Il circo è una forma di spettacolo popolare in cui si mescolano arti e discipline diverse, è creatore di illusioni e realtà, permettendo una percezione multisensoriale (Hottier, 1984). Esso determina altresì l’esaltazione di tre dimensioni: forza, destrezza, energia umana ed animale, in cui gli attori sono circondati dagli spettatori; lo spettacolo è il mezzo di produzione attorno al quale si muove la comunità (Thétard, 1947).
Populus duas tantum res anxius optat: panem et circenses (Il popolo due sole cose ansiosamente desidera: pane e giochi circensi) – Giovenale
Comunità e famiglie
La vita della comunità circense si realizza attraverso la messa in atto dello spettacolo inteso come elemento unificatore e principio fondante dei vari gruppi familiari e degli artisti, mentre la divisione tra nomadi (artisti circensi) e sedentari (residenti delle città) può mantenere relativamente impermeabili le due società, pur nel regime di collaborazione che esercitano reciprocamente (Turri, 1983). La dinamica delle organizzazioni nomadi presuppone la fuga iniziale di una o più persone sino alla formazione in tribù, o, nel caso del circo, in famiglie estese, mediante le quali si ottiene la libertà da una realtà vista come opprimente o piena di obblighi (Caforio, 1987). La vita comune è coercitiva, ma, nel contempo, attraente, poiché associarsi significa difendere interessi comuni (Durhkeim, 1962). Come in ogni piccola comunità, è molto forte il controllo sociale nei confronti del singolo che deve vivere un’esistenza nei canoni stabiliti dalla comunità stessa per non rischiare esclusione o allontanamento (Caforio, 1987). Esiste un parallelismo con le società nomadi pastorali: infatti l’uomo e l’animale vivono quasi in simbiosi tra loro, lo spettacolo e la quotidianità sono interdipendenti, prevedono un sacrificio totale e l’accettazione dei gravi rischi legati alla professione (Remy, 1981). Il sacrificio e l’allenamento alle arti permette la legittimazione del gruppo all’interno del luogo consacrato, il tendone.
Alle origini del circo
Le radici circensi risalgono all’antico Egitto, quando, in onore di Osiride, si tenevano festeggiamenti con canti, divertimenti e danze acrobatiche raffigurate nei dipinti rimasti a Tebe e Menfi (Platz, 1975); un altro graffito rinvenuto nella tomba di Ben Hassani risalente al 2040 a.C. rappresenta quattro donne che giocano con tre palline ciascuna (Serena e Ziethen, 2002). I Cretesi aggiunsero gare sportive sostenute da giovani acrobati che saltavano su tori, compiendo spericolate esibizioni. Gli Ateniesi, al termine della vendemmia, si divertivano con giochi di equilibrio su otri di vino unti di olio. I Romani furono grandi amatori di spettacoli; per loro, il termine “circo” aveva un significato diverso da quello odierno e legato al gusto violento dell’epoca: un esempio è fornito dalle lotte dei gladiatori nel Colosseo o nel Circo Massimo (Cervellati, 1961). Lungo le strade di Roma, piccoli spettacoli venivano presentati da girovaghi che, per guadagnarsi da vivere, si esibivano dinanzi alla plebe, ma, se da un lato erano graditi, dall’altro spesso erano soggetti al rigore dei governanti.
L’avvento della religione
La decadenza di tali attività andò di pari passo alla decadenza dell’Impero e all’avvento del Cristianesimo, vista la credenza che le varie forme d’intrattenimento non giovassero allo spirito. Nel basso Medioevo e nella prima metà dell’Età Moderna, non mancarono casi di prestigiatori, giocolieri, cavallerizzi condannati dagli inquisitori al rogo (cavalli compresi). La figura del giocoliere inteso come intrattenitore in senso lato, spesso molto povero, comprendeva: prestigiatori, musicanti, ammaestratori di orsi, guaritori (anche ciarlatani), schermitori. Nonostante le condanne, gli artisti continuarono ad esibirsi privatamente, accolti da famiglie e monasteri (Cervellati, 1961). Fin dal XVI secolo, erano presenti disegni di trapezi probabilmente costruiti con legno e funi; contemporaneamente all’avvento della fiera, si palesarono compagnie di artisti itineranti (contrapposte a quelle comico-teatrali). Tale sviluppo fu maggiore nella Francia del XVII secolo con le grandi fiere di Saint Laurent e di Saint Germain.
Il circo moderno
Verso la fine del XVIII secolo, in Europa, apparve il circo nell’accezione moderna, grazie alla scuola di cavalleria inglese: ufficiali e cavalieri rimasti senza occupazione cercavano un modo per sopravvivere rappresentato dal cavalcare e dal creare esercizi acrobatici, coinvolgendo il cavallo. Non esistevano luoghi fissi dove esibirsi, perciò era necessario spostarsi di fiera in fiera e via via s’apprendevano nuove arti come quella di camminare lungo un filo sospesi ad altezze elevate, comparvero clown e ventriloqui. Il pubblico del circo era composto sia da aristocratici, sia da proletari. Fu il militare inglese Philips Astley il primo a dare spettacoli di cavalli ammaestrati in pubblico, in anfiteatri trasportabili. Egli è ritenuto il fondatore del circo, creò prima una scuola di equitazione e, nel 1779, aggiunse una copertura alla struttura ribattezzandola “Astley’s Royal Amphitheatre of Arts“. Dopo il successo londinese, attorno al 1780, Astley portò la compagnia in tournée in Francia, costruì a Parigi l’”Amphitheatre Anglais du Faubourg du Temple”, primo circo equestre stabile del continente. Nello stesso periodo, il circo si diffuse negli Stati Uniti, grazie a John Bill Ricketts, prima a Philadelphia, a New York, poi rapidamente lungo tutto il territorio americano. Purtroppo, a causa di alcuni incidenti, Astley dovette ricostruire la struttura. Successivamente venne ceduto ad Antonio Franconi che lo consolidò e diffuse con il nome di “Cirque Olympique”. La dinastia Franconi portò avanti tale tradizione sino all’inizio del XX secolo (Pretini, 1988). In Italia, il primo circo venne fondato nel 1832 dall’acrobata e cavallerizzo Alessandro Guerra; il circo Orfei nacque a metà Ottocento.
Dalle arti alla deformità
I primi circhi utilizzavano tendoni relativamente piccoli; nella seconda metà dell’Ottocento, l’americano Gilbert Spaulding inventò la tenda a due alberi, capace di contenere 3.500 posti; successivamente furono costruite tende a 4, 6, 8 alberi per ospitare 15.000 spettatori. Con l’introduzione della tenda e dei mezzi di locomozione, il circo cominciò a trasformarsi da stabile in viaggiante e, nel contempo, si adeguò al capitalismo. Gli artisti circensi venivano etichettati con connotazioni negative tipo girovaghi e simili. Nel 1842, aprì il “Barnum’s American Museum” dell’omonimo creatore Phineas Tylor Barnum: un’enorme mostra dei cosiddetti “fenomeni da baraccone”, esseri umani o animali con particolari deformità, come giganti, donne barbute provenienti da tutto il mondo. Dalla mostra si passò ad un vero e proprio spettacolo a pagamento: il freak show diffuso in America e in Inghilterra fino alla prima metà del XX secolo e basato sull’esibizione di gemelli/e siamesi, persone molto alte/basse, affette da malattie rare o individui con abilità strabilianti come mangiatori di spade. L’esibizione della deformità è collegata a due questioni antitetiche: il lucro sui “fenomeni” e l’offrire una chance d’inserimento all’interno della comunità circense a chi molto probabilmente, ai tempi, sarebbe stato emarginato o escluso dalla società.
Il circo nel Bel Paese
Arriviamo al Novecento italiano. Nel 1948 si concretizzò l’Ente Nazionale Circhi, associazione di categoria finalizzata al riconoscimento del valore delle arti circensi. Nel 1968, l’Italia legittimò la funzione sociale del circo tramite la legge n. 337 del 18 marzo 1968 “Disposizioni sui circhi equestri e sullo spettacolo viaggiante”, anche attraverso finanziamenti statali. Attualmente emerge la questione animalista con battaglie di sensibilizzazione combattute dalla Lega Anti Vivisezione (LAV) e dall’Ente Nazionale Protezione Animali (ENPA): è etico il fatto che gli animali vengano snaturati dal loro habitat? Nei circhi presenti e futuri, gli animali vi lavoreranno ancora? La legge n. 175 del 22 Novembre 2017 sul riordino del settore dello spettacolo prevede il graduale superamento della presenza animale nei circhi e nelle attività dello spettacolo viaggiante. Dal 2010 al 2015, il numero degli spettatori è in continuo declino da 1.115.182 a 1.096.695 (-5%), di conseguenza, anche gli spettacoli da 17.100 a 15.242 (-11%) ed i contributi pubblici sono calati del 9% (dati consultabili nel rapporto “I Circhi in Italia” pubblicato dal Censis su iniziativa della Lav, 2017).
Circo sociale
Recentemente si è contraddistinta una contaminazione tra circo e sociale: il circo sociale è un approccio innovativo d’intervento che impiega le arti circensi come strumento di promozione per lo sviluppo personale e sociale di individui a rischio, tra cui minori a rischio di abbandono scolastico, che vivono in strada o in centri di detenzione e donne vittime di violenza. Concludendo, l’affermazione del circo è dovuta alla trasgressione delle norme delle discipline accademiche, degli spazi di rappresentazione concentrati sulla pista, rimescolando categorie sociali (Wallon, 2013). Tra problematiche, crisi e nuove prospettive, il circo attraverso arti, discipline e tradizioni continua a mantenere una funzione sociale di aggregazione, consacrando eterogeneità ed alterità (Wallon, 2013). Con o senza animali.
Arianna Caccia

Laureata in Sociologia della salute e degli stili di vita, nutro un forte interesse per lo studio e l’analisi dei fenomeni sociali. Sempre pronta ad imparare e migliorarmi, amo leggere, scrivere, Vasco Rossi e Rino Gaetano e fare lunghe passeggiate in campagna.