La parola morale si riferisce ad una serie di modelli comportamentali adottati in un determinato contesto sociale. Tali modelli si realizzano mediante l’adozione di una serie di norme di comportamento da parte degli individui di una data società. Emile Durkheim, uno dei padri fondatori della moderna sociologia, riteneva che non potesse esistere una società senza la morale; senza di essa, la vita sociale non poteva esserci. Nel corso del tempo, ogni società si è costruita su di essa, ogni gruppo ha seguito un suo codice, ogni individuo ha dato vita alla propria impostazione morale.
L’ascesa dell’homo oeconomicus
Ma in un mondo ormai totalmente globalizzato, basato quasi esclusivamente sull’homo oeconomicus, la società odierna sembra tendere sempre più alla massimizzazione del profitto, mostrandosi cinica e spietata, per usare un termine forte, perdendo di vista ciò che può essere utile per la collettività. Perché questo dovrebbe essere l’obiettivo primario della società, ovvero cercare di impegnarsi affinché i suoi membri possano trarre giovamento, non materiale e non con un numero sempre crescente di beni, ma in termini di qualità della vita. In passato, studiosi come Alfred Marshall, si erano orientati su un pensiero del genere. L’economista inglese affermava che occorreva allontanarsi da una valutazione quantitativa dei livelli di vita per arrivare ad una valutazione qualitativa, intendendo con questa definizione gli elementi essenziali della civiltà e della cultura.
Parole d’ordine: massimizzazione e arricchimento
Eppure oggi questa considerazione sembra essere stata sostituita da una morale dettata dal danaro. Ed è proprio quest’ultimo che conferisce lo status agli individui, che diventano sempre più avidi ed egoisti, cercando di accaparrarsi quanto più possibile perdendo di vista ogni controllo, senza porsi alcun tipo di limite. Questa “fame insaziabile” non ci sta forse dirigendo verso un futuro dove i legami e i rapporti con l’altro sono sempre più fragili? Non ci sta trasformando in individui egoisti che pensano solamente al proprio interesse? Individui opportunisti, disposti a tutto pur di avere il proprio tornaconto? L’essere tutto incentrato sulla massimizzazione del profitto e sull’arricchimento materiale, ci porta sempre più distanti da quei valori che invece dovrebbero essere tutelati. Purtroppo sembra che alla società del benessere non interessi ciò che non può divenire un affare. Soltanto coloro che sono disposti a giocare e sottostare alle regole di questo sistema possono godere del tanto agognato benessere.
C’è ancora spazio per la morale?
La morale sta cambiando e si sta adattando al contesto sociale che si è sviluppato. La si utilizza però in termini di miglioramento economico e di massimizzazione del profitto, dando una giustificazione ad atteggiamenti scorretti in nome del profitto. Ma possiamo definirla morale questa? Pur avendo fatto passi enormi dal punto di vista del progresso tecnologico, come si pensa di curare tutti gli effetti perversi generati da un sistema che si concentra esclusivamente sul danaro, sui guadagni, che adotta pratiche socialmente ingiuste e che sacrifica la propria morale in nome del dio danaro? La cosa preoccupante è che gli individui sembrano accettare tutto questo, diventando sempre più ingordi, perpetrando quella che viene definita una società opulenta, che continua a spendere, consumare, cercando di rimanere in prima fila al buffet del “finto benessere” che la società offre loro. Viene quindi da chiedersi se una società con questa morale deviata possa definirsi tale. Se si può ancora parlare, come diceva Durkheim, di vita sociale.
Gabriele Chiavaro
[paypal_donation_button]