La bioetica è una disciplina che ne abbraccia altre, come il diritto e la filosofia. Stabilire una definizione univoca che possa far concordare le diverse anime con cui la disciplina sembra dialogare frequentemente non è affatto semplice. Tuttavia potremmo, per iniziare, analizzare la parola dal punto di vista etimologico. Essa è composta da due parole greche ovvero, “ethos”, (carattere o comportamento, costume, consuetudine) e “bìos” (vita).
Cattolici vs laici
La nascita della disciplina è stata oggetto di un acceso dibattito tra cattolici e laici: secondo i primi, la nascita della bioetica deve essere fissata nella seconda metà degli anni ‘40 del 900, a ridosso del processo di Norimberga nonché il tribunale che evidenziò gli orrori delle sperimentazioni naziste, a cui seguì il codice omonimo. I secondi invece, sostengono la nascita della disciplina a cavallo degli anni ‘60-‘70 del novecento, anni in cui ci fu un notevole stravolgimento delle culture, della mentalità e delle tecnologie. Una possibile soluzione alla diatriba definitoria viene da Van Rensselear Potter che ne rivendicò la paternità nel suo libro “Bioethics: science of survival” (1971) sottolineando come l’umanità non sarebbe sopravvissuta a lungo restando in un’ottica materialista e consumistica, introducendo di fatto l’idea che la bioetica debba essere innanzitutto una scienza, fondata sul sapere biologico. Per meglio definire “la cosa” bioetica abbozzata da Potter, si può far direttamente riferimento all’encyclopedia of bioethics che nell’edizione del 1978 definiva la bioetica come:
“lo studio sistematico del comportamento umano quando questo è esaminato alla luce di valori e principi morali”.
Un luogo di confronto
Successivamente, venne apportata una modifica sostanziale, per la precisione nell’edizione del 1995, che definisce la bioetica come “una parola derivata da bìos ed èthos, altresì lo studio sistematico delle dimensioni morali delle scienze della vita e della cura della salute, usando diverse metodologie etiche in un quadro interdisciplinare”. Una definizione particolare la apporta Gilbert Hottois, secondo cui:
“la bioetica è un insieme di pratiche interdisciplinari aventi per oggetto la chiarificazione o la risoluzione di questioni di carattere etico in relazione all’applicazione delle biotecnologie”.
Lo stesso Hottois conferma la difficoltà di dare una definizione di bioetica in senso stretto, proprio per il suo (della bioetica) coinvolgimento in altri ambiti. Infatti afferma che la sua pratica e il suo discorso si situano nell’intersezione di più tecnoscienze, di scienze umane e di discipline non scientifiche. Proprio la parola “intersezione” ci fa capire come la bioetica sia anche luogo di confronto di diverse visioni della vita, di diverse concezioni filosofiche, diverse concezioni politiche e diversi linguaggi. Anche il termine “pratiche” ci fa capire che i temi da affrontare non sono distanti dalla nostra quotidianità ma anzi, l’opposto: tutto ciò è un rimando alla prassi e quindi un tema che ci riguarda direttamente, di conseguenza ciò si lega alla necessità di un interessamento di una qualche istituzione, in particolar modo, dei cosiddetti Comitati bioetici, cioè strutture di diversa natura (nazionali, internazionali, permanenti o ad hoc) costituite da specialisti di varia provenienza professionale, culturale ed etica, con il compito di valutare l’applicazione delle scienze e di elaborare pareri vincolanti per l’applicazione delle stesse. Ovviamente questo vincolo non viene tradotto subito in provvedimento legislativo, proprio per evitare un eccessivo integralismo scientifico.
Francesco D’Ambrosio

Hr specialist, orientatore e giornalista pubblicista laureato in Sociologia con lode. Redattore capo di Sociologicamente.it.
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