Che le fonti di informazione abbiano un forte impatto sociale rispetto all’influenza e la costruzione dell’opinione pubblica è ormai ampiamente comprovato. Proprio nel Novecento, secolo in cui i media iniziarono a contribuire notevolmente alla formazione del pensiero di massa, si sviluppa la teoria dell’agenda setting.
Uno sguardo alla teoria

Nel 1972 il concetto di agenda setting e l’effetto dei mass media sull’opinione pubblica venne reso noto da Maxwell McCombs e Donald Shaw in una teoria secondo la quale la rilevanza data alle notizie selezionate e diffuse dai mass media ha il potere di focalizzare l’attenzione del pubblico su un limitato numero di temi (agenda cutting) a scapito di altri che vanno a finire nella spirale del silenzio.
Essa può essere sintetizzata dunque in due assunti.
- La visione offerta dai mezzi di informazione non è specchio del reale ma un suo abile e ragionato modellamento.
- La gamma di informazioni portata all’attenzione viene conseguentemente ritenuta dal grande pubblico come quella effettivamente rilevante.
Si tratta dunque di selezionare tematiche che, per l’importanza attribuitagli, passano dall’opinione privata dei comunicatori a quella pubblica dei fruitori, valutando l’impatto che ha su di essi in base a variabili quali l’estrazione sociale o gli interessi personali.
L’agenda setting nell’era di Zuckerberg
Internet, che fin dai suoi albori si è distinto per essere un contenitore in cui fluttuano una miriade di informazioni e messaggi più o meno palesi, si afferma oggi più che mai come un grande selezionatore di notizie grazie alla diffusione dei social network e le varie piattaforme di condivisione. Facciamone una rapida panoramica.
- Blogger, Social influcer e Youtubers. Se ne vedono per tutti i gusti: opinionisti, esperti di moda, cucina, informatica. Basta una tastiera ed una webcam per lanciare tendenze e messaggi dal forte impatto, anche temporaneo, verso un pubblico giovane e meno giovane, esposto ad un overload informativo sempre più indistinto, il cui discernimento è dato dai feedback disseminati nell’etere quando esprimiamo con un click i nostri gusti.
- Facebook. Sulla base di algoritmi, il noto social seleziona notizie e post che maggiormente potrebbero interessare l’utente, mascherando l’attuazione dell’agenda setting sotto le spoglie di un servizio utile.
- Twitter. La mappa dei Trending Topic, ossia gli argomenti ritenuti rilevanti, dimostra che ormai gli utenti stessi operano una selezione di tematiche sulla scorta di quelli proposti dai media tradizionali.
Alla luce di ciò potremmo dire che l’offerta dei social è rappresentata più che da una libertà di opinione e informazione, da una tele-spedizione verso territori già ampiamente battuti e predisposti all’ingresso del navigante.
Il punto
Entro quali limiti è eticamente giusto spostare l’attenzione su alcune tematiche piuttosto che su altre? Nell’era 2.0 l’esercizio del libero arbitrio rispetto a ciò che guardiamo, ascoltiamo o acquistiamo è effettivo o soltanto illusorio? Si tratta di un dibattito fin troppo ampio e quanto mai attuale, certa e non sottovalutabile è l’incidenza che le modalità informative hanno su struttura e sovrastruttura.
Ieri come oggi. Oggi più di ieri.
Roberta Cricelli

Silenziosa osservatrice dalla penna loquace. Convinta che per raccontare il mondo con spiccata vena poetica occorra conoscerne le dinamiche interne. Ama la sua Calabria, terra di contraddittoria bellezza.