsificate, biglietti per la partita di calcio Napoli-Chelsea ed infine il fitto di un locale a Pozzuoli. Tutto, è bene precisare, nella mani del presidente di una Onlus no profit.

Cosa resta delle politiche di integrazione?

Il sociologo tedesco Georg Simmel
Il sociologo tedesco Georg Simmel

Centri-ghetti di accoglienza lontani dalle città, che talvolta risultano essere in pessime condizioni igienico-sanitarie, senza servizi ed assistenza e che in fondo più che integrare riescono molto meglio ad escludere. Un vero processo di integrazione dovrebbe favorire il coinvolgimento di tutti i gruppi e soggetti nel più generale sistema istituzionale, legislativo e culturale. Il sociologo tedesco Georg Simmel parla a tal proposito di una categoria particolare di soggetto, “lo straniero”, in cui la vicinanza o la lontananza all’interno di uno spazio sociale, che può essere ad esempio un gruppo, definisce i rapporti intercorrenti tra autoctoni ed immigrati e struttura le identità di entrambi, in considerazione del diverso da sé. Le relazioni con l’altro e l’eliminazione dei pregiudizi risultano essere quindi elementi fondamentali per un felice processo di integrazione degli immigrati. Per carità non bisogna fare di tutta l’erba un fascio. Esistono realtà in Italia che promuovono progetti di grande validità e che vedono screditare il loro operato proprio a causa di queste tristi vicende. Il problema vero è che queste associazioni stanno diventando oasi in mezzo al deserto.

Infine una riflessione si rende necessaria in merito al diffuso pregiudizio di alcune sub-culture della destra italiana che etichettano gli immigrati come malfattori o nulla facenti. Siamo sicuri che siano gli italiani la parte danneggiata dai fenomeni migratori?

Angelo Luongo