Il concetto di coworking si definisce tra il 2006 e il 2007 per far fronte a nuove esigenze in campo lavorativo. Sia che si tratti di lavoratori freelance isolati che di team già formati o in fase di costituzione, siamo in presenza di uno stile lavorativo e professionale slegato dalla routine dell’ufficio, insieme ai suoi orari, etichette, procedure standardizzate, pause stabilite, gerarchie proprie dell’ufficio stesse.
La necessità di contatto sociale e interazione con altre persone, accentuata dall’isolamento nel quale il professionista operava fino a dieci anni fa, trova nel coworking la soluzione ideale per moltissimi lavoratori e professionisti non legati alla routine dell’ufficio, come ad esempio le persone che lavorano da casa, o altre sempre in viaggio a causa del proprio lavoro.
Come funziona?
Gli spazi adattati al coworking sono molto più visibili nelle città. Questi spazi risultano essere solitamente degli open space, dove sono già messe a disposizione scrivanie, postazioni, lavagne classiche e multimediali, proiettori, connessioni internet e in generale tutto lo stretto indispensabile affinché un professionista o un gruppo di professionisti possano cominciare immediatamente il loro lavoro. Di norma questi spazi vengono concessi in affitto giornaliero o a tariffa oraria.
Adatto sia per lo studio che per il lavoro al pc, i locali che si offrono come spazi di coworking sono perfetti anche per il lavoro in gruppo. Addetti a differenti mansioni non sono più dislocati in uffici o in piani distinti, ma hanno la possibilità di condividere lo stesso spazio e di lavorare a contatto con i propri colleghi. Diventa quindi più semplice identificare e comunicare un problema ed avere immediatamente attenzione e assistenza da parte dei propri collaboratori. L’ambiente è caratterizzato dall’informalità, dalla pluralità, e dalla dinamicità, essendo questi luoghi condivisi da persone e gruppi di persone operanti in campi anche distinti, che lavorano per distinti clienti.
Una breve analisi sociologica
Sebbene a primo impatto si possa pensare al fenomeno del coworking come ad un caso riconosciuto dalla sociologia come aggregato, siamo in realtà in presenza di gruppi eterogenei che vanno via via formandosi con il passare del tempo e dell’interazione promossa dalle necessità su esposte, e dallo stesso clima informale nel quale gli attori sociali sono immersi. Vengono a crearsi nuovi rapporti lavorativi e di consulenza professionale, si creano ed espandono reti sociali reali grazie alla flessibilità degli orari di lavoro e alla libertà di ognuno di fare una pausa per interagire e coltivare rapporti personali con i presenti.
Un nuovo modello di coworking
La forte domanda ha già dato vita a un nuovo modello di coworking. Sempre più lontano dall’idea e dalla riproduzione dell’ufficio, ma sempre più focalizzati verso l’informalità e l’interazione, assistiamo all’ascesa dei Coworking Café. A prima vista sembrerebbero delle sale da thè o ristoranti, ma al loro interno gli spazi sono ugualmente pensati per soddisfare le esigenze dei lavoratori. Grazie a design accattivanti che celano esteticamente le strumentazioni indispensabili, l’habitat lavorativo che viene offerto garantisce il comfort ai lavoratori, limitando sempre più la percezione del lavoro come onere. Le scrivanie vengono sostituite da ampi tavoli e le sedie da divanetti da lounge bar, insieme ad altri elementi scelti ad hoc per deliziare i clienti durante le loro sessioni lavorative e, soprattutto, durante le loro pause. All’interno del coworking cafè, infatti, è possibile consumare come al bar, ordinare come al ristorante e, perché no, chiudere gli occhi per riposare un po’ sulle poltroncine predisposte a questo scopo.
In definitiva il coworking “classico” e il coworking café risultano essere una risposta efficace ai bisogni odierni di coloro che esercitano la professione in autonomia, nonché al fenomeno odierno della delocalizzazione dei lavoratori dall’ambiente dell’ufficio, condannati altrimenti alla solitudine e a trascorrere la maggior parte della propria vita all’interno delle proprie abitazioni.
René Verneau