In queste settimane sta facendo discutere la proposta di Governo di voler parificare la pensione di invalidità civile a quella sociale. I più critici affermano: “Cosa avrà mai da lamentarsi un disabile grave? In fondo un invalido civile arriva a percepire in totale 890 euro. E poi con la legge 104, permessi lavoro per un familiare e Iva al 4%. Assistenza domiciliare, riabilitazione sostegno a scuola.” Ma sarà davvero così? Andiamo nel dettaglio con qualche numero.

Pensione sociale e di invalidità

La pensione sociale erogata dall’INPS è stata istituita con l’articolo 26 della legge 30 aprile 1969 dedicata ai cittadini italiani e stranieri in condizioni economiche disagiate e con redditi inferiori alle soglie previste annualmente. L’importo dell’assegno ammonta a 453 euro per quattordici mensilità. La pensione di invalidità, invece, ai sensi dell’articolo 74 della legge n. 469 del 1961 spetta a tutti i cittadini che abbiano una invalidità civile riconosciuta, superiore al 74%, di età compresa tra i 18 e i 65 anni che non svolgano alcuna attività lavorativa e con un reddito inferiore a 4.4808,95 euro. L’importo dell’assegno ammonta, nel 2018, a 282 euro. A questi si aggiunge l’indennità di accompagnamento che spetta a coloro che presentino una disabilità grave tale da impedire lo svolgimento delle attività quotidiane senza una assistenza continua, il valore dell’assegno erogato ammonta a 516 euro. Ma bastano davvero ottocento euro per risolvere i problemi quotidiani di un disabile grave? Possiamo guardare alla storia per renderci conto di come l’Italia sia la culla dei diritti sociali, della necessità di affermare l’autonomia degli individui, la loro autodeterminazione. Eppure sono milioni le persone nel nostro Paese che non possono uscire, sono relegate in casa perché non hanno gli ascensori o non possono usufruire dei marciapiedi che quando ci sono, non sono a norma di legge.

Spese esorbitanti

Recentemente, pubblicando un altro articolo che parlava della disabilità, ho ricevuto tantissime richieste di aiuto. Tra queste, una signora di 65 anni mi ha scritto:

Sono Ivana, una persona disabile al 100%, con diritto all’assegno di accompagnamento. La malattia è venuta per gradi ma la degenerazione ha corso ad una tale rapidità da mettermi in sedia a rotelle con alternativa a letto. Mi trovo confinata in un appartamento, perché abitando al piano rialzato dovrei fare alcuni gradini che per me è impossibile fare. Risultato: posso solo utilizzare la croce verde e la croce rossa ed è chiaro che si tratta solo di visite mediche o di ricoveri. In compenso devo pagare 40/50 euro per ogni trasporto. Quando riuscivo ancora a fare gli scalini mi avvalevo dell’auser che mi chiedeva 5 euro. Sembra un’amara ironia della sorte per cui non faccio nemmeno terapia fisiatrica perché le spese che ho sono molte dovendo affidarmi alle cure di una badante. Ricevo aiuto materiale e finanziario da mia sorella e mio figlio ed ho scoperto che le strutture (ricoveri), per una persona nelle mie condizioni, hanno dei prezzi molto onerosi“.

Barriere alla civiltà

L’Italia quindi continua a rimanere indietro su molte questioni, tra tutte quella relativa all’abbattimento delle barriere architettoniche, mentre esperienze positive si registrano in Francia e Inghilterra che offrono percorsi di scolarizzazione personalizzati e lavori su misura alle persone con disabilità; mentre in Paesi come la Svezia il sostegno dei singoli comuni è tale da offrire ai disabili mezzi di trasporto per recarsi nei luoghi di riabilitazione, ausili protesici e addirittura uno spazio box vicino alla propria abitazione per riporli. Nonostante infatti la legislazione in materia sia perentoria – risalgono infatti agli anni ’70 le leggi che disciplinano l’abbattimento delle barriere architettoniche negli uffici pubblici e privati – intervengono gli istituti del condono e della sanatoria a mantenere immutata la situazione. A tal proposito Flavio, che a causa di una malattia progressiva si muove da tanti anni grazie all’ausilio di una sedia a rotelle, mi racconta:

Io la disabilità la incontro. La incontro quando vado al ristorante, e ci sono delle scale all’entrata. Un problema è sempre stato quello del bancomat. Non ho mai potuto usarlo da solo perché sono troppo alti e quindi devo sempre farmi aiutare“.

Il ruolo della famiglia

I dati Istat ci dicono che i disabili in Italia sono circa 4,5 milioni e che l’efficienza dei servizi, così come la presenza di strutture residenziali in grado di accogliere quelli gravi, risentono di notevoli disparità regionali dovute alle modalità di erogazione dei fondi a livello nazionale. Basti pensare che al nord-est vi è una copertura di centri residenziali sul territorio pari al 98% mentre tale percentuale si attesta intorno allo 0.8% in Calabria. Senza contare che accanto alla pressoché assente copertura si aggiunge la scarsa professionalità per personale socio-sanitario. Intervistando una OSS con una esperienza pluridecennale nel settore, che lavora in un centro diurno che accoglie disabili gravi a Catanzaro, mi ha raccontato:

Ciò che non si dice quando si parla di disabilità è che spesso il primo problema sono le famiglie. Ci sono ragazzi che tramite tutte le terapie riabilitative riescono ad ottenere ottimi risultatati ma poi i familiari li lasciano abbandonati a se stessi, li sedano anche quando non c’è bisogno e aggravano ancora di più la situazione. Io nella mia esperienza pluridecennale ho visto famiglie di tutti i tipi: famiglie coraggiose, famiglie disperate, famiglie che si sgretolavano. Poi quando si tratta di anziani il successo delle terapie dipende anche dagli operatori: ci sono magari operatori negligenti che nemmeno si preoccupano di sollevare l’anziano dal letto“.

Un altro dato fornito dall’Istat riguarda il livello di scolarizzazione delle persone disabili. Si registra che per ogni 100 abitanti, solo il 14,2% consegue il diploma o titoli di studio superiori. Per quanto concerne invece il diritto all’esenzione del ticket per le prestazioni specialistiche erogate dal Servizio Sanitario Nazionale, l’esenzione si estende unicamente agli esami e alle visite che abbiano a che fare con l’accertamento e il trattamento della patologia per la quale il paziente è stato riconosciuto come invalido civile.

Qual è il vero ostacolo?

Un’ulteriore specifica è necessaria per i trattamenti protesici e gli ausili per disabili e anziani. Con un decreto del 12 gennaio 2017 si sono aggiornati i Livelli Essenziali di assistenza (LEA) contenenti anche il nuovo Nomenclatore Tariffario delle protesi e degli ausili, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18/03/2017, che va ad aggiornare quello fermo al 1999. Ciò significa che fino allo scorso anno la situazione era quella per la quale l’ASL assicurava ai disabili solo quegli ausili previsti in un nomenclatore vecchio di 17 anni che non teneva conto delle innovazioni e dei miglioramenti tecnologici che faciliterebbero i disabili nelle loro difficoltà quotidiane mentre nel 2018, nonostante la nuova legge, permangono nuovi ritardi in quanto occorre far approdare la legge alla Conferenza Stato-regioni. Emblematico risulta il racconto di Claudio, che si avvale della sedia a rotelle per spostarsi:

Quando sono andato in ospedale perché avevo bisogno di una sedia a rotelle mi hanno dato un catalogo e mi hanno detto che avrei potuto scegliere tra diverse alternative, così dopo averlo consultato scelgo quella che ritengo  si adegui alle mie esigenze. Il medico mi dice che per avere questa carrozzina devo pagarla di tasca mia e con saccenteria mi chiede: -Vuoi una sedia a rotelle di lusso?- Io non sapevo nemmeno che ne esistessero di lusso, ciò che mi serviva era semplicemente una sedia a rotelle che si può piegare per poterla mettere in macchina quando esco, invece così sono sempre costretto a chiedere l’aiuto di qualcuno“.

Tirando le somme del nostro discorso, non possiamo far altro che constatare che ancor più delle barriere architettoniche e della malattia, l’ostacolo principale per i disabili continuano a rimanere gli esseri umani.

Carmen Pupo

Print Friendly, PDF & Email