Il Comicon è un evento molto atteso, non solo tra gli appassionati ma anche dalla città che lo ospita. Col tempo la fiera si è evoluta, ed è diventata terreno e occasione di incontro e meticciamento di diversi immaginari. In questa tipologia di occasioni è assai nota la presenza di Cosplayer, persone di tutte le età che vestono i panni dei loro beniamini per molte ragioni. E proprio per queste ragioni, si è ipotizzata e impostata una piccola indagine sul fenomeno, avendo come contesto particolareggiato proprio il Comicon di Napoli 2024 e un riferimento teorico di sociologia dell’immaginario. Dunque, che cosa è il cosplaying? perché ci si traveste? che ruolo hanno le fiere come il comicon? Andiamo per ordine.

Che cos’è il Comicon?

Il Comicon è uno dei diversi eventi a carattere fieristico diffusi in tutto il mondo, dove vengono proposte mostre tematiche, dimostrazioni ludiche ma soprattutto vendita di prodotti legati a fumetti, manga, videogiochi e serie tv. L’edizione di Napoli conclude la XXIV edizione con 175.000 visitatori e si avvia verso due attesi appuntamenti: il secondo anno di Comicon Bergamo (21 – 23 giugno) e Comicon Napoli 2025 che celebrerà l’importante traguardo della XXV edizione del festival.

comicon fumetti cosplay

Tuttavia il Comicon non è sempre stata la fiera degli ultimi anni. Agli albori era considerata un’occasione per una clientela di nicchia, il “regno dei nerd”, che col tempo ha visto evolversi in una cultura multiforme con una densa galassia identitaria (Gandolfi, 2014). In Italia si è avuta una evoluzione inglobante di questa tipologia di evento. Da fiere del fumetto siamo arrivati oggi alle fiere dell’immaginario pop, che rispecchiano più o meno fedelmente l’evoluzione identitaria dei suoi avventori, aprendosi non solo al grande pubblico, ma strutturando anche la propria identità in termini di mainstream, moda e influencer marketing.

Una costante che è rimasta sempre presente in tanti anni è la presenza di cosplayer, che colgono l’occasione per sfoggiare i propri costumi e lavorare sulla propria immagine pubblica e sociale.

Impostare un’indagine per il Comicon

Questo lavoro non ha, per ragioni di correttezza e completezza metodologica, desiderio di esaustività, anzi. Si è colta un’occasione di svago – unita a della sana curiosità sociologica – per creare un esercizio di indagine potenzialmente utile per chi necessita avere esempi di ricerca sociale, soprattutto in questo ambito di ricerca. Fatta questa dovuta premessa è ora importante chiarire l’impostazione teorica e metodologica.

Impostazione teorica

Dal punto di vista teorico, la sociologia dell’immaginario, nelle parole di Domenico Secondulfo, ci ricorda che da sempre e in maniera continua:

"nuovi simboli vengono a popolare l’immaginario sociale. Questi vanno a mediare a volte significati del tutto nuovi, legati a processi di forte trasformazione sociale, a volta significati che sono espressioni mediate tra nuove spinte e correnti profonde. Questi ultimi esprimono la “latenza” insita nei processi di mutamento sociale. Comprendere questi equilibri permette, soprattutto in momento di mutamento sociale, di rendersi ben conto di come si sta modificando l’immaginario che regge la società e quindi la società stessa".

L’immaginario sociale sottintende e muove i processi sociali e può essere ricondotto alla dimensione mitica dell’esistenza, la dimensione fantastica e la dimensione del quotidiano (D’Amato, 2021, p.27). In particolare l’immaginario legato all’industria culturale, al pop, reagisce e rispecchia l’idea che gli individui hanno di sé e del mondo, nel presente e nel futuro. Ce lo ricorda la letteratura a fumetti, il cinema, i videogiochi: tutti elementi che coesistono e alimentano le fiere come il Comicon e che dunque, interpellano la dimensione identitaria di chi vi partecipa.

Impostazione metodologica

Per quanto concerne la metodologia si è deciso di visitare l’evento in due giorni distinti, giovedì 25 aprile e domenica 28 aprile (unici giorni liberi dell’intervistatore) dalle ore 10:00 alle ore 18:00. Pranzo al sacco (per evitare le file agli stand del cibo e ottimizzare i tempi).

