Il disability washing è una pratica scorretta che purtroppo sta prendendo sempre più piede nell’ambito del marketing aziendale e mediatico causando problemi non indifferenti verso le persone con disabilità in termini di rappresentazione. Infatti questa pratica non fa che continuare ad alimentare, nella società, l’immagine distorta e stereotipata delle stesse persone con disabilità dando seguito a ulteriori discriminazioni.

Che cos’è il disability washing?

Consiste nella pratica di un’azienda o di un’organizzazione di utilizzare la rappresentazione di persone con disabilità o la loro immagine per migliorare la propria immagine pubblica o il proprio marchio con lo scopo ultimo di aumentare i profitti, senza impegnarsi attivamente per la promozione dei diritti delle persone con disabilità o per la creazione di un ambiente inclusivo per loro. Quindi è una pratica che cerca di sfruttare una tematica importante per i propri scopi senza realmente impegnarsi per il cambiamento verso una società più inclusiva.

O ancora meglio questa pratica, secondo  Marina Cuollo e Sofia Righetti, due attiviste con disabilità, “vede coinvolto l’uso della disabilità per promuovere innovazioni ingegneristiche e di design con obiettivi commerciali, senza però collaborare con le persone con disabilità o coinvolgerle nei piani di lavoro”.

Alla base del disability washing ma anche di altri ambiti come ad esempio l’ambiente (il cosiddetto greenwashing) vi è lo sfruttamento dell’attivismo legato a determinati temi sociali per trasmettere messaggi di marketing fuorvianti e poco attinenti alle cause di quell’’organizzazione o associazione o ancora movimento. Quest’azione è definibile come “washing”, in italiano traducibile come lavare o nascondere.

Perché le aziende mettono in atto questo tipo di pratiche?

Perché “sono consapevoli che i progetti legati alla disabilità attirano la stampa e, anche se il focus aziendale non è realmente centrato su questi argomenti, ostentano legami minimi o inesistenti con l’accessibilità, approfittando della copertura mediatica che ne deriva, per poi far morire silenziosamente quei progetti nell’oblio” (vedi link nella sezione riferimenti).

Il disability washing ha effetti negativi sulle persone con disabilità, aumentando la disillusione e la sfiducia nei confronti delle aziende o delle organizzazioni che non rispettano i loro diritti e le loro esigenze.

Esempi fattuali di disability washing

Un esempio di disability washing è l’utilizzo di una modella con disabilità in una campagna pubblicitaria senza effettivamente adottare alcun provvedimento per rendere il prodotto accessibile alle persone con disabilità.

Altro esempio, più concreto, è l’azienda che utilizza un’immagine di una modella in sedia a rotelle per pubblicizzare un paio di scarpe, ma non offrire alcuna informazione sull’accessibilità delle scarpe per le persone con disabilità o non rendere i negozi in cui sono vendute accessibili alle persone con disabilità.

In questo caso, l’azienda sta sfruttando l’immagine di una persona con disabilità per migliorare la propria immagine pubblica e la percezione del marchio, ma non sta realmente impegnandosi per la promozione dei diritti delle persone con disabilità o per la creazione di un ambiente inclusivo per loro. Questa pratica è considerata disonesta e danneggia la reputazione dell’azienda agli occhi delle persone con disabilità.

Si può riscontrare disability washing anche nei film e nelle serie televisive dove personaggi con disabilità vengono interpretati da attori “normodotati”, e ancora in spot pubblicitari come quello della regione Liguria “Liguria da baciare”, andato in onda durante il Festival di Sanremo a febbraio 2024, dove si vedono persone che si baciano in vari modi appassionati per celebrare l’amore, ad un certo punto appare una ragazza in carrozzina ed un ragazzo che si baciano in maniera pudica sulla guancia. Il bacio pudico tra la ragazza con disabilità e il ragazzo viene considerato da diversi attivisti con disabilità un esempio di disability washing, come Valentina Tomirotti che in un post su Linkedin scrive:

“Non manca praticamente nessuna variante di bacio in questi 30 secondi, finalmente compare pure una coppia in cui lei è in carrozzina, ma non tutto è perfetto: l’atteggiamento in questo frame è ben diverso, nessun bacio appassionato, ma casto e sulla guancia. Perché un cambio di narrazione così netto rispetto al resto? Come se la persona con disabilità fosse eternamente una figura bambinesca, desessualizzata. Il disability washing è il registro che sceglie di includere anche la disabilità per essere un buon esempio di inclusione, ma di fatto è solo un mezzo per ripulirsi l’immagine perché completamente escludente rispetto agli altri presenti.”

Casi ambigui: è disability washing o no?

Esistono casi ambigui come quello presentato da Iacopo Melio, attivista, giornalista, scrittore e politico con disabilità. Nell’immagine postata (link immagine in fondo) sulla sua pagina Facebook si può vedere un cartellone. Esso può essere interpretato come disability washing o come normalizzazione delle variazioni dei corpi umani e quindi delle disabilità, come si domanda lo stesso Melio nel post. Oppure può essere inteso in entrambi modi. L’interpretazione è soggettiva cioè sta alla sensibilità di chi vede questi cartelloni. C’è chi si offende e chi no.

Simone Bellan

Riferimenti

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