Con l’inizio del 2024, come ogni principio d’anno nuovo, risuona ai telegiornali il bollettino dei feriti da prodotti pirotecnici: Il numero complessivo è di 274, di cui 262 da fuochi d’artificio e 12 dovuti all’uso di armi da fuoco. I dati evidenziano un aumento dei feriti del 52% rispetto allo scorso anno [fonte: Polizia di Stato].

Cosa spinge, pur conoscendone bene i potenziali rischi, tantissime persone ancora a farne uso? Che origine ha l’utilizzo dei prodotti pirotecnici associati ai festeggiamenti? Quale significato culturale e sociale possiedono?

Storia dei fuochi pirotecnici

L’arte della pirotecnica nasce in Cina intorno all’anno 1000 a seguito della scoperta della polvere da sparo. Il primo utilizzo che se ne fece fu per scopi militari. Testimonianze relative ad un primo utilizzo puramente spettacolare delle polveri risalgono al Basso Medioevo (XIII – XV secolo), quando cominciarono ad essere utilizzate per accompagnare rappresentazioni teatrali sacre.

In Europa il fenomeno si diffuse lentamente: le prime fabbriche di fuochi a scopo di spettacolo nacquero in Germania a partire dal 1340. Solo tra il XVII e XVIII secolo le feste popolari e gli avvenimenti importanti in Europa cominciarono ad essere abbelliti da spettacoli pirotecnici. L’introduzione del clorato di potassio (sostanza per ottenere fuochi colorati) avvenne soltanto alla fine del 1700.

Oggi, i fuochi pirotecnici vengono impiegati in tutto il mondo per intrattenimento, eventi e feste.  Normalmente producono quattro effetti primari: luce, rumore, fumo e materiale solido in combustione che cade lentamente (coriandoli o striscioline). è soprattutto per l’effetto visivo/sonoro che generano che hanno ottenuto negli anni questa massiccia diffusione.

Ma come si è creato il legame quasi imprescindibile con le feste di Capodanno?

Il Capodanno come rito di passaggio

Iniziamo col dire che la vita individuale, in qualsiasi tipo di società, è caratterizzata da passaggi. Il passaggio avviene da un’età all’altra, da una scuola ad un’altra, da un lavoro ad un altro, da uno stato civile ad un altro. Ciascuna di queste tappe è accompagnata da cerimonie specifiche il cui oggetto è tuttavia identico: far passare un individuo da una determinata situazione ad un’altra altrettanto determinata. Da qui deriva la rassomiglianza tra le cerimonie legate a nascita, fidanzamento, matrimonio, gravidanza, morte eccetera. L’essere umano tende inoltre a collegare i passaggi della vita umana a quelli dell’universo circostante, celebrando quindi il passaggio da un mese all’altro, da una stagione all’altra, da un anno all’altro.

Arnold Van Gennep sociologicamente
Arnold Van Gennep

Questi ultimi vengono classificati da A. Van Gennep (1909) come riti di passaggio cosmici, quindi:

  • passaggio dalla notte al giorno
  • passaggio alla nuova fase lunare
  • passaggio alla nuova stagione
  • passaggio al nuovo anno

Riti come questi possono essere definiti riti collettivi, che si differenziano appunto da quelli individuali. I riti collettivi servono alla comunità per entrare in una nuova fase collettiva della vita. Questi rituali possono essere caratterizzati da maschere, canti, musiche, purificazioni. Nella tradizione europea prendono il nome di folklore e si concentrano in momenti cruciali dell’anno, come appunto il passaggio all’anno nuovo, o Capodanno.

La definizione di capodanno

Il passaggio al nuovo anno viene comunemente detto Capodanno (da “capo d’anno”). è una festa osservata nella maggior parte del mondo il primo gennaio, primo giorno dell’anno nel moderno calendario gregoriano. Secondo tale calendario, il 31 dicembre segna la fine di un periodo. Nei paesi cristiani il 1 gennaio è una festa religiosa: liturgicamente si celebra Solennità della Madre di Dio e la Circoncisione di Gesù. Nella notte di passaggio tra il 31 dicembre e il 1 gennaio si festeggia con il veglione di Capodanno. In occasione di questa celebrazione in molte città del mondo si sparano i tradizionali fuochi d’artificio.

