Esistono molte teorie che definiscono lo stato di persona. È un argomento che si  contraddice continuamente e che in ambito bioetico viene continuamente discusso e dibattuto. Sovente si fa una distinzione tra “vita umana” in senso puramente biologico, e “vita personale” intesa come vita di relazione. In questo modo si opera una indebita distinzione tra essere umano e persona, sostenendo che non tutti gli esseri umani sono persone.

Tra essere umano e persona

Alcuni affermano che un essere è una persona quando è in grado di svolgere delle funzioni, altri sostengono che per essere persona bisogna avere l’autocoscienza, la capacità di riflettere, l’autodeterminazione intersoggettiva. Di conseguenza si potrebbe iniziare e cessare di essere persona, alcuni uomini possono esserlo ed altri no, e persino – in linea di principio – alcuni animali e macchine artificiali potrebbero essere persone. Il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) ha ritenuto di non poter accettare tale concezione di persona, perché introduce discriminazione tra gli esseri umani. Il Comitato ha concluso che essere persona significa possedere la natura razionale, e ciò è proprio di ogni essere umano, anche se si manifesta in tappe evolutive diverse e in certi casi di grado attenuato o addirittura nullo.

Questione di coscienza

Questo dibattito è fortemente sentito in ambito di fecondazione artificiale e aborto. Vi sono correnti che negano che l’embrione sia persona, perché non è ancora in grado di stabilire relazioni interpersonali (Rodotà, 2006). Questa tesi viene dibattuta da altra corrente che smentisce questa tesi, se consideriamo che le attuali conoscenze biologiche-psicologiche-affettive affermano che l’embrione e la mamma instaurano un rapporto sin dall’inizio. Ma le obiezioni di maggior riguardo allo stato di persona si verificano quando si basano sull’idea che non si nasce persona ma lo si diventa, quando matura la coscienza e si cessa di esserlo con la perdita di essa. Alla luce di questa prospettiva anche gli infanti, i disabili mentali, lo stato vegetativo, sono esseri umani ma non persone (Agazzi, 1993). Uno dei rappresentanti più convinti di questa posizione è Peter Tristram Engelhardt che aggiunge che la persona è tale quando è riconosciuta dagli altri, dunque lo stesso neonato – se al momento della nascita ha una famiglia – è persona, mentre se viene abbandonato e nessuno lo accudisce non lo è. C’è poi Singer che afferma che è persona ogni essere cosciente anche se non di specie umana; al contrario, non è persona l’essere che non è cosciente  anche se individuo umano. Quando non c’è coscienza il soggetto non ha alcun valore morale. Così Singer corregge il primo comandamento: “riconosci che il valore della vita umana varia”. Accettare questo comandamento risolve il problema a cui va incontro l’etica della sacralità della vita quando è necessario prendere  decisioni sui pazienti in stato vegetativo permanente o sui bambini anencefalici. Quindi quando esistono decisioni come in questi casi non bisogna affidarsi alla retorica del “tutte le vite sono uguali”, ma valutare altri parametri utili, quali il parere dei familiari e il desiderio espresso dal soggetto.


Uguali diritti

A risposta a questi propositi vi è la posizione che la presenza della coscienza non è sempre verificabile empiricamente. Tutte queste difficoltà hanno condotto alcuni a pensare di eliminare il concetto di persona dal dibattito sulla tutela dell’embrione umano, ritenendo che l’embrione sia un individuo di natura umana per giustificare la sua dignità e inviolabilità. Altri invece ritengono che il concetto di persona sia un punto di riferimento irrinunciabile nel dibattito, perché è il miglior candidato per attribuire all’uomo una dignità inviolabile. Non dovrebbe essere necessario parlare di persona per difendere la vita umana ma essere difesa perché vita. Questa ormai è l’idea della coscienza civile moderna secondo la quale tutti gli esseri umani sono uguali e come tali hanno gli stessi diritti. Guardini scrisse che ciò che distingue l’uomo morale dal barbaro è che il primo ha rispetto delle persone, anche quando le loro capacità sono velate, come negli ammalati mentali. La nozione di persona si collega direttamente a quella della dignità e della libertà personale. Nessuna attività terapeutica può ritenersi valida se rifiutata dalla volontà del paziente. È inviolabile l’autodeterminazione sul proprio corpo e la propria vita. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Il corpo umano è l’immagine migliore dell’anima” ha rivelato Ludwig Wittgenstein nelle ricerche filosofiche. Intendendo per anima umana un’identità metafisica, quella parte che anima la personalità dei corpi umani viventi. Solo nel corpo e per mezzo del corpo capiamo se una persona soffre, se capisce, se è arrabbiata, spaventata, triste o felice. Quando cerchiamo di interpretare una lingua che ci è sconosciuta, dice Wittgenstein, lo facciamo assumendo come sistema di riferimento il modo di comportarsi comune agli uomini.

Umberto Catanzariti

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