Erving Goffman nasce a Manville, in Canada, l’11 giugno 1922. Il principale contributo di Goffman alla teoria sociale è la sua formulazione dell’interazione simbolica nella sua opera La vita quotidiana come rappresentazione (The Presentation of Self in Everyday Life – 1959). Per il sociologo canadese la vita sociale è, appunto, una rappresentazione (si parla infatti di metafora drammaturgica), che i gruppi sociali mettono in scena di fronte ad altri gruppi. La vita sociale si divide così in spazi di palcoscenico e di retroscena, cioè in spazi privati, in cui gli individui non “recitano”, e spazi pubblici in cui inscenano invece una precisa rappresentazione. Naturalmente, il comportamento nel retroscena contraddice il comportamento pubblico: una persona insicura, ad esempio, può assumere in pubblico un atteggiamento spavaldo, e mostrarsi invece vulnerabile soltanto nel suo retroscena (ad esempio in famiglia).

Gruppi di audience e di performance

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La società, sostiene Goffman, si divide in gruppi di audience e di performance (dove ogni individuo, a seconda delle situazioni, appartiene sia a gruppi di audience che a gruppi di performance). Per appartenere ad un gruppo, quindi, bisogna condividere il suo retroscena, che è lo spazio in cui si prepara la rappresentazione pubblica. Condividere il retroscena, però, significa soprattutto conoscere i segreti del gruppo, ossia quelle informazioni che, portate all’esterno, renderebbero poco credibile la rappresentazione. Erving Goffman a tal proposito cita l’esempio dei camerieri in un hotel delle isole Shetland (dove aveva svolto la sua ricerca). Verificando che il gruppo di performance dei camerieri, di fronte al proprio pubblico (ovvero i clienti del ristorante), inscena una rappresentazione, mostrandosi deferente, rispettoso, discreto. Questo accade in uno spazio di “palcoscenico” (cioè dove il pubblico è presente): mentre nello spazio di “retroscena”, (la cucina dell’albergo) nascosto al pubblico, i camerieri hanno un comportamento del tutto diverso, molto più informale e irrispettoso. Se un cameriere raccontasse al pubblico dei clienti i segreti del gruppo – come i camerieri preparano le portate, il modo in cui mangiano o in cui deridono i clienti – il gruppo stesso verrebbe distrutto, perché la sua rappresentazione apparirebbe falsa e non credibile. I segreti devono quindi rimanere all’interno del gruppo: e per questo motivo, il gruppo stesso deve comprendere, per definizione, tutte le persone che sono a conoscenza di questi segreti. Quindi, appartenere ad un gruppo sociale significa soprattutto condividere i suoi segreti, cioè il suo patrimonio di conoscenze. Secondo Goffman, quindi, la vita sociale si fonda sulla demarcazione dei confini tra palcoscenico e retroscena. Il gruppo di audience non deve accedere alle situazioni di retroscena che contraddicono il comportamento pubblico.


Le opere di Erving Goffman in Sociologia

Oltre a La vita quotidiana come rappresentazione, Erving Goffman è stato autore di altre importanti opere. Dopo aver assunto il ruolo di osservatore scientifico all’istituto nazionale di salute mentale a Bethesda, nel Maryland, avviò le ricerche che lo portarono alla stesura di Asylums. Le istituzioni totali: i meccanismi dell’esclusione e della violenza (Asylums: Essays on the Social Situation of Mental Patients and Other Inmates – 1961). Si tratta di un’acuta analisi sull’importanza della struttura sociale nel produrre comportamenti conformati, specialmente all’interno di ambienti che Goffman etichettò come “total institutions” (istituzioni totali), quali gli asili di igiene mentale, le prigioni e i consorzi militari. Da ricordare anche la sua ultima opera, Forme del parlare (Forms of Talk – 1981), in cui prosegue la sua originale metafora del teatro. Erving Goffman muore a Filadelfia il 19 novembre 1982 all’età di 60 anni.

Sociologicamente

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