In psicologia l’ansia è considerata uno stato psichico di un individuo, prevalentemente cosciente, caratterizzato da una sensazione di intensa preoccupazione o paura, spesso infondata, relativa a uno stimolo ambientale specifico. Essa può diventare invalidante per il soggetto, dal momento in cui passa dall’avere ansia per qualcosa all’avere l’ansia di avere l’ansia.
L’ansia secondo la psicanalisi
In una prima fase della sua produzione, Freud considerò l’ansia come un derivato della “libido”, la pulsione di amore, che non poteva trovare una via di scarica a causa dell’inaccettabilità dei desideri e, quindi, stagnando, si alterava. Lo scopo dell’analisi, nei casi nei quali l’ansia era legata a pensieri o desideri rimossi e quindi curabile con la psicoterapia, era di rendere possibile che la libido raggiungesse i suoi scopi, rendendo consce quelle ragioni che impedivano tale realizzazione. Da qui l’interpretazione come fondamentale fattore terapeutico di una terapia che non fosse mera suggestione. In altri casi, invece, Freud suppose che l’ansia non fosse causata da fattori psicologici, ma biologici, come l’assenza di attività sessuale, e come tale non risultasse curabile dalla psicoterapia. In seguito, l’Io fu identificato come la struttura psichica sede dell’angoscia non più spiegata meccanicamente come libido trasformata, ma come reazione dell’Io di fronte alla minaccia di una situazione traumatica. Scopo della terapia è di modificare i rapporti fra le strutture psichiche attraverso una relazione prolungata che modifichi il precedente distorto o disarmonico sviluppo di queste strutture e quindi, secondariamente, di attenuare l’angoscia.
Il trattamento dei disturbi d’ansia
Va in ogni modo sottolineato il fatto che il trattamento dei disturbi d’ansia, da un punto di vista psicoanalitico, non consiste solo nel cogliere la loro connessione con conflitti, ma riveste anche un ruolo molto importante la relazione che si viene ad instaurare tra il paziente e l’analista. Il processo terapeutico è l’analisi di una relazione nella quale è in gioco l’interazione, se pure asimmetrica, fra due persone e nella quale il prendersi cura ha un significato preminente. La psicoanalisi come terapia dei disturbi di angoscia va quindi considerata come esperienza globalmente trasformativa che coinvolge due persone, in una prolungata interazione fra due esseri umani che ha tutte le complessità di queste interazioni. Un altro tipo di terapia psicologica che può essere utilizzata per questo disturbo, una psicoterapia breve, il cui obiettivo primario consiste nella riduzione dei sintomi che compromettono il funzionamento sociale e lavorativo (fonte: Studio TeBe psicologi a Poggibonsi). Il modello teorico di riferimento è quello psicoanalitico, ma se ne distingue per alcune differenze, tra le quali l’intervento è limitato ad un ambito più ristretto e si indaga sul disturbo tramite colloquio. Lo strumento principale d’intervento è la chiarificazione e non l’interpretazione. La durata è più breve e la frequenza delle sedute è minima rispetto alla prima.
Viviamo nella società dell’ansia?
Enrica Amaturo, Presidente dell’Associazione Italiana di Sociologia e Direttore del Dipartimento di Scienze Sociali all’Università Federico II di Napoli, si esprime così in un intervista su Wired: “Il fattore scatenante dell’ansia è la condanna dei giovani all’irrilevanza sociale. La perdita delle opportunità. Per i giovani si è completamente infranta quella catena del passaggio dall’età giovanile all’età adulta che consisteva nell’uscire di casa, trovare un lavoro, costruire un nucleo familiare. Questa sequenza non c’è più per il ritardo dell’ingresso nel mercato del lavoro, per la difficoltà nel trovare un inserimento. Li abbiamo condannati ad una situazione di adolescenza protratta, come se loro non avessero capacità di incidere sulla realtà e sulla loro vita e in cambio gli abbiamo dato un bel kinderheim (struttura in cui vengono ospitati e sorvegliati bambini, specialmente per le vacanze, ndr), che è il mondo del web, dove possono fare ciò che vogliono, un mondo virtuale che è anche reale, ma è reale solo per i ‘migliori’, coloro che riescono a sfruttarne le possibilità. Mentre continuiamo a diffondere l’idea che il web consenta opportunità incredibili e questo scatena la depressione e l’ansia in chi invece, queste opportunità non le riesce a cogliere“.
Alla costante ricerca di stimoli
“Il maggior problema della vita moderna deriva dall’esigenza da parte dell’individuo di mantenere l’autonomia e l’individualità della propria esistenza contro il sistema opprimente delle forze sociali, delle tradizioni storiche, della cultura esterna, e dell’aspetto tecnologico dell’esistenza“. È un estratto del saggio breve di Georg Simmel del 1903 “Metropoli e personalità”. Per Simmel, nell’epoca moderna, l’individuo è sottoposto a continui stimoli, in qualche modo si abitua, diviene meno recettivo. Ma proprio il susseguirsi quotidiano di notizie ed emozioni fa divenire tutto normale, consuma le energie. Tutto ciò può rendere ansioso l’individuo, che diventa così incapace di stare dietro a tutti questi stimoli e cambiamenti. Vuole fare quello che fanno gli altri e se non ci riesce, si deprime. Nell’epoca dei social, tutti sanno tutto di tutti e non poter mostre qualcosa rende l’individuo frustrato.
Percorsi di vita
Siamo tutti più smart, tutti devono viaggiare, avere l’ultimo iPhone, laurearsi in tempo, trovare in tempo un lavoro, avere una relazione. Insomma, seguire un percorso di vita. Abbiamo tanti stimoli, di cui spesso non abbiamo bisogno. Tutto ciò mette ansia. Un’ansia forse non reale. Però può essere veramente un problema per certi individui. Si passa dall’ansia per un esame, all’ansia di uscire di casa. A non mangiare per l’ansia di morire soffocati. All’ansia di avere l’ansia: e questa è una malattia.
Barbara Petrano
La sociologia mi ha insegnato a pensare, la scrittura mi aiuta ad esprimere le mie idee. Sono laureata in Culture Digitali e della Comunicazione e sono appassionata di digital marketing.