Il marchio Coca-Cola può essere definito come uno dei più famosi brand rappresentanti il capitalismo contemporaneo, il marchio è infatti riconoscibile e riconosciuto in tutto il mondo: possiamo trovarlo in aree geografiche iperturistificate e soggette a consumismo estremo ma anche in zone della terra più remote e isolate. Ci sono paesi, però, dove il rapporto con questa bevanda è particolarmente complesso e controverso, come ad esempio in Messico, dove vivono popolazioni che pur avendo un limitato accesso all’acqua potabile, consumano liberamente e costantemente litri di bevande zuccherate e gassate come la Coca-Cola ogni giorno, consumo che è aumentato esponenzialmente nel paese negli ultimi decenni.

Il Messico e Coca-cola & Co.

cartina del messico

Il brand Coca-Cola & Co. nacque a fine ‘800 ad Atlanta, negli Stati Uniti, e venne introdotto in Messico negli anni ’60, dove conobbe presto un vero e proprio boom alla fine del decennio, dopo esser divenuto sponsor ufficiale di eventi mediaticamente rilevanti come i Mondiali di Calcio e i Giochi Olimpici, tenutisi tra il 1968 e il 1970 nel paese. Ma il punto di svolta per la diffusione di questa bevanda ci fu nel 1994, quando il Messico firmò il NAFTA (North American Free Trade Agreement), un accordo nordamericano che prevedeva il libero scambio di merci tra quest’ultimo, USA, e Canada.

Questo accordo, eliminando i dazi doganali dei prodotti americani, favorì pienamente la diffusione e il consumo della Coca-Cola in Messico, grazie anche ai milioni di dollari di investimenti nella società FEMSA, leader nel paese per la distribuzione di bevande. Oggi Coca-Cola & Co. ha ben 17 fabbriche in Messico, tra le quali è presente la fabbrica di Toluca, la seconda più grande al mondo e prima per produzione.

Il Messico oggi: tra diabete e consumi smisurati di Coca-Cola.

Il risultato di questa evoluzione è che ad oggi il Messico è il maggiore consumatore al mondo di Coca-Cola: ogni messicano ne beve circa mezzo litro ogni giorno, ma non solo, perché è la nazione che detiene il primato di Paese con più morti di diabete di tipo 2 in America Latina. Tra il 2013 e il 2016, infatti, il tasso di morti per questa patologia è aumentato del 30%. Ad oggi, ne soffre il 14% degli adulti ed è la prima causa di morte nel paese. Si pensi che in Messico muoiono cinque volte più persone a causa del diabete che per questioni legate al crimine organizzato.

Ma se questi dati ci sembrano già di per sé preoccupanti, non è finita qua, perché nello stato del Chiapas, a San Cristobal de Las Casas (a sud del Messico) si trova una popolazione dove il consumo medio di Coca-Cola arriva a superare i due litri giornalieri. In questa zona, la diffusione della bevanda è capillare e strategicamente studiata: la si può trovare letteralmente ovunque, dai distributori, alle farmacie, alle bancarelle in strada.

Coca-Cola per… lavarsi?

Stiamo parlando di aree geografiche dove non è garantito l’accesso costante all’acqua potabile, ma si possono trovare pubblicità e bottiglie di Coca-Cola in ogni angolo: a San Cristobal, per esempio, non arriva l’acqua potabile al 20% dei 250.000 abitanti, ma un inchiesta del 2016 del Dottor Marcos Arana Cedéno, direttore della Commissione per la difesa della salute in Chiapas, evidenzia che qui il 3% dei bambini che hanno meno di sei mesi consumano “refrescos” (Coca-Cola), che si presenta come una valida alternativa al consumo di acqua che in questo modo, viene risparmiata per lavarsi, cucinare o fare il bucato.

Dobbiamo inoltre considerare che in queste aree soggette a malnutrizione e con un reddito basso, la Coca-Cola rappresenta una risorsa calorica alternativa, che però aumenta drasticamente la probabilità per queste popolazioni di contrarre il diabete. 

