Nel 1845, quando ancora non esistevano radio, televisione, cellulari e Internet, Marx ed Engels scrissero nella Ideologia Tedesca: “La classe che controlla i mezzi di produzione materiale, controlla anche allo stesso tempo i mezzi di produzione intellettuale“. Cosa direbbero oggi, di fronte ai grandi laboratori di ricerca, alle grandi aziende televisive, ai grandi provider, alle grandi reti satellitari?
Il rapporto tra tecnologia e società
Le tecnologie dell’informazione, e il web in particolare, hanno giocato e continuano a giocare un ruolo primario nella società attuale. La Rete diventa uno degli elementi strutturali dell’uomo post-moderno e contribuisce a realizzare nuove forme di socialità e di comunità, basate sulla molteplicità, sulla pluralità e sulla gestione della diversità. La “società dei flussi” di cui parla Castells è una società mobile e leggera, in cui la comunicazione è molto veloce e immediata. Quando si parla di nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT: Information and Communication Technology), generalmente, non ci si riferisce più ai media tradizionali, bensì a tecnologie quali computer, smartphone e tablet e molti altri e alla loro efficacia e funzionalità attraverso la rete Internet. L’esperienza della Rete diventa terreno di un vero e proprio flusso informativo. A differenza dei media tradizionali, le ICT consentono un’interazione in uno spazio virtuale che diventa un luogo in cui tutti possono disporre delle informazioni, ma anche produrne e condividerle. L’uomo moderno è l’uomo consapevole delle proprie capacità, che esercita per realizzare il suo progetto biografico.
Il lento declino della certezza
Da un punto di vista storico, la modernità nasce nel Rinascimento e raggiunge la piena maturità con l’Illuminismo, un’epoca permeata dalla convinzione che la ragione sia l’unico strumento per conoscere (e assoggettare) la conoscenza del mondo naturale e tramite la ragione, organizzare al meglio una società civile. La peculiarità del pensiero occidentale illuminista fu, appunto, di far sì che la ragione si ponesse come guida non soltanto dell’attività scientifica e tecnica, ma anche del governo degli uomini e dell’amministrazione della res. Si può in generale asserire che, nell’era moderna, ogni verità che non sia stata frutto di un rigoroso processo razionale, venisse messa in discussione. Il XX secolo è stato il secolo del lento e graduale avvento del post-modernismo. Nella prima metà del Novecento, le travolgenti scoperte della meccanica quantistica e della relatività einsteniana hanno messo in discussione alcune idee fondanti del positivismo illuminista, legate a una visione di una realtà “assoluta”: lo spazio e il tempo sono relativi e dinamici, la natura delle particelle elementari non è definita, la materia non si può idealmente separare dallo spazio fisico in cui esiste.
Nulla è statico
Successivamente, a partire dagli anni Sessanta del Novecento, l’avvento della nozione di complessità mina un altro dei pilastri della modernità: quello di un presunto ordine intrinseco del mondo, derivante da una visione meccanicistica e deterministica della natura Con l’era post-moderna, nuovi concetti e idee hanno assunto un ruolo predominante nell’ambito culturale occidentale: in particolare i concetti incertezza e di complessità. È questa la fase storica dove si rifiuta l’idea di una realtà unica e conoscibile. L’idea di indeterminatezza mina alla base la certezza, assunto fondamentale della modernità, secondo cui la realtà sia unica e conoscibile in maniera univoca e obiettiva secondo la logica e la ragione. La complessità rifiuta l’idea di scienza newtoniana di linearità, prevedibilità; invece, ad esempio, con la scoperta di Ilya Prigogine sulle strutture dissipative, si comincia a parlare di emergenza, sorpresa, non linearità. Nulla è statico. Pertanto, le cose non esistono più indipendentemente dal tempo, ma al contrario per mezzo del tempo. Prima, si pensava che l’evidente caoticità di alcuni fenomeni naturali fosse dovuta alla nostra ignoranza degli stessi; con la teoria del caos, il disordine diventa uno degli aspetti propri del mondo naturale. Con la complessità entra in crisi il principio del riduzionismo, secondo cui si può tentare di ridurre la complessità dei sistemi alla somma delle singole parti che li compongono. L’incertezza sostituisce il determinismo, la complessità prende il posto dell’ordine, il relativismo si contrappone a una visione indivisibile del mondo. Questo modo di ragionare si applica naturalmente anche all’uomo e, dunque, alle scienze umane e sociali.
L’avvento dei prosumers
Negli ultimi vent’anni, il World Wide Web e le IT sono diventati una parte sempre più integrante non solo delle nostre pratiche di comunicazione e socializzazione, ma anche delle nostre attività culturali. Nato all’inizio degli anni Novanta, il World Wide Web si diffonde su larga scala. Inizialmente il web era statico e derivava concettualmente dall’ipertesto offline, che aveva avuto una discreta fortuna negli anni Ottanta. L’aumento esponenziale del numero di siti che popolava la Rete ha portato alla nascita, nel 1998, di Google, il primo colosso di Internet. Il successo del modello di Google permise di accedere in maniera molto più rapida ed efficace a contenuti altrimenti difficilmente raggiungibili. Ma è solo con l’avvento dei Social Network Sites che il web vede la sua prima rivoluzione: il passaggio dal web statico (o web 1.0) al web dinamico (web 2.0). Con il web 2.0 si è passati da una comunicazione verticale, caratterizzata da una partecipazione passiva dei contenuti condivisi, a una comunicazione orizzontale caratterizzata da una partecipazione attiva, in cui gli utenti diventano prosumers, allo stesso tempo produttori e consumatori dei contenuti.
Comunità virtuali
Oggi attraverso l’uso dei social media, l’individuo può dilatare i confini e gli orizzonti delle proprie relazioni ben oltre il territorio in cui è fisicamente presente e delle persone che effettivamente conosce e frequenta. Il web è diventato parte integrante della nostra struttura sociale al punto che si può cominciare a parlare di una società 2.0, caratterizzata da nuove e complesse forme di comunicazione e modalità di inter-relazione che hanno smisurate conseguenze culturali e politiche. A tal proposito, nel suo libro Castells afferma che la cultura della società 2.0 è incardinata sulla creazione di comunità virtuali, o online, che interagiscono e si intrecciano con le comunità offline. All’interno delle comunità online, la comunicazione è orizzontale e la condivisione è facilitata e promossa. Per queste comunità la Rete “rappresenta una nuova forma di libertà di esprimersi ed è strumento di organizzazione azione collettiva e costruzione di significato”.
Vincenzo Miracula
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Laureato in Scienze dell’amministrazione e dell’organizzazione, attualmente sono iscritto alla Magistrale in Sociologia delle reti, dell’innovazione e dell’informazione. Mi interessano temi di attualità come politica, tecnologia, smart city.