Il caffè non è solo una bevanda: è un fenomeno culturale e sociale che ha attraversato secoli e geografie, assumendo diversi significati e funzioni. Fin dalla sua diffusione in Europa, questa particolare bevanda ha influenzato dinamiche sociali, economiche e politiche, diventando un elemento chiave della vita quotidiana e della socialità.

Le origini e la diffusione della bevanda

Il caffè ha origine nell’area dell’Etiopia e si diffuse in Europa nel XVII secolo, grazie ai mercanti veneziani. Fin dall’inizio, la bevanda è stata associata ai caffè, luoghi pubblici dove si incontravano intellettuali, filosofi, mercanti e borghesi per discutere di affari e politica. Autori come Jürgen Habermas hanno analizzato il ruolo dei caffè nella nascita della sfera pubblica: erano spazi in cui le persone potevano discutere liberamente, fuori dalle gerarchie di potere ufficiali. Secondo Habermas, questi luoghi hanno rappresentato un laboratorio della democrazia moderna.

Verso la fine del ‘600 a Vienna si iniziarono a diffondere queste botteghe e il caffè inizio ad avere importanza nella vita quotidiana dei cittadini di tutte le classi sociali, dove le persone si ritrovavano a leggere il giornale e conversare dei fatti di attualità sorseggiando la bevanda. Nel corso del XVIII e XIX secolo poi, i caffè si diffondono in tutta Europa, specialmente in Francia e Italia, diventando luoghi di aggregazione sociale per artisti, politici e intellettuali. Charles Baudelaire e Honoré de Balzac furono assidui frequentatori dei caffè parigini, mentre in Italia, città come Torino, Milano e Venezia videro nascere i primi caffè letterari, spazi dove si discuteva di letteratura, politica e cultura.

Il ruolo sociale del caffè

Nel contesto contemporaneo, il caffè mantiene una funzione sociale forte, ma cambia a seconda dei contesti e delle modalità di consumo.

Per il sociologo Massimo Cerulo la bevanda rappresenta un esempio perfetto di “rito minimo” poiché rientra in quelle azioni quotidiane che, pur sembrando banali e ripetitive, hanno un forte impatto sociale. Attraverso l’atto di condividere un caffè, le persone stabiliscono momenti di connessione, comunicazione e talvolta anche di intimità. Questi momenti, apparentemente ordinari, giocano un ruolo importante nella coesione sociale e nel mantenimento di reti interpersonali.

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La cuccumella napoletana.

Nel suo libro “Le piccole cose che contano” (2018), Cerulo esplora come questa bevanda possa essere uno strumento per creare spazi di socialità anche nei contesti più frenetici della vita moderna. Anche una breve pausa in ufficio o in un bar diventa un’occasione per creare relazioni informali che spesso superano i confini delle interazioni funzionali e lavorative.

Tra il pubblico e il privato

Come sottolineato dall’antropologo Gianpaolo Fassino, il caffè al bar rappresenta un rito di passaggio tra il privato e il pubblico, soprattutto nelle grandi città italiane. Bere un caffè al bancone è un momento di socialità rapida, che collega le persone in una forma di solidarietà casuale e informale. Questo tipo di socialità “veloce” diventa un simbolo dell’urbanità e del ritmo accelerato della vita moderna.

Al contrario, la moka fatta in casa è un’esperienza più intima, che spesso si associa al calore familiare e a un ritmo di vita più lento: è come se la bevanda preparata con la moka avesse una valenza affettiva. Il caffè è spesso legato a rituali quotidiani che strutturano la vita domestica, come la colazione in famiglia o una pausa dopo pranzo. La moka, in questa prospettiva, rappresenta un legame con la tradizione e un gesto di cura, non solo verso sé stessi, ma anche verso gli altri.

Nel contesto contemporaneo, il caffè ha anche un ruolo nelle dinamiche di lavoro e networking. Con l’ascesa del lavoro digitale e flessibile, i luoghi dove si consuma generalmente questa bevanda, sono diventati i nuovi “uffici temporanei” per freelancer e professionisti. L’antropologo David Lyon ha descritto questo fenomeno come parte della “sorveglianza liquida”, dove i luoghi tradizionali di lavoro si smaterializzano, portando il lavoro in spazi pubblici come i caffè, creando nuove dinamiche di osservazione e controllo reciproco.

Il caffè a Napoli: un caso particolare

Tra tutte le città italiane, Napoli ha un rapporto particolarmente profondo e simbolico con il caffè. La bevanda qui non è solo una tradizione, ma un vero e proprio rito: l’antropologo Ernesto De Martino per primo, ha analizzato il caffè a Napoli come un rito collettivo, che incarna l’anima della città.

Una delle pratiche più emblematiche del rapporto tra Napoli e la bevanda è quella del “caffè sospeso”. Si tratta di una tradizione che prevede di pagare un caffè in anticipo per una persona sconosciuta, che ne farà uso in futuro. Questo gesto incarna la solidarietà e la condivisione tipica della cultura napoletana: il caffè sospeso riflette l’etica dell’ospitalità e del mutuo sostegno tipica della città, unendo una dimensione materiale (offrire qualcosa di concreto) con una dimensione simbolica (la solidarietà anonima).

A Napoli, il caffè non è solo un piacere personale, ma un simbolo di identità. Il caffè alla napoletana, preparato con la classica caffettiera napoletana (detta anche cuccumella), ha un significato rituale, associato a una lentezza deliberata e alla cura nella preparazione. Il caffè qui non è solo una bevanda, ma una rappresentazione di una filosofia di vita che valorizza i legami comunitari e il piacere del momento condiviso.

‘O vuò ‘o ccafè!?

Nella cultura napoletana, il bar è un luogo fondamentale di socializzazione. Diversi studiosi hanno descritto i bar napoletani come spazi dove la vita quotidiana si intreccia con momenti di confronto e di espressione collettiva. Al bar, si discute di calcio, politica, affari personali, ma sempre in un contesto di convivialità aperta e spesso esuberante. Ma qui assume un significato ulteriore: ‘O vuò ‘o ccafè!? è un’espressione che racchiude (in ogni sua possibile variante) la ricerca della pratica conviviale, nonché l’occasione perfetta per iniziare col piede giusto e con la giusta energia la potenziale conversazione.

La spiegazione dello scrittore e divulgatore Amedeo Colella sul caffè a Napoli

In definitiva, il caffè ha attraversato secoli e confini, mantenendo un ruolo centrale nella vita sociale e culturale delle persone. Dalla sua funzione nei salotti letterari europei del XVIII secolo, fino alla sua presenza nelle case e nei bar di oggi, questa bevanda ha continuato a essere un momento di connessione umana. A Napoli, questo fenomeno assume connotati unici, con la sua identità sociolinguistica nel convivio e il suo uso socio-solidale di condivisione e integrazione.

Riferimenti

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