Antonio Gramsci nasce in Sardegna nel 1891. È cofondatore del Partito Comunista Italiano e ne diventa leader. Nel 1923 viene arrestato e condannato a 20 anni di carcere dal primo ministro e dittatore Benito Mussolini. Durante la prigionia, Gramsci è uno scrittore prolifico. Nonostante la sua memoria prodigiosa, senza le frequenti visite della cognata Tania le sue idee non sarebbero venute alla luce. La sua opera intellettuale deve attendere svariati anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale prima di essere pubblicata postuma con il titolo “Quaderni del carcere“. Negli anni ’50, i suoi scritti attraggono l’attenzione non solo dell’Europa occidentale ma anche del blocco sovietico. A causa della dieta povera, della malattia e della salute cagionevole di cui soffre negli anni di carcere, Gramsci muore di ictus all’età di appena 46 anni.
Senza diventare disillusi
La visione marxista della società interpreta la vita come una continua lotta tra gruppi antagonisti definiti in termini economici e con il progresso della modernità il conflitto si è trasformato in una guerra per il controllo tra un élite dominante minoritaria e la maggioranza composta da lavoratori. Lo studioso sociale e socialista Antonio Gramsci provò a spiegare perché la rivoluzione non fosse sfociata in una crisi, come prevedeva la teoria marxista classica. Secondo Gramsci, la repressione attuata dalla classe dirigente si rivela uno strumento inadeguato a garantire un ordine sociale stabile e deve essere accompagnata da una sottomissione ideologica. Quest’ultima è un processo complesso, che prevede la propagazione delle visioni del mondo dell’élite che diventano princìpi di senso comune e vengono accolti quasi senza resistenza. È ciò che Gramsci definisce egemonia, una forma intangibile di dominio di classe in grado di spiegare perché i lavoratori possono diventare fascisti invece che rivoluzionari.
La lotta egemonica
Gramsci sostiene che l’egemonia ha una natura culturale ed è legata alla lotta tra le visioni del mondo antagoniste delle diverse classi, ovvero i loro sistemi di valori, idee, credenze e concezioni su cos’è l’uomo, cos’è la società e cosa potrebbe diventare. L’egemonia, afferma Gramsci, prevede un meccanismo invisibile grazie al quale le posizioni di rilievo all’interno della società sono sempre occupate da membri della classe già al potere, generalmente appoggiata dal consenso dei subordinati. Le idee della classe dominante, che permeano l’intera società, vengono sviluppate (spesso non del tutto consapevolmente) dai circoli intellettuali al suo servizio, come i giornalisti, che le diffondono tra la popolazione. La costante riproposizione di queste concezioni porta le classi inferiori a considerarle naturali e necessarie, fino a farle proprie. Gli ideali egemonici, pertanto, plasmano il pensiero di tutte le classi sociali ed è per questo che la sfida della modernità non è quella di maturare una disillusione nei confronti della lotta in corso, quanto piuttosto quella di non lasciarsi ingannare dalle illusioni – le visioni proposte dai gruppi elitari – e di opporvi resistenza.
Il ruolo delle ideologie
Tuttavia, poiché gli individui sono dotati della facoltà di riflettere criticamente sulle visioni inculcate loro, Gramsci definisce pensiero antiegemonico, il dominio ideologico della classe dirigente che è spesso controbilanciato: nelle democrazie liberali occidentali, la sfida all’egemonia è all’ordine del giorno. La natura e la portata di queste lotte tra visioni del mondo antagoniste dipende dalle circostanze sociali, politiche ed economiche. Una serie di crisi economiche prolungate che provocano alti tassi di disoccupazione, per esempio, sfocerà con tutta probabilità nello sviluppo di varie forme antiegemoniche, come i sindacati o i movimenti di protesta. Gramsci afferma che, nella maggior parte delle società capitalistiche, le classi dirigenti devono far fronte costantemente all’opposizione e al dissenso dal basso e dedicare una grande quantità di tempo ed energia a gestire la situazione, con scarse probabilità di ottenere un controllo totale, perfino per brevi periodi di tempo. La riflessione di Gramsci mette in risalto il ruolo degli individui e delle ideologie nella lotta per il cambiamento sociale, proponendo una visione alternativa al determinismo economico del marxismo tradizionale. Il suo concetto di egemonia culturale, che riconosce l’autonomia umana e l’importanza della cultura, ha avuto un grande impatto su molti ambiti accademici.
Gianni Broggi