La prima ora del nuovo anno si manifesta infatti con l’esplosione di petardi e fuochi. Parallelamente di solito avviene un ricambio di auguri tra chi si incontra per strada, si fanno doni ai congiunti, ai familiari ed agli amici. Molti considerano il Capodanno come un’occasione per fare buoni propositi per il nuovo anno o per riepilogare quello che è avvenuto nel precedente. La tradizione italiana prevede una serie di rituali scaramantici per il primo dell’anno che possono essere rispettati più o meno strettamente come quello di vestire biancheria intima di colore rosso o di gettare dalla finestra oggetti vecchi o inutilizzati (quest’ultima usanza è stata quasi completamente abbandonata). Le lenticchie vengono mangiate a cena il 31 dicembre come auspicio di ricchezza per l’anno nuovo.

Perchè si usano i fuochi d’artificio?

L’accensione di fuochi d’artificio a Capodanno è una costante di festeggiamenti in tutto il mondo, come anche l’esplosione di botti o petardi. Nel periodo di Capodanno, in generale, il mondo è immerso in una coltre di rumori: campanacci, grida delle maschere, musica. La caratteristica di questa festa pare essere proprio il baccano, il frastuono, il rumore assordante. Origini profonde esistono alla base di questi suoni e rumori che vengono prodotti durante questa fase dell’anno.

La produzione di rumore viene solitamente effettuata nei momenti di passaggio, come scriveva e dimostrava l’antropologo Rodney Needham (1979). Per lui i suoni risultano funzionali ad accompagnare la comunicazione col mondo ultraterreno e vengono quindi prodotti soprattutto proprio durante i rituali di passaggio.

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Quasi sempre, gli elementi fissi di questo riti sono il fuoco, la luce e il rumore. Falò e lampade accese avevano in passato la funzione di illuminare il cammino dell’anno che entrava. L’uso delle percussioni poteva essere invece un rituale che serviva a scacciare gli spiriti maligni.

E, in effetti, quale suono più percussivo di una serie incessante di scoppi e quale momento più rappresentativo del passaggio del Capodanno?

La percezione del rischio dei fuochi d’artificio

Scoppi, botti e petardi sono la naturale colonna sonora di molti avvenimenti, soprattutto di carattere popolare. Hanno il vantaggio di offrire a sensazioni e sentimenti una dimensione “tangibile” perché sonora. è noto però lo strettissimo legame che c’è tra l’utilizzo del fuoco e il potenziale pericolo a cui si va incontro: chiunque, facendo scoppiare un petardo o maneggiando fuochi pirotecnici, è a conoscenza dei rischi (lievi e non) a cui incorre.

Per spiegare tale fenomeno ci serviamo del concetto di percezione del rischio, processo di cognizione noto in psicologia che riguarda molte attività quotidiane dell’uomo. Tale percezione influenza le decisioni ed i comportamenti delle persone in base ai potenziali rischi oggettivi e soggettivi. Valutare un rischio significa ipotizzarne le conseguenze. Per classificare le diverse tipologie di rischio, una delle classificazioni maggiormente utilizzate in Italia è quella di Savadori (1998) che fa riferimento a:

  • controllo personale del rischio
  • volontarietà del rischio
  • gravità delle conseguenze
  • novità
  • osservabilità
  • conoscenza del rischio
  • esposizione personale/collettiva

Uno degli approcci al rischio si preoccupa del significato delle attività svolte dagli individui nella loro vita personale o nel loro tempo libero. Spinti dal desiderio di vivere intensamente, di ricercare la dimensione della performance, gli individui mettono in gioco la propria integrità (nonché la propria stessa vita) in diversi modi. Le imprudenze rappresentano una di queste modalità, figurando come un’esposizione volontaria al rischio. Per ricorrere alla classificazione di Salvatori si potrebbe dire che nell’utilizzo di scoppi, botti e petardi vi è la dimensione della volontarietà e quindi della scelta, nonché il desiderio di performance e di spettacolarizzazione.

Le pratiche degli spari di Capodