Vivendo quotidianamente all’interno di scenari globali complessi, dove il livello d’insicurezza è sempre più elevato, emerge sempre più la necessità di coltivare una buona cultura della comunicazione nei suoi vari aspetti, in particolare in relazione al non verbale e al linguaggio del web, intesa come fondamentale strategia per apprendere ed affrontare il quotidiano.
Primo potere
L’uso irresponsabile e superficiale dei media elettronici e digitali ha portato nel tempo ad una rappresentazione distorta e spettacolarizzata del bene e della giustizia e rafforzato la presenza di fenomeni devianti e di comportamenti violenti nella nostra società, alimentati da mancanza di educazione, controllo di sé, difficoltà nella costruzione di relazioni empatiche, insicurezza e bassa autostima, sovraccarico informativo. La comunicazione si conferma come primo potere (non più il quarto) e proprio per questo, se non esercitato correttamente, può essere anch’esso causa di comportamenti violenti. Lo scontro politico riportato su tutti i media, il 27 ottobre 2015, tra L’Fbi e l’ex-Presidente americano Barack Obama, conferma lo stretto legame tra fenomeno criminale, sicurezza e mass media. Alla domanda di Obama sul perché i crimini fossero in costante aumento negli Stati Uniti, alludendo alla mancanza di responsabilità della polizia, l’ex-direttore del Federal Bureau James Comey dichiarò: “la colpa è soltanto dei media e delle continue indagini avviate nell’ultimo periodo sui poliziotti in quanto hanno pubblicizzato e ridicolizzato le azioni delle stesse forze dell’ordine; quest’ultimi ora, si sentono insicuri nello svolgere i loro compiti, temono di ritrovarsi inaspettatamente su qualche video in rete giudicati da migliaia di utenti”.
Polizia e comunicazione
C’è ancora un distacco troppo evidentemente e un livello di fiducia e di collaborazione troppo basso tra Forze dell’ordine, Istituzioni e cittadini. Per affrontare in modo efficace la criminalità e l’insicurezza, le comunità hanno bisogno di essere consultate e coinvolte maggiormente sui problemi che devono affrontare ogni giorno. Coinvolgere la popolazione rappresenta una sfida complessa e tuttora aperta in termini comunicativi e istituzionali, ma tale atteggiamento di apertura potrebbe portare a una maggiore fiducia nel sistema politico e giudiziario attraverso forme e canali di comunicazione pubblica. La Polizia ha un ruolo fondamentale nella comunicazione con le comunità locali per prevenire e controllare il crimine; a tal proposito il ruolo dei social media e delle tecnologie della comunicazione potrebbero rafforzare e supportare tale compito. Nella maggior parte dei casi le forze dell’ordine si sono unite al dialogo virtuale entrando nel mondo iperconnesso, rendendo pubblici e trasparenti i risultati raggiunti e il programma d’azione investigativo messo in atto contro le varie forme di criminalità.
Reti sociali investigative
La comunicazione pubblica delle forze dell’ordine si rivolge ora, con i linguaggi del web, direttamente all’utente, tenendolo aggiornato e rendendolo partecipe, ma rispettando sempre le procedure tradizionali adottate nei casi di crisi ed emergenza, passando quindi anche per i media tradizionali, organizzando comunicati e conferenze stampa, interagendo con giornalisti e istituzioni. L’interazione tra polizie e pubblici, all’interno dei social, è utile non solo per tenere aggiornato l’utente connesso, ma anche per poter valutare informazioni e materiale multimediale che potrebbe rivelarsi utile nel corso delle indagini: foto, video, post o tweet sospetti, profili falsi; lo stesso utente può servirsi delle nuove tecnologie per segnalare o denunciare in diretta un comportamento deviante o criminale. In realtà, il coinvolgimento della comunità è diventato una componente essenziale per tutte le unità anticrimine per creare una vera e propria rete sociale ed investigativa, che coinvolge direttamente Comuni, Regioni, scuole, servizi sociali, settori pubblici e privati.
Esaltazione della devianza
I professionisti dei media possono contribuire con una narrazione aggiornata e meno spettacolarizzata, controllando le fonti e le pagine social ufficiali di Istituzioni e forze dell’ordine, educando il pubblico in merito alle strategie di prevenzione della criminalità e su come riconoscere i fattori di rischio. Tuttavia i media possono influenzare negativamente in termini di percezione del crimine. La spettacolarizzazione e l’esaltazione di un comportamento violento, il dare poco spazio al racconto delle vittime, un profiling troppo sulla linea hollywodiana e poco realistico di un killer, uno storytelling costruito ad hoc che ripercorre tutte le tappe di una serie di omicidi o attentati, genera paure, sfiducia, egoismi, reazioni istintive. Siamo in un periodo storico in cui comunicazione e sicurezza pubblica necessitano di essere “curate” e intese come “sinonimi” di condivisione e cooperazione, come parte di una nuova cultura della sicurezza a cui dobbiamo educarci.
Scongiurare l’anomia
È impossibile quindi non considerare il legame tra comunicazione e ogni aspetto che rientra nello studio della criminologia, perfino nell’ambito investigativo e della sicurezza. Nella società iperconnessa, con nuovi bisogni, crisi e linguaggi, conoscere e analizzare i fenomeni comunicativi-relazionali è inevitabile e fondamentale per evitare forme di isolamento sociale, affinché gli individui collaborino sempre in tutti i settori per costruire una società migliore e i popoli non si trasformino in “aggregati anonimi”, soli e disorganizzati, altrimenti il vero rischio sarà quello di dar vita a ciò che il sociologo Durkheim definiva “anomia”, un nuovo contesto sociale senza più regole, dove regnano solamente devianza e criminalità.
Giacomo Buoncompagni