Con la Delphi concludo un primo trittico (chiarirò in altra nota perché sia tale) sulle tecniche. Per chi leggesse solo ora prego di dare almeno un’occhiata ai primi articoli di questa rubrica, con tutte le avvertenze sul fatto che le tecniche sono solo protesi della nostra immaginazione metodologica; e di leggere almeno l’incipit al testo sul questionario. Insomma, ancora una volta: mai cadere nel tecnicismo, mai credere che le tecniche siano risolutive, mai illudersi sul significato dei dati. Siete solo voi ricercatori, con la vostra intelligenza e competenza che – usando strumenti e tecniche – costruite i dati, e senza questa comprensione a monte, più epistemologica che metodologica, rischiate di appiattirvi sulle mere procedure operative.

Analisi Delphi: quando mancano informazioni

Parlerò qui di un tecnica molto interessante, in generale abbastanza conosciuta di nome ma poco praticata; la Delphi (o Analisi Delphi, Delphi Analysis) è una tecnica nata per costruire scenari probabilistici in contesti di scarsa informazione; vale a dire: se non ci sono basi di dati storici da estendere – con le dovute cautele – al prossimo medio periodo, se l’oggetto di indagine, il suo contesto, i fattori che lo determinano sono nuovi, complessi o incerti e con difficoltà potremmo inferirne lo sviluppo, allora la Delphi può fare al caso nostro. Si tratta di una tecnica di gruppo nominale, in cui i partecipanti interagiscono fra loro solo con la mediazione del ricercatore-facilitatore (diversamente dal Focus group, tecnica di gruppo reale in cui si interagisce). Non parlerò qui nel merito della Delphi presumendo che un minimo la conosciate; in caso contrario il link precedente alla specifica voce del Glossario vi fornirà le basi minime necessarie per comprendere questa breve riflessione.

Decalogo minimalista per l’uso della Delphi

1. Anche se vale per tutte le tecniche, mai, assolutamente mai, utilizzare una Delphi se non è strettamente necessario; la Delphi costruisce scenari probabilistici; se non dovete costruire scenari probabilistici di breve e medio periodo, oppure se non dovete dare un giudizio valutativo, moltissime altre tecniche posso fare meglio al caso vostro. L’avvertenza è particolarmente importante qui perché la Delphi è complessa, costosa e piena di rischi, ed è meglio non abusarne.

2. I risultati della Delphi possono riguardare un giudizio immediato (così la si usa a volte in valutazione ex post) o la costruzione di uno scenario di breve e medio periodo (così la si usa in particolare nella valutazione ex ante); non può costruire scenari di lungo periodo.

3. Occorre sapere che ci sono due tipi fondamentali di Delphi, una che punta alla validazione dei risultati (una vecchia concezione, discutibile) e una – più utilizzata e di cui parliamo qui – che esplora gli scenari come accennato sopra; è bene almeno conoscere queste due diverse modalità di conduzione della Delphi, che ha procedure diverse e produce risultati differenti.

4. La Delphi, com’è noto, prevede l’interrogazione a distanza fra esperti che non si incontrano e che ignorano da chi sia composto il panel. La mediazione del ricercatore (che interroga per posta e sintetizza le risposte ricevute) è quindi strategica. Il ricercatore che conduce la Delphi non può ignorare l’argomento trattato. Poiché le sue sintesi tornano a tutti i partecipanti (che sono realmente competenti), se non sono ben formulate si rischia un rapido allontanamento di molti partecipanti, un problema che rischia di fare naufragare il processo.

5. Non si usa la Delphi come se fosse un Focus group; se dovete conoscere il parere di un gruppo di operatori di un servizio territoriale, per esempio, il Focus andrà benissimo; se avete bisogno di conoscere quello degli utenti del servizio, forse un questionario è meglio. Per la sua natura e modalità operative, la Delphi si presta a conoscere il parere di esperti di alto livello (accademici, politici, professionisti di fama) che non solo sarebbero poco disponibili a una riunione ma probabilmente abitano in località diverse, forse addirittura sparsi per il mondo. Ma la vera peculiarità della Delphi non è quella di poter raggiungere persone distanti (non è quindi una questione logistica) ma quella di evitare contrasti personali fra persone che – essendo di alto livello professionale – probabilmente si conoscono e si confrontano con simpatie e antipatie pregresse (pensate anche solo alle diverse “scuole” accademiche) provocando frizioni nel gruppo e distorsioni nel dato rilevato.

6. Al momento del reclutamento è indispensabile spiegare: oggetto del lavoro, numero di round (interrogazioni) previsti, tempo stimato, eventuali benefici per i partecipanti (in alcuni casi è necessario pagarli); poiché le cadute (partecipanti che abbandonano il gruppo) sono da mettere in conto, la fase del reclutamento è strategica. Se il ricercatore è sconosciuto (come succede di solito) è bene che i partecipanti più “di rango” siano contattati personalmente dal committente. Un Dirigente in una Regione, un Professore nel caso di un’Università e così via. Solo l’assicurazione personale, verbale, di una partecipazione, può far scemare il rischio di abbandono (perché c’è stato un vincolo personale, espresso a persona nota). Quando si organizza una Delphi, quindi, occorre insistere col committente affinché fornisca questo essenziale aiuto preliminare.

7. Non esiste un numero particolare ottimale di partecipanti a una Delphi; indubbiamente sotto i 10 la Delphi (mettendo sempre in conto alcuni abbandoni) può essere rischiosa; invece il numero massimo, non avendo i limiti ovvi di ogni gruppo reale (come visto trattando del Focus), sostanzialmente non esiste. È ovvio che, dovendo sintetizzare le risposte inviate dal gruppo, più questo è ampio più il lavoro del ricercatore diverrà complesso e delicato. Per esperienza direi che 20-30 partecipanti sono una buona mediazione fra desiderio di un panel ampio e rappresentativo e problemi gestionali ma, naturalmente, se vi fidate delle capacità vostre e del vostro team, anche 40 o più partecipanti possono essere accettati (se utili al vostro disegno).

8. Ad ogni turno si manda un questionario e si dà una data per la risposta; inutile aspettarsi che tale data sia rispettata. Qualche giorno prima mandate un promemoria (solo a quelli che non hanno già risposto) e, il giorno stesso, un sollecito. Spesso sarete costretti a concedere altro tempo e questo dovete preventivarlo quando progettate i tempi complessivi della Delphi.

9. La vostra sintesi sarà più efficace se conterrà citazioni (sempre rigorosamente anonime) tratte dalle risposte ricevute. Abbiate cura – se possibile – di inserire sempre almeno una citazione per ciascun partecipante, perché questo li farà sentire valorizzati e si eviteranno ulteriori abbandoni in corso.

10. In generale dopo l’ultimo round si manda l’ultima sintesi a tutti con ringraziamento e nomi di tutti i partecipanti. In alcuni casi alcuni non gradiscono e preferiscono mantenere l’anonimato. Questa delicata questione deve essere da voi regolata preventivamente e, naturalmente, dovete rispettare il desiderio di privacy.

Precedenti contributi de “Il metodo siamo noi

  1. Il metodo siamo noi
  2. Tecniche e formato informativo dei dati
  3. I numeri sono un linguaggio
  4. Parlare bene per pensare bene
  5. Il metodo si pensa. Lentamente
  6. Decalogo minimalista per l’uso del questionario
  7. Decalogo minimalista per l’uso del Focus group


Claudio Bezzi

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