Le molteplici pratiche di controllo cui l’attore sociale è immerso e, al contempo, agito, sono state oggetto di analisi del celebre filosofo, sociologo e intellettuale francese Michel Foucault. La decostruzione delle forme di potere, determinanti dell’essere soggetto e oggetto della sovrastruttura capillare cui l’essere umano è panoptichianamente catapultato è il discorso delle argomentazioni foucaultiane.
Foucault: il legame tra corpo e potere politico
Pratiche corporali, di sorveglianza, di normalità/devianza e analisi discorsive dedite ad una destrutturazione delle “genealogie del potere/sapere”, insieme con la ricerca spasmodica di relazioni connaturate alle pratiche di costruzione identitarie del soggetto in divenire; nonché la “volontà di verità” delle perduranti e metastoriche formazioni discorsive delle discipline accademiche, retoricamente definite “scientifiche”; hanno permesso allo studioso di investigare la dimensione intima e reticolare dei più disparati processi di soggettivizzazione dell’Io.
Centrale nell’analisi del filosofo, il legame imprescindibile tra corpo e potere politico, salute e malattia, sesso e sterotipizzazioni di genere, media e potere politico, letteratura e strutture da destrutturare. Il primo Foucault, dedito al paradigma strutturalista, infatti, proponeva una ricerca degli “epistemi” nelle variegate forme sociali e politiche cui l’attore diviene produttore e consumatore.
La svolta paradigmatica, che avvenne con l’arrivo del post-strutturalismo, portò Foucault ad un rinnovamento critico e ad un approccio decostruzionistico e contingente, oltre che metastorico, dei fenomeni da lui investigati.
Le formazioni discorsive
È noto che Foucault avesse una predilezione per le formazioni discorsive di qualsivoglia realtà sociale. Dal concetto di biopolitica, all’analisi del discorso, nella seconda metà del ‘900, il filosofo mostra una nuova configurazione dello sguardo agli attori sociali. La politica e il potere, secondo Foucault, sono pervasivi e presenti sia a livello micro che macro della società.
La capillarità del potere, infatti, è rintracciabile nelle pratiche quotidiane e nelle più alte forme di controllo sociale. Una visione Orwelliana che riprende bene l’idea di Rousseau, in merito all’apparente stato di affrancamento dal potere, di cui l’uomo diviene protagonista.
Una geopolitica dei corpi e delle rappresentazioni della realtà, fanno sì che il filosofo aderisca ad una concezione post-linguistica, olistica e non lineare del tempo e della storia.
Le istituzioni
Le istituzioni, diceva Foucault, determinano un sistema di controllo sociale tale da determinare chi sia normale e chi abbia il diritto di modificare il proprio commento in un’opera, ponendo in evidenza la capillarità del controllo disciplinare attuato dalla letteratura canonica; inserendo le argomentazioni letterarie all’interno di quei regimi che pretendono “volontà di verità”:
La volontà di verità, come gli altri sistemi di esclusione, poggia su di un supporto istituzionale: essa è rinforzata, e riconfermata insieme,da tutto uno spessore di pratiche come la pedagogia, certo, come il sistema dei libri, dell’editoria, delle biblioteche, come gli articoli eruditi di una volta, i laboratori di oggi. Ma essa è anche riconfermata dal modo in cui il sapere è messo in opera in una società, dal modo in cui è valorizzato, distribuito e ripartito, e in un certo qual modo attribuito. […] La volontà di verità tenda ad esercitare sugli altri discorsi una sorta di pressione e quasi un potere di costrizione (L’ordine del discorso, Piccola Bibiloteca Einaudi, 2004, Torino, p. 9).
Foucault: potere e istituzionalizzazione della follia
L’uomo è soggetto al potere, ma non per questo remissivo o non agentivo, dirà in seguito il filosofo; ma tra le molteplici forme di potere/sapere ci sono anche le tecnologie e le argomentazioni di certe correnti di pensiero, che hanno una concezione monadica e solipsistica della realtà e dell’individuo.
Un filosofo politico – di ispirazione dichiaratamente Nietzscheana (vedi il concetto di morte dell’autore) – e dedito al paradigma secondo cui l’identità di un soggetto sia plurale e in continuo divenire e non già statica e naturalmente determinata, Foucault fu un pioniere assoluto del pensiero critico filosofico e intellettuale Occidentale.
Tra i processi di soggettivizzazione dell’Altro Foucault annovera le pratiche dell’istituzionalizzazione della follia. Nel celebre testo, archetipo della contro-narrazione ideologica del tempo: “Storia della follia in età classica”, secondo il filosofo, i processi di interdizione del soggetto, passano attraverso pratiche, dapprima religiose e ideologiche (cattolicesimo-confessione), e, in seguito, dai discorsi scientifici. Investigare e decostruire i processi di riconfigurazione identitaria messi in atto dalla Psichiatria sono l’oggetto della disamina filosofica di cui sopra.
Chi stabilisce cosa sia la follia? Viene in mente Ersamo da Rotterdam, ma anche le moderne disquisizioni circa il potere di quelle Scienze ostentative e deterministiche di una certa oggettività impermeabile e inconfutabile.
Il potere è presente ovunque
La dimensione sociale e politica permea qualsivoglia discorso o pratica sociale, asseriva Foucault, nei discorsi (gratuiti e accessibili a tutti) tenuti al Collége de France, insieme alla concezione panoptichiana della realtà, derivata dal pensiero di J. Bentham. Tutto ci controlla, tutto ci manipola, tutto è potere e politica.
Un pensiero lungimirante per il filosofo post-moderno, che decreterà le sorti di una nuova filosofia politica e alla quale aderiscono molti studiosi e accademici filosofici contemporanei, nonché sociologici, antropologi e umanisti in generale. Ma quali sono i “soggetti al potere” di oggi? Quanto è attuale la disquisizione foucaultiana nel contesto odierno?
Gli ucraini vittima di una guerra al potere perdurante e, particolarmente, bellicosa, che muove i passi tra politica di conquista e nostalgie strutturali di un tempo anacronistico ed evocativo di regimi governativi e confini territoriali trascorsi e metastorici; gli anziani allocati nelle R.S.A. medicalizzati per una banale sintomatologia; gli omosessuali, gli apolitici e gli autori di testi piegati al volere politico del tempo; gli ingenui che disconoscono la natura politica dei fenomeni sociali.
La generazione “z” che sbeffeggia i millennium/boomer per un puritanesimo linguistico e per una concezione “foucaultiana” delle tecnologie; nonché le icone del mondo dello spettacolo, che credono di essere riferimenti, ma sono solo lo specchio di questa costruzione sociale; infine, i leoni da tastiera che bullizzano il prossimo, credendo di portare avanti una buona causa e distruggono la stima dei meno reattivi alle pratiche di controllo sociale; ultimi, ma non per questo meno importanti, i followers delle celebrità, che aderiscono a modelli di consumo ostentativo e identità digitali sempre più effimere e liquide. Se il potere è presente ovunque, per parafrasare Foucault, è bene configurare lo sguardo criticamente e decentrarlo dai molteplici regimi scopici cui è immerso.
Valeria Salanitro