Ha fondato la prima rivista sociologica, “L’Année sociologique”. Ha tenuto il primo corso di Sociologia e Pedagogia. Ha definito il primo metodo di studio e ricerca con cui analizzare la società. Ha pubblicato la prima ricerca empirica sociologica. Nato a Épinal nel 1858, Émile Durkheim è stato fondamentale, insieme a Max Weber, Georg Simmel, Auguste Comte e Ferdinand Tönnies, nel fondare e istituzionalizzare la sociologia come scienza empirica propria, separata dalla psicologia a cui invece precedentemente faceva capo. Mosso da una grande curiosità, Durkheim si interrogò sulla società, su cosa tenesse uniti i suoi membri e sull’origine dei fenomeni sociali, credendo fermamente nel sapere sociologico come mezzo per migliorare la vita in collettività.

L’importanza dei fatti sociali

Caricatura di Émile Durkheim
Caricatura di Émile Durkheim

Per poter dare spessore e rilevanza alla sociologia, prima di allora non ritenuta importante, Durkheim si concentrò molto sulle strutture sociali, il loro ruolo nella società e nel dimostrare l’influenza che queste esercitano sui singoli attori affinché la disciplina sociologica fosse stata validata e ottenesse un riconoscimento scientifico. Oggetto di studio della sociologia per Durkheim erano pertanto i “fatti sociali“, che per il sociologo francese “consistono in modi di agire, di pensare e di sentire esterni all’individuo, eppure dotati di un potere di coercizione in virtù del quale si impongono su lui. Con o senza il suo consenso“. Essi prevalgono i singoli e contemporaneamente li attraversano proprio come se avessero una propria esistenza e una propria indipendenza.

Quando assolvo al compito di fratello, di marito o di cittadino adempio doveri che sono definiti al di fuori di me e dai miei atti, nel diritto e nei costumi. Il sistema di segni che uso per esprimermi, il sistema monetario che impiego per pagare i miei debiti funzionano indipendentemente dall’uso che ne faccio”.

Sono dunque fenomeni sociali che non si possono spiegare ricorrendo all’analisi di molteplici casi singoli e psicologici ma sono il risultato delle interazioni umane e si possono spiegare solo a partire dalla società. In un clima di forte positivismo come quello ottocentesco, per Durkheim se la sociologia voleva considerarsi al pari delle altre scienze e studiare i suoi oggetti in modo oggettivo doveva adottare lo stesso metodo e lo stesso rigore scientifico. Si doveva adottare una visione olistica, ovvero analizzare i fenomeni non singolarmente ma come parti di un insieme, proprio come avviene per lo studio biologico di un organismo vivente. Inoltre i fatti sociali andavano spiegati casualmente attraverso un’osservazione scevra da tutti i pregiudizi e preconcetti soggettivi e considerandoli, come lui stesso affermava, “come se fossero cose”.


Il suicidio come fenomeno sociale

La sua opera “Il suicidio”, pubblicata nel 1897, rappresenta la prima ricerca sociale basata su un metodo empirico. Il tema è abbastanza forte ma anche provocatorio. Il suicidio infatti è un anche fenomeno sociale e proprio attraverso questo argomento ritenuto nel senso comune cosi “personale” e “psicologico”, Durkheim puntava a dimostrare l’importanza della sociologia dandone una spiegazione sociale. L’autore francese inizialmente confutò tutte le versioni del suo tempo riguardo le possibili cause extra-sociali del suicidio. Raccogliendo, elaborando, comparando i dati statistici sui suicidi fornitigli dalle autorità in diverse nazioni, giunge dopo vari tentativi alla rilevazione di una correlazione positiva con l’integrazione sociale. Sono l’integrazione sociale del singolo e la coesione interna della società i fattori sociali determinanti per il verificarsi dei suicidi. L’intuizione arrivò osservando come i praticanti della religione protestante fossero più inclini al suicidio proprio perché le caratteristiche peculiari del loro credo fornivano una minore integrazione e coesione sociale ai loro praticanti.

Le tipologie di suicidio

Busto in onore di Durkheim in Francia
Busto in onore di Durkheim in Francia

Nell’opera Durkheim distingue, sulla base dell’integrazione sociale, tre diversi tipi di suicidio.
Suicidio egoistico: è il suicidio descritto nel caso della religione protestante. Fa riferimento alla carenza di integrazione sociale. È particolarmente diffuso nelle società caratterizzate da alto grado di individualismo.
Suicidio altruistico: al contrario, si verifica con un eccesso di integrazione sociale. È tipico nel sacrifico in guerra di un individuo per la propria patria.
Suicidio anomico. Riguarda invece la condizione di “anomia”, dal greco ‘ ‘a-‘ (senza) e ‘nomos’ (norma). Uno strano effetto che rileva Durkheiem riguarda il numero dei suicidi in aumento sia nei periodi di grande benessere che in quelli di depressione economica. Ciò secondo l’autore sarebbe da ricondurre all’assenza di norme e valori condivisi con cui la società tiene a sé i propri membri. È un’incapacità della società di garantire adesione ed integrazione ad un medesimo ordine agli individui che ne fanno parte e quindi di regolarne i bisogni e di dare senso alle loro esistenze.

Oggi diverse scuole, istituti e anche vie sono intitolate in tutto il mondo al francese. Ma Émile Durkheim non è solo il padre della sociologia; rappresenta per tutti un esempio di tenacia, coraggio e intraprendenza: le caratteristiche che contraddistinguono i grandi studiosi che hanno fatto lo storia.

Valerio Adolini

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