L’anglismo smart è come i funghi, spunta ovunque ormai. Dopo tutta una retorica, non ancora finita e alquanto controversa come quella che avvolge l’intricato mondo delle Smart Cities, tocca anche alla casa prendersi questo appellativo. E allora, via con le smart houses! Ma cosa sono esattamente? E come cambiano la nostra vita, soprattutto in termini di privacy e sicurezza?

Cos’è una smart house?

Una smart house, in italiano “casa intelligente”, è un’abitazione dotata di molti apparecchi tecnologicamente avanzati connessi tra loro e che può essere costantemente controllata, in loco o da remoto, dagli utenti che la abitano e/o da un sistema di controllo centralizzato computerizzato. Grazie al continuo monitoraggio, possono agire una serie di automazioni che migliorano la qualità e l’efficienza di un dato servizio: se la temperatura esterna raggiunge livelli troppo elevati, un sistema di irrigazione computerizzato, attivato tramite una rilevazione automatica della temperatura, potrà immediatamente dar refrigerio alle nostre piante evitandone la morte, così come un’interfaccia touch del nostro frigorifero ci avviserà in tempo reale, magari su uno dei nostri dispositivi mobili, che le uova in frigo stanno per scadere e che quindi sarà il caso di preparare al più presto una carbonara. Secondo una ricerca del Politecnico di Milano, sono tre le macro-categorie della domotica, disciplina che si occupa delle tecnologie legate alla casa, ovvero i suoi ambiti applicativi:

– l’energy, impianti di illuminazione, riscaldamento, controllo emissioni;
– l’entertainment, controllo e gestione di apparecchi multimediali audio-video;
safety&sicurity, prevenzione del rischio e sicurezza degli occupanti.

Il problema del biscotto

Una casa connessa e intelligente, che conosce le nostre abitudini e ci agevola il lavoro, è il sogno che ognuno di noi, nato nel mito di Flubber (1997), film interpretato da Robin Williams, culla in modo più o meno celato. E sicuramente i benefici, per esempio in ambito ambientale o alimentare, possono essere molteplici e dal forte impatto: controllare i consumi energetici o evitare di buttare risorse alimentari grazie alla tecnologia non può che essere accolto come un qualcosa di positivo. Ma quale è il prezzo da pagare? Torniamo bambini e immaginiamo che il biscotto che bramiamo ardentemente e che la mamma ci ha ordinato di non mangiare, sia in un barattolo intelligente, collocato in un cassetto intelligente, in una cucina intelligente. Apriamo il cassetto (se non ha un dispositivo di sicurezza), giriamo il tappo del barattolo (se ci è consentito dalla tecnologia) e mangiamo il biscotto. In quel momento, nostra madre avrà ricevuto già un bel po’ di messaggi sul telefono e avrà già tutto il materiale disponibile per incriminarci. Una storiella dal sapore innocuo ma che dovrebbe farci riflettere sull’impatto che possono avere queste tecnologie sulla nostra privacy e libertà. Vivere in una casa in cui tutto è interconnesso e intelligente vuol dire mettere a disposizione del mercato una mole enorme di propri dati personali su cui, nei giorni dei fantomatici aggiornamenti sulla privacy del 25 maggio e in seguito allo scandalo Facebook di Cambridge Analityca, non si può non riflettere. La vera sfida non è schierarci dal lato degli Apocalittici o degli Integrati, optare per il Grande Fratello o per Il Paese dei Balocchi, ma è capire fin dove ci possiamo spingere per trarre del buono da ciò che la tecnologica modernità ci offre.

Fonte: MAM ceramiche

Davide Nardini

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