Oggi il problema della conciliazione, soprattutto in Italia, è un tema molto attuale sia in ambito sociologico che politico. Per conciliazione si intende un equilibrio ottimale tra quelle che sono le funzioni e i doveri connessi alla biografia privata degli individui e quella che è la posizione professionale nel mercato del lavoro retribuito.

Secondo Saraceno e Naldini, la conciliazione sarebbe legata alla questione di genere in quanto essa nasce come conciliazione che riguarda le donne. Negli ultimi anni si può osservare come la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro sia aumentata, indipendentemente dalla presenza di responsabilità di cura (dei figli o di una persona anziana per esempio). La conciliazione è entrata anche nel dibattito delle politiche internazionali e inizialmente tali politiche sono state formulate come Politiche per le Pari Opportunità, con l’obiettivo di aiutare le donne nell’ingresso al mercato del lavoro.

Un “dovere” per le donne

La responsabilità di cura viene attribuita per dovere alle donne. L’occupazione femminile sembra sollecitare un parziale mutamento non solo nei comportamenti e sistemi di priorità femminili, ma anche in quelli maschili (Naldini e Saraceno, 2011, 9). In questo modo il problema della conciliazione oggi passa dall’essere una questione di genere a divenire più una questione di cittadinanza. La strategia di Gender Mainstreaming basa la sua tesi sul presupposto che le politiche pubbliche siano influenzate dalla questione di genere, per cui esorta gli stati membri a conformare il loro ordinamento normativo e le proprie policy al fine di superare le disuguaglianze di genere. Gli ambiti dove si rilevano queste disuguaglianze sono: la rappresentanza politica, i diritti del corpo, il contesto familiare, il mercato del lavoro, la conciliazione tra vita familiare e lavorativa.

La questione della conciliazione nell’ultimo summit di Lisbona è entrata a far parte della policy agenda come una questione di fondamentale importanza. La maggiore partecipazione delle madri al mercato del lavoro pone la priorità sulle politiche sociali da perseguire. È necessario rispondere ai bisogni di cura dei figli e non permettere che l’ingresso delle donne al mercato del lavoro influenzi il tasso di fecondità in negativo. Ferrera sostiene che il tema della conciliazione è strettamente correlato al PIL nazionale: infatti la mancata valorizzazione delle donne nel mercato del lavoro inciderebbe in negativo sull’economia. Una soluzione potrebbe essere incrementare i servizi di cura per l’infanzia e non costringere le donne a dover attuare una scelta tra la propria professione e la famiglia.

Il paradigma del male breadwinner

Breadwinner moms
Breadwinner moms

Rilevante sembrerebbe in questo il paradigma del male breadwinner (Lewis, 1992) classificando i sistemi di Welfare nazionale in base all’incisione maggiore o minore che detiene il male breadwinner all’interno del nucleo familiare. Si fonda sull’idea di una divisione di lavoro tra uomo e donna, dove alla donna spetta il compito delle cure non retribuite (figli, parenti anziani) mentre all’uomo spetterebbe il compito di procacciatore di risorse. Tutte le moderne forme di stato sociale dunque si sarebbero formate partendo da un modello di famiglia fondato sulla figura del male breadwinner.

All’interno del continente europeo tale modello si è sviluppato in maniera differente per quanto concerne il livello di salario sociale, partecipazione delle donne nel mercato del lavoro e spesa pubblica per i servizi. Nei paesi scandinavi questo modello è debole e infatti i dati vedono questi paesi come quelli che garantiscono uno stato sociale più forte e una maggiore partecipazione delle donne nel mercato del lavoro. In paesi quali la Francia vi è una presenza moderata di questo modello e lo Stato riconosce la posizione delle donne sia come lavoratrici che come madri. Germania, Paesi Bassi e Inghilterra sono caratterizzati da politiche che favoriscono il modello di male breadwinner.

La conciliazione in Italia

L’Italia detiene ancora un modello dove comunque il compito di cura della famiglia socialmente è ritenuto un dovere della donna.  Secondo dati Istat (2012) infatti la ripartizione degli incarichi domestici è ancora molto sbilanciata a sfavore delle donne. Le donne si occupano del 76% del lavoro familiare e in media le donne impegnano ben 80 minuti del loro tempo in più al giorno nelle faccende domestiche non retribuite rispetto agli uomini. Spesso le responsabilità di cura in Italia limitano la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro costituendo un danno per l’economia del Paese.

Luisa Cuccu

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