La Coca-Cola come simbolo per i rituali locali e la Native Advertising

La Coca-Coca ha colonizzato a tal punto l’immaginario locale delle comunità indigene nel sud del Messico da integrarsi perfettamente nella cultura spirituale, materiale e alimentare di questi popoli, fino a diventare parte integrante dei rituali cerimoniali. A Juan Chamula, un paesino a dieci chilometri da San Cristobal, infatti, è usata come bevanda sacra e dalle proprietà curative. In questo paese, nella famosa chiesa di San Giovanni Battista la Coca-Cola si beve durante le cerimonie come bevanda sacra al posto del pox (una grappa locale prodotta artigianalmente che nasce per uso cerimoniale).

Ma come ha fatto la Coca-Cola a diventare un simbolo culturale così perfettamente assimilato nella cultura e nella quotidianità di questi luoghi?

Oltre il marketing esperienziale

Attraverso una capillare e strategica pubblicizzazione del prodotto sul territorio da parte della multinazionale, basata su una strategia di marketing spesso utilizzata dai grandi brand mondiali, chiamata Native Advertising, che si basa una sponsorizzazione locale dei prodotti fatta su misura ed integrata perfettamente con la cultura, le tradizioni, i valori, e i modi di vita del contesto sociale e culturale di riferimento. In queste zone del Messico abitate da indigeni, ad esempio, sono state affisse delle enormi insegne Coca-Coca all’entrata dei paesini, che danno il benvenuto in lingua tzotzil, la lingua autoctona, successivamente rimosse.

Ma non solo, cartelloni pubblicitari con donne indigene e riferimenti religiosi, oltre che la proliferazione di svariati punti vendita Coca-Cola sono state il cuore pulsante delle campagne di marketing sviluppate in questi luoghi, senza contare che in alcune aree rurali remote una Coca-Cola in bottiglia di vetro costa poco di più di una bottiglia d’acqua (quando disponibile). Il risultato è che ad oggi la Coca-Coca è perfino diventata un simbolo di status sociale e di buona ospitalità, oltre che un emblema religioso.

Ma chi sono i responsabili di tutto questo?

Nonostante la multinazionale depreda da decenni le comunità locali estraendo oltre un milione di litri di acqua al giorno in ogni impianto che possiede nel mondo, gli esponenti della politica messicana non hanno mai preso in considerazione l’idea di intraprendere politiche per limitarne il consumo né per migliorare lo stile di vita e di salute dei cittadini, e questo perché esiste da sempre una sinergia tra la multinazionale e gli esponenti della classe politica messicana, tra i tanti, per esempio, Genaro Borrego Estrada, presidente della repubblica dal 2000 al 2006 e presidente di Coca Cola nel paese durante gli anni ’70.

Inoltre, è stato calcolato che in seguito al rinnovo dei permessi estrattivi di acqua del 1994-1995 da parte della presidenza Fox, (permessi che permettevano a Coca-Cola di estrarre 500 milioni di litri di acqua all’anno da due diversi pozzi nella zona di San Cristobal), si è passati oggi all’estrazione di 612 milioni di litri annuali, una quantità che potrebbe fornire 80 litri al giorno per un anno ogni abitante di San Cristobal.

Contraddizioni del capitalismo contemporaneo

Questo fa pensare alle contraddizioni del capitalismo contemporaneo, che colonizza menti di consumatori che diventano dipendenti da prodotti tossici per la propria salute fisica e mentale, influenzati da strategie pubblicitarie accuratamente studiate per loro, e che ignari finiscono per idolatrare aziende produttrici che li depredano di beni primari e fondamentali per la sopravvivenza, come l’acqua in questo caso. Tutto ciò sostenuto da una classe dirigente che promuove la violenza di questo sistema a scopo di lucro personale.

Come riportato dal Guardian, María del Socorro Sánchez, responsabile della nutrizione presso l’ospedale principale di San Juan Chamula, afferma che solo 1 su 10 dei pazienti indigeni affetti da diabete accetta la necessità di eliminare le bevande zuccherate. “Semplicemente non credono che facciano male”, ha detto. Ecco, questo dovrebbe farci riflettere sulle condizioni di assoggettamento e violenza simbolica alle quali sono esposte certe popolazioni nel mondo e sulle quali molte multinazionali basano oggi i loro guadagni multimilionari.

Mayla Bottaro

Riferimenti

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