Si è scelto il metodo dell’intervista, con campionamento a scelta ragionata. Tuttavia, su questo punto, è necessaria una precisazione. Dato il contesto – abbastanza caotico – e la presenza di altri professionisti che svolgevano il proprio lavoro (fotografi in primis), la scelta di chi intervistare ha dovuto tener conto:

  • Della bellezza del costume. Un terreno particolarmente spinoso se non opportunamente chiarito: cosa si intende per bellezza? in questo caso si è scelto di strutturare il concetto di bellezza prendendo in considerazione specifici elementi come la completezza del costume e l’originalità. Per intenderci, non sono state intervistate persone solo con un segno sul volto, solo orecchie da gatto, etc. Il costume doveva essere completo e chiaramente identificabile;
  • La disponibilità dei rispondenti. Come accennato, vi era una notevole presenza di fotografi professionisti che richiedevano la disponibilità ai cosplayer. In alcuni casi l’intervista è stata posticipata o rifiutata. A questo si unisce un fattore più psicologico, la timidezza, che unita al clima di festa, ha probabilmente contribuito a una eventuale titubanza. Oltre a questo, essendo il Comicon ricco di eventi e panel, alcune interviste hanno risentito della fretta nelle risposte.
  • Del luogo dell’intervista. In un contesto di festa non è possibile pretendere una limpidezza dell’audio per mancanza di fattori esterni. Uniamoci anche il timbro di voce dei rispondenti che è variabile e le cose si complicano. Per ridurre al minimo i danni è parso utile utilizzare una coppia di microfoni portatili con isolante per il suono, uno per l’intervistatore e l’altro per l’intervistato.

Realizzare l’indagine al Comicon: le domande

Scorcio del caricamento delle interviste audio su googledrive. Qualche errore di battitura nel nominare i file può capitare.

Nell’arco di due giorni sono state realizzate 40 interviste a cosplayer con una media di risposte di 3 minuti ciascuno (20 donne e 20 uomini). Al momento della richiesta si è scelto di palesarsi come giornalista con intenti di ricerca attraverso l’esibizione dell’opportuno badge di riconoscimento. E’ stato inoltre specificato che le registrazioni sarebbero state utilizzate come strumento attraverso il quale estrapolare informazioni per la ricerca e, al contempo, si è rassicurato l’intervistato di turno sulla non divulgazione dell’audio.

Queste specificazioni sono servite a rassicurare i rispondenti ed evitare soggezioni. La libertà di espressione è un requisito fondamentale per l’indagine sociale e la tranquillità del dialogo è stata (fortunatamente) una costante.

Le domande sono state le seguenti:

  • Come ti chiami, quanti anni hai?
  • Da dove vieni?
  • Che titolo di studi possiedi?
  • Che lavoro fai?
  • Il tuo cosplay, che personaggio rappresenta? di che serie è? (fumetti, serie tv o videogiochi?)
  • Quanto ti è costato orientativamente realizzarlo in termini di tempo e denaro?
  • Da quanto tempo fai cosplay?
  • Se e quanto è importante per te seguire e/o partecipare ad eventi come il Comicon?

I risultati dell’indagine al Comicon

Per esigenze di sintesi le risposte verranno direttamente amalgamate a specifiche suggestioni, rispettando l’ordine delle domande sopracitate. In alcuni casi, con piacevole scoperta, si sfateranno miti e pregiudizi.

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Una Word clouds composta dalle parole più presenti nelle sbobinature. Quelle più grandi sono state pronunciate più di 50 volte.

Età, genere e luogo di provenienza

Innanzitutto, l’età. Negli anni la pratica del cosplay è stata bollata come una “carnevalata”, inteso quindi in senso dispregiativo, dal piglio infantile. Si supponeva una fascia d’età interessata alla pratica dai 15 ai 25 anni, tuttavia molti intervistati hanno superato la soglia massima prevista: per le donne 42, per gli uomini 55. Segno di una passione nata anni fa, ma anche di una continuità data dalla voglia di portare avanti una passione e di far parte di una comunità. L’età minima invece è stata 18 anni per entrambi i generi.

Non tutti possono permettersi un lungo viaggio per arrivare al comicon, ragion per cui non stupisce che la stragrande maggioranza dei rispondenti fosse del sud, principalmente di Napoli e provincia ma anche di Matera e di Bari. Del nord solo 7 persone sul totale (4 uomini e 3 donne) provenienti da Milano, Lucca, Torino. In generale, e fra questi, solo i cosplayer che si sono definiti professionisti (cioè coloro che partecipano a contest) si son detti disposti a spostarsi senza problemi e a partecipare a più fiere come il comicon.

Titolo di studi e lavoro

Fra i rispondenti il titolo di studi maggioritario è stato la laurea, in special modo quella in economia e management. A seguire la laurea in discipline ingegneristiche e informatiche, altre lauree e diplomi. Secondo alcuni rispondenti la questione del titolo di studi è strettamente collegata alla passione del cosplaying. La suggestione propone l’accostamento lavoro routinario, d’ufficio, alienante con una passione “fuori dagli schemi”, che permette di uscire fuori dal solito ruolo che si è chiamati a ricoprire sul posto di lavoro.

