L’analisi che Durkheim effettua, pur presentandosi in forme e prospettive contraddittorie, è scandita da un duplice contatto, un’ambivalenza che si genera dalla mancanza di coscienza che l’uomo ha di sé. La sua stessa natura, infatti, gli si presenta delineata da una irreparabile scissione. Il sociologo francese ripristina l’attenzione su un antico problema filosofico: la definizione della natura umana. Il saggio, scritto all’alba della prima guerra mondiale, descrive l’uomo come un animale sociale in perenne  lotta con sé stesso o, come sosteneva Pascal, “un mostro di contraddizioni“.

Homo duplex

L’antitesi tradizionale di anima e corpo non è dunque una vana concezione mitologica. Doppi lo siamo davvero, diamo corpo a un’antinomia“. La natura umana viene caratterizzandosi dalla presenza di una scissione interna, la quale, presentandosi mediante diverse sfumature e in forme molteplici, arriva poi a determinare il dualismo umano propriamente inteso. La vecchia espressione “homo duplex” è dunque confermata dai fatti. “Siamo tutt’altro che semplici e la nostra vita interiore ha come un doppio centro di gravità“. L’uomo viene dunque dividendosi in due sfere: da un lato vi è la sua individualità, più precisamente il corpo; dall’altro vi è tutto ciò che in lui esprime tutt’altro da ciò che egli realmente è. Fra queste due sfere non sussiste una semplice differenziazione ma un perpetuo antagonismo: esse lottano, si negano e si contraddicono a vicenda. Per citare nuovamente Pascal, “l’uomo è allo stesso tempo angelo e bestia“, senza essere esclusivamente nessuno dei due.

Il conflitto interno perpetuo

I tentativi di reificazione messi in atto dal singolo individuo si rivelano vani laddove essi vengono delineandosi all’interno di una prospettiva di vago solipsismo. In tale ottica si colloca l’ambizione di conoscenza del sé all’interno di una cornice conflittuale propria dell’individuo stesso. Tale dissidio, questa divisione incessante contro noi stessi, è ciò che fa insieme la nostra grandezza e la nostra miseria. Miseria in quanto destinati a viver nella pochezza, ma anche grandezza, in quanto peculiare caratteristica che ci differenzia da tutti gli altri esseri. L’individuo manifesta l’affermazione della sua entità nell’espressione di una certa centralità: centralità non come stato presente dell’uomo ma come possibilità del suo darsi, ricerca sofferta di tale possibilità, mai come dogma uguale o contrario a quello di un dio non principio statico, bensì movimento in atto per il suo verificarsi. La linea di demarcazione fra l’ambivalenza costitutiva della natura umana descrive la tensione evolutiva di una nuova società che sta emergendo. Essa reca con sé l’incertezza di una dimensione inesplorata, la sua natura dogmatica lascia intuire l’impossibilità di trovarvi un equilibrio.

Lorenzo Villani

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