L’alcol è la prima causa di morte nel mondo, il suo consumo è diffusissimo e in crescente aumento tra giovani e giovanissimi. Gli studi più recenti raccontano di un fenomeno in crescita tra le donne e fotografano una realtà eterogenea, frammentata, disomogenea. Le cause dell’abuso di alcol sono difficilmente riconducibili a variabili fisse. La sociologa Guerino, nel suo “Alcol e stile giovane. Un’interpretazione sociologica“, prova a rintracciare cause, modelli, significati dell’uso e abuso di alcol, dando un’interpretazione lucida e chiara di quello che è senza dubbio un fatto sociale totale, che coinvolge quindi sia la sfera privata e individuale, sia una dimensione collettiva.
Un fenomeno culturale
L’alcol è definito “droga mimetica“, in quanto anche cibo, cultura, fattore economico, comportamento culturale, droga. Bere alcol è un fatto presente nella società fin dall’antichità: le arti e la letteratura ci raccontano da secoli il suo uso e abuso, il suo connotarsi quale fenomeno prettamente culturale e di tradizione, financo pratica religiosa o pagana, o addirittura quale stimolo indiretto al valore nei campi di battaglia. Non era inusuale sbronzarsi prima di un combattimento. L’approccio all’alcol da parte dei giovani viene affrontato dalla sociologa in relazione a fenomeni come il “binge drinking” o il “botellon”, che si discostano dal modello socialmente rappresentato di assunzione di sostanze alcoliche. Il binge drinking consiste nell’assumere alcol in grandi quantità in un minimo intervallo di tempo. Potremmo definirle abbuffate alcoliche, e hanno lo scopo di sballare in pochi minuti, rendendo la pratica un modo per velocizzare quello che è considerato un modo come un altro di divertirsi. I ragazzi si cimentano anche in vere e proprie gare. Chi riesce a bere di più nel minor tempo possibile, vince. Il botellon trae la sua origine in Spagna; il termine significa “bottiglia” ed evoca momenti di convivialità all’aperto legati al consumo di alcol. I ragazzi si ritrovano in vicoli, vie, piazze e bevono. Stanno insieme bevendo, spesso schiamazzando. Il fenomeno nasce per arginare il costo eccessivo delle bevande alcoliche nei bar, pub o discoteche. Bere per strada, in libertà, fino all’alba, senza regole o divieti.
Modelli da seguire
L’alcol tra i giovani assume una dimensione comunicativa, una forma di linguaggio che permette di scaricare a terra volontà spesso represse in modelli non adeguati alle proprie inclinazioni. L’alcol permette di mascherare errori e defaillance, aiuta a mostrare il proprio sé, contribuisce alla costruzione di un’identità altra dall’io, ecco perché per parlare di giovani, alcolismo e droga l’ambito di discussione e di studio si addentra anche nella microsociologia, e in tutte quelle forme di adattamento sociale che ogni individuo affronta con sé stesso, per dare coerenza a struttura al proprio target di significati. Ecco perché non è possibile fornire soluzioni immediatamente efficaci per contrastare il fenomeno. Ecco perché le politiche sociali hanno spesso fallito. Hanno fallito i modelli proibizionisti: quello americano di inizio Novecento ne è il più classico esempio. E ha fallito perché ha cercato di colpire tutti, indistintamente, senza criterio e senza obiettivo, dimenticando il contesto socio-economico e la sua complessità. Più mirato il modello di controllo regolamentato, che agisce sul costo dell’alcol, sulla sua distribuzione e somministrazione, sulle regole per la sua assunzione in luoghi appositi e entro precisi orari. Incentrato sull’educazione è invece il modello educativo a “informazione guidata“, un modello contestuale, inadattabile in maniera universale a contesti diversi.
Equivalenti funzionali
La comunicazione e l’informazione possono essere di tipo top down o peer to peer. Due macro categorie che si differenziano per il metodo, il contesto e la base di emissione. Nel primo caso, quello top down, le informazioni vengono veicolate da istituzioni sovra giovanili come possono essere la scuola o la famiglia; nel secondo, quello peer to peer, parliamo di target più vicini al modello culturale dei ragazzi, una vicinanza fiduciaria e affidataria di linguaggi simili e coerenti con un mondo spesso distante da quello degli adulti. La base concettuale di questo modello è fare della conoscenza il punto di forza. Conoscere e far conoscere gli effetti dell’alcol, le sue ripercussioni sulla salute o sulla bellezza, le conseguenze spesso drammatiche che si palesano dopo una serata di abuso. E i messaggi sono recepiti perché portati da interazioni sociali positive, come quelle che si possono rintracciare nei rapporti con i propri genitori o amici, o attraverso modelli che suscitano ammirazione e voglia di emulazione. Parlare di “equivalenti funzionali“, invece, significa non più informare ma sottrarre l’alcol dagli interessi dei giovani, canalizzando la loro attenzione e lo stesso coinvolgimento ad attività ugualmente interessanti, ugualmente piacevoli, ugualmente catalizzatrici di passione e piacere. La società non fornisce sempre degli equivalenti funzionali. Spesso i ragazzi sono vittima di noia e scarsi stimoli. E le cause possono essere molteplici e differenti, a seconda del contesto nel quale si vive e si cresce. Lo sport è un equivalente funzionale che ben semplifica il concetto.
Politiche concrete
Al di là dei modelli formalmente individuati dalla comunità scientifica, le politiche sociali da tempo si interrogano su quali possano essere le possibili soluzioni, gli ambiti di applicazione di questa o quella proposta, i destinatari possibili, i soggetti da coinvolgere. Ed è difficile se non impossibile fornire modelli che valgano sempre e per tutti. Pianificare delle politiche concrete, attuabili, incisive, richiede lo sforzo di professionalità spesso non presenti negli organici di amministrazioni ed enti, sottovalutando il ruolo imprescindibile di psicologi, sociologi, educatori. Una visione di insieme che possa dare risposte ad una società liquida, dai contorni sfumati, incerti, quanto mai invisibili. A dominare le emozioni e le azioni dei giovani sono vibrazioni che impostazioni rigide e inattuali non riescono a cogliere. L’adattamento a contesti complessi e difficili da leggere, il doversi muovere tra linguaggi nuovi e in continua evoluzione, acuisce le fragilità individuali ed esaspera la coscienza imprevedibile delle masse. È quanto mai urgente una riallocazione di competenze e funzioni, ad ogni livello istituzionale, una redistribuzione delle idee sulla base di dati e studi. Politica e scienza, in un’equilibrata compenetrazione di conoscenze, depurata da interessi di retrobottega o elettorali o meramente economici, ponendo al centro il benessere e la salute dei cittadini, quali portatori di un miglioramento complessivo della società e costruzione di un futuro migliore di quello oggi immaginabile.
Simona Vitali
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