Questa dimensione si legherebbe ai concetti di Goffman sul sé, il palcoscenico e la maschera teatrale, assolutamente consone per la situazione. La situazione di festa, inoltre, esattamente come i riti del passato, esorcizza la routine e consente da un lato una riappropriazione di uno spazio personale, dall’altro un piacere ludico condiviso.

Chi si traveste e perché?

Innanzitutto, uno dei miti che la pratica del cosplaying si trascina da tempo è “si traveste solo chi è nerd”, o comunque un grande appassionato. Indubbiamente la componente d’interesse all’immaginario pop è presente, ma una parte degli intervistati non si definiva un fan sfegatato di quel manga o quel fumetto. E i motivi di questa scelta sono diversi e interessanti.

I motivi del travestimento: giochiamo con le etichette

  1. Si ragiona per l’estetica del costume, ossia “mi piace quel costume di quel personaggio, e mi ci vedo bene a indossarlo”. Non importa che personaggio sia, mi piace solo ed esclusivamente la sua estetica. E’ un modo per sentirsi bene con se stessi, essere “provocanti e sexy”, ma anche vincere momenti di timidezza e socializzare. Per questa tipologia di uso, spesso ci si trova difronte a una pratica meno strutturata di cosplaying. Per giocare con le etichette possiamo azzardare il termine “aesthetic-cosplaying”;
  2. Per aggregazione. Ossia, in un gruppo di amici, appassionati di una narrazione, ci si può trovare a scegliere e interpretare col proprio travestimento personaggi che non rientrano immediatamente nella rosa dei preferiti perché… manca qualcuno per completare il duo/trio/gruppo. Si tratta, per esempio, di casi come le emozioni di inside out, i ninja dell’Akatsuki del mondo di Naruto. Ancora, per giocare con i termini, possiamo azzardare con un etichetta del tipo “frendship-cosplaying”;
  3. Per puro diletto. Ci si traveste in quel personaggio specifico per affezione/ricordo o moda del momento, senza curare troppo i dettagli con atteggiamenti tesi verso la perfettibilità (quindi non necessariamente costumi “fatti male”, ma nemmeno troppo elaborati ed eccessivamente costosi). Potremmo azzardare un’etichetta del tipo “casual-cosplaying”;
  4. Professionismo. Molte persone elevano questa passione fino allo stadio competitivo. Si tratta di quei cosplayer che mirano, con grande impegno e cura nella realizzazione del costume quanto più fedele possibile, ad avere un riconoscimento del proprio lavoro. Qui, ovviamente parliamo di un vero lavoro (principale o alternativo che sia) che riguarda anche il mondo delle sfilate. Azzardiamo dunque l’etichetta “professional-cosplay”.

I personaggi dei cosplay al comicon

L’elemento in comune a tutti i rispondenti è stato l’attenzione sul singolo personaggio e il suo carattere. Volendo incarnare col travestimento il proprio personaggio preferito la scelta del suo carattere è risultata fondamentale per una questione identitaria. Alcuni rispondenti si sono definiti persone molto timide, che grazie all’attività del cosplaying possibile al comicon possono sentirsi più sicuri di sè e fare amicizia.

La scelta del personaggio si è concentrata molto sul carattere della solarità, dell’espansività, ma anche dei loro contrari. Personaggi bistrattati, che hanno sofferto, ma che hanno superato le difficoltà con tenacia. Altre volte la scelta è ricaduta sulla tipologia del personaggio: eroe, mostro, soldato, ma anche idee goliardiche ed evocative di meme online.


comicon cosplay elden ring
Osservazione partecipante? non proprio: l’intervistatore (dal volto stanco) che si concede una foto col suo cosplay preferito.

Principalmente, i personaggi della serie animata Hazbin Hotel, han visto il maggior numero di cosplayer. Essendo la moda del momento, era altamente probabile trovare rispondenti con costumi richiamanti i personaggi della serie. Su questa scia si son confermati maggiormente costumi relativi a prodotti di film, serie tv e fumetti (28) tra i sopracitati Hazbin Hotel, Dragonball, One Punch Man, Cavalieri dello Zodiaco, film disney, Batman, Joker, Wonder Woman, Harley Quinn, Star Wars, seguiti da videogiochi (12) come Genshin Impact, Call of Duty, e i soulslike come Dark Souls ed Elden Ring.

Tempo e costo del cosplay

Un fattore importante per la scelta del personaggio da interpretare è il costo del costume e la fedeltà che si vuole ottenere. In media la spesa per un costume fedele sembrerebbe di 300 euro. Tuttavia, la variabile deve tener conto, per i suoi mutamenti, di alcune precisazioni. Innanzitutto il costo è spalmato in mesi, se non addirittura in anni. I pezzi più costosi sono gli accessori (avambracci, caschi speciali, etc) ma i costi complessivi vengono abbattuti con una buona dose di fai da te.

Molti rispondenti, oltre che per una questione monetaria, hanno colto l’occasione del cosplaying per iniziare la riscoperta del lavoro manuale e della realizzazione, sempre più precisa e tesa al miglioramento, di ogni parte necessaria al cosplay desiderato. Questo contribuisce a definire chi è riuscito ad attenere un costume quasi perfetto attraverso un percorso lungo di attività di cosplaying (dai 6 ai 10 anni con parentesi covid) e chi si affaccia per la prima volta a questo mondo o è alle prime armi (2 anni, post restrizioni covid).

L’importanza degli eventi come il comicon

Due sono gli aspetti non palesi usciti fuori dalle domande: il ruolo del covid (che ha dato in certi casi la spinta a coloro che volevano iniziare la pratica del cosplaying) e la resa pubblica del comicon. Tutti i rispondenti sono concordi nel riconoscere come gli eventi come il comicon siano necessarie forme di aggregazione e svago. Tuttavia, l’amalgama di interessi che si concentrano nella definizione di immaginario pop ha di contro un effetto non sempre gradito e che è oggetto di dibattito sociologico: la resa mainstream di contenuti prima ritenuti esclusivi.

Come anticipato sopra e come ci ricorda la sociologia dei media, l’industria culturale viaggia anche sui binari dell’economia e del conformismo. Ragion per cui non deve sorprendere – anche per un processo di rivitalizzazione del settore dell’editoria – che ci sia un’apertura del mondo della science-fiction, del fumetto e dei videogiochi al grande pubblico. La parvenza della perdita di esclusività non deve essere motivo di ansia, ma, di contro, va percepita come possibilità di arricchimento culturale. L’arte in questi prodotti e occasioni sussiste sempre, e il discernimento da parte degli avventori rimane una costante.

Una parentesi al comicon: travestimenti NON cosplay

Oltre a questo, tra i vari travestimenti, ci sono state anche persone il cui ruolo non poteva essere definito nell’ambito del cosplay. Dato che il comicon è un crogiolo di accadimenti, è capitato di incontrare nelle interviste un paio di persone che fanno parte di associazioni di rievocazione storica e di real game in presenza. Questo ha dato l’occasione di chiarire una potenziale futura confusione. Il motivo del travestimento è diverso, e l’evento comicon mette in comune la pratica della simulazione in un ottica oggettiva: non è il festival del cosplay, c’è anche il cosplay.

L’essenza dello svago e del di-vertere (guardare altrove) c’è ed è costante: oltre il mascherarsi e fare amicizia, si crea ogni genere di occasione per aggregare, dal gioco di ruolo alla partita a basket (sì, il comicon ha allestito anche aree propriamente ludico-sportive).

L’esperienza di indagine al comicon

Il Comicon è divenuto la fiera dell’immaginario pop dove si incontrano, media, mercato e soggetti con il desiderio di condividere interessi comuni. E’ stato interessante – sia da studioso che da persona timida – uscire dalla propria confort zone e far prevalere quel desiderio di conoscenza che anima la ricerca. Bisogna ricordarsi infatti, che per quanto le comunità online possano avvicinare virtualmente, le occasioni come il Comicon mantengono una importanza fondamentale per la socievolezza. L’incontro generazionale e di culture in presenza arricchisce chiunque.

Chi pratica il cosplay si inserisce, rispetto al passato, in un mondo giustamente variopinto e in cui non necessariamente ci si può riconoscere appieno. Tuttavia, anche il breve attimo di fama, dovuto alla foto fugace col passante di turno, che riconosce il beniamino, rispetta quello che si fa e il lavoro che c’è dietro, contribuisce al senso di autostima ed evasione dal quotidiano.

Conclusioni: l’importanza della maschera

Chi per un motivo chi per un altro, porta una maschera e, pur paradossale che sia, attraverso la maschera dell’eroe/mostro che indossa… si disvela, anche se per poco. Casi riscontrati di gender-swap delle maschere (il cambio di sesso di un personaggio del nesso costume, per esempio un Goku di Dragonball femmina) può essere occasione di sperimentare, con il ludico, elementi della realtà e dell’identità.

Tutto è possibile attraverso la maschera. Si può fare esperienza di emozioni, dialogare con diverse generazioni, creare ponti. E’ sì una vetrinizzazione, ma è soprattutto occasione per fare esperienza e contribuire a costruire il proprio immaginario.

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Riferimenti

  • D’Amato M., Immaginari. Telefantasie: dai cartoni al web, Francoangeli, Milano, 2021;
  • Gandolfi E., Generazione Nerd. Gioco, tecnologia e immaginario di una subcultura mainstream, Mimesis, Udine, 2014;
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