Uno dei tratti distintivi dell’uomo è di vivere in gruppi, associazioni e organizzazioni; per questo motivo i sociologi hanno distinto in prima analisi il concetto di gruppo da quello di aggregato: il primo concetto presuppone una regolarità dell’interazione da parte di un certo numero d’individui. Questa interazione tiene uniti quest’ultimi dando vita ad un’unità caratterizzata da un’identità sociale. Il secondo concetto, invece, prescinde da tale regolarità: gli aggregati umani sono composti da individui che possono trovarsi nel medesimo posto al medesimo tempo, senza alcun preesistente legame. In base a queste tipologie di legami, la sociologia ha distinto tra gruppi primari, nei quali gli individui sono legati da vincoli di natura emotiva e  hanno un’interazione di tipo diretta (gruppi familiari, gruppi amicali) e gruppi secondari, le cui interazioni tra individui sono determinate da scopi pratici e hanno una natura impersonale (gruppi scolastici, gruppi lavorativi).

La psicologia della forma

È stata la Gestalt Psycologie, la psicologia della forma,  a definire formalmente il gruppo nei termini socio-psicologici. La psicologia della forma rivendicò infatti il carattere di totalità dei fenomeni mentali rivalutando l’esperienza immediata che l’individuo ha della realtà. I gestaltisti considerano le esperienze mentali come delle totalità che vanno studiate nella loro interezza, poiché il significato dei singoli elementi è dato dalla loro collocazione o dal loro ruolo nell’insieme in cui sono inseriti. Secondo l’approccio gestaltista è il tipo d’interazione che definisce un gruppo poiché quest’ultimo è definito al meglio quale totalità dinamica basta sull’interdipendenza invece che sulla somiglianza (Lewin, 1948). Infatti, a conferma di una simile caratteristica, i gruppi dotati di organizzazione hanno una differenziazione interna che conduce a status e ruoli altrettanto differenziati.

L’organizzazione interna dei gruppi

Lo status è un tema classico nella dinamica dei gruppi: tale concetto si riferisce alla posizione che una persona occupa in un gruppo sociale; due importanti indicatori dello status sono, da una parte il prestigio connesso a una certa posizione, mentre dall’altra la tendenza da parte di chi occupa un determinato status a promuovere iniziative in termini di idee ed attività. Questa differenziazione di status conduce in una gerarchia, già presente nei gruppi informali di pari, come quelli degli adolescenti. Sono state compiute osservazioni sul comportamento verbale/non verbale di chi riveste uno status elevato: in generale, chi detiene una certa posizione, possiede un’alta statura, un tono vocale fermo e mantiene sempre il contatto visivo. Interagisce con maggiore frequenza con gli altri membri del gruppo e durante colloqui interviene più spesso degli altri per esprimere eventuali idee o critiche, talvolta interrompendo i discorsi; d’altra parte, riceve un maggior numero di comunicazioni da parte degli altri membri. Tuttavia, la gerarchia interna che viene a comporsi non ha connotazioni stabili, poiché a seconda dell’uscita di vecchi componenti, dell’entrata di nuovi o del cambio di attività, all’interno dell’organizzazione gruppale alcuni individui saliranno, altri invece scenderanno in merito alle proprie capacità (Sherif, 1984).

Questione di status

Secondo le ricerche condotte da Wesfield (1984), lo status può derivare dalla messa in atto di alcuni comportamenti, dalla responsabilità nei confronti del proprio gruppo, dal rispetto di norme interne, o dall’aiutare il gruppo stesso a raggiungere i propri obiettivi (Wesfield, 1984). È anche vero tuttavia che il sistema di status si modifica con sorprendente rapidità. In questo senso, i teorici dell’aspettativa sostengono da una parte che lo status si delinea già nei primi incontri dei membri, riguardo al possibile contributo di ognuno nelle finalità del gruppo: aspettative dunque che si concentrano sulle caratteristiche personali reciprocamente esibite (Berger, Rosenholtze Zelditch, 1980). D’altronde, la creazione di precise posizioni all’interno di un gruppo, corrisponde ad un bisogno umano di ordine e prevedibilità.

L’importanza del ruolo

Connesso allo status c’è il concetto di ruolo, definito come un insieme di aspettative condivise circa come dovrebbe comportarsi l’individuo che ricopre una determinata posizione all’interno di un gruppo. Implicando queste aspettative, viene garantito l’ordine e la prevedibilità nella vita di gruppo, nonché il conseguimento degli scopi di gruppo. Secondo Levine e Moreland (1990), al di là dell’enorme differenziazione che contraddistingue i contesti gruppali odierni, i ruoli fondamentali all’interno dei gruppi sociali si ridurrebbero a tre: il ruolo del leader, il ruolo del nuovo arrivato ed il ruolo del capro espiatorio (Levine e Moreland, 1990). Il ruolo del leader dipende, secondo tali studiosi, da immagini “proto tipiche” che i membri del gruppo condividono, ovvero dalla proto tipicità del comportamento leader. Sherif (1984) afferma invece che è necessario tener conto di tutti quei prodotti collettivi propri dei contesti gruppali, come il nome del gruppo, i nomuncoli che vengono assegnati ai membri del gruppo, le modalità di vestirsi e di scegliere attività comuni. Prodotti di natura collettiva che acquisiscono importanza per gli stessi componenti e alle quali ci si può pertanto riferire col termine di norme sociali (Sherif, 1984).

I devianti dal gruppo

Aspettative condivise di come dovrebbero comportarsi i membri del gruppo, un set di opinioni e comportamenti a cui doversi uniformare, un insieme in altri termini di norme “consensuali” per le quali l’eventuale trasgressione può comportare una sanzione. Chi non dovesse difatti conformarsi a tali aspettative, “devia” letteralmente dal percorso tracciato trasformandosi così in deviante; tali norme possono essere facilmente osservate in gruppi informali quanto ancor più in gruppi formali, dove è riconosciuto legittimamente il diritto di esercitare pressioni sui propri membri. Le eventuali sanzioni, in caso di devianza (Sherif, 1984), variano da gruppo a gruppo ma generalmente si configurano nell’allontanamento e nell’emarginazione del deviante. Per come descritto finora, pare che esista una regolazione di tutto ciò che avviene nel gruppo: in realtà tuttavia, sussiste nei gruppi uno spazio nei quali poter esprimere opinioni personali e più in generale differenze individuali, uno spazio nel quale tale diversità può essere espressa senza il rischio di essere giudicata deviante.

Emanuela Ferrara

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