Se Émile Durkheim è stato il primo autore a istituire e a dare spessore alla disciplina sociologica nel mondo accademico, dobbiamo invece il suo arrivo e diffusione in Italia a Franco Ferrarotti, ad oggi uno dei sociologi italiani più noti e tradotti all’estero. Nato nel 1926 nel piccolo paesino piemontese di Palazzolo Vercellese, si salvò dai lavori di campagna poiché di salute cagionevole, come lui stesso racconta. Cosi, fin da piccolo, rimanendo a casa sviluppa una grande passione per la cultura e il sapere. “I classici della letteratura e della filosofia erano per me romanzi d’avventura” afferma. Da Sanremo, dove si trasferì in adolescenza, si recava spesso a Nizza per leggere i grandi autori e le importanti opere della sociologia, poiché in Italia ancora non si trovava questo tipo di letteratura.

Nel 1949 si laureò in filosofia all’università di Torino dove durante il suo percorso, oltre a personalità come Calvino e Pavese, conosce e collabora con il grande Nicola Abbagnano con cui nel 1951 fonderà “Quaderni di sociologia“, la prima rivista di sociologia in Italia, di cui assume la carica di direttore. Negli stessi anni ha una aspra e forte conflittualità con Benedetto Croce riguardo la validità conoscitiva delle scienze sociali di cui sosteneva, al contrario del filosofo, la scientificità e l’importanza di tale sapere. A partire dal 1951 lavora con Adriano Olivetti. Per vari motivi parte quindi alla volta dell’America. Negli USA incontra altri importanti autori della sociologia come Herbert Blumer e Edward Shils trascorrendo un periodo molto fecondo di idee, esperienze e studi tra Chicago e New York.
La nascita della sociologia

Tornato in Italia inizia a tenere i primi corsi di sociologia e servizio sociale, i quali però non erano ancora pienamente riconosciuti a livello accademico e inoltre dovevano essere rinnovati periodicamente ogni anno. Nel 1961 ottiene la prima cattedra di sociologia messa a concorso presso l’Università “La Sapienza” di Roma. La sociologia entra così a pieno titolo nelle scienze e negli insegnamenti riconosciuti in Italia a livello accademico. Soltanto un anno dopo contribuisce alla nascita di un’altra importante facoltà di sociologia, oggi una tra le più rinomate in Italia, all’Università di Trento, dove gli venne affidata la sua seconda cattedra. Autore poliedrico ed eclettico, si è interessato a varie tematiche ed argomenti, dal mercato del lavoro alle religioni, dalla società post-industriale al potere e alla sua gestione, fino alle marginalità sociali e alle migrazioni. Franco Ferrarotti è stato inoltre in grado di mettere insieme sia l’impostazione teorica che il lavoro sul campo. Viaggiando per l’Europa e il resto del mondo ha studiato e collaborato nelle istituzioni universitarie più blasonate, lavorando a stretto contatto con i grandi nomi della sociologia tra cui anche Zygmunt Bauman. Nelle sue opere e nelle sue parole possiamo ritrovare tutta la passione e l’amore verso la sociologia, oltre che la grande capacita di coinvolgere e stupire che lo contraddistingue. È attualmente professore emerito della Sapienza e Presidente onorario dell’Associazione Nazionale Sociologi.
Il pensiero del Decano

Impossibile da delimitare dentro campi finiti e definiti gli ampi interessi e le grandi inchieste del Decano. In generale ha saputo sempre cogliere e descrivere i cambiamenti dell’Italia e della società contemporanea, dall’industrializzazione fino al presente post-moderno. Sia con approcci quantitativi che qualitativi (tra i primi anche ad adottare quest’ultima metodologia in Italia) ha parlato delle trasformazioni della città e della periferia di Roma ne “Roma da capitale a periferia” e “Vite di baraccati. Contributo alla sociologia della marginalità“, portando spesso anche i suoi studenti a osservare con i propri occhi le realtà della periferia urbana romana. Nel 1977 in “Giovani e droga” ha trattato di quello che è un fenomeno ormai comune a tutte le classi sociali. Ha addirittura affrontato per primo i temi dell’immigrazione e dello scambio culturale in Italia nei suoi libri “La convivenza delle culture“, “Oltre il razzismo” e ancora in “L’enigma di Alessandro. Incontro fra culture e progresso civile“. Ha scritto tanto Ferrarotti a partite da quelle prime opere e inchieste sociologiche degli anni ‘50 che hanno aperto la strada alla sociologia in Italia fino alle ultimissime sulla globalizzazione, la rivoluzione digitale a addirittura riguardo alla musica. Noi gli saremo sempre riconoscenti per aver portato e istituito in Italia una disciplina che purtroppo ancora attende di ricevere il riconoscimento che merita.
Valerio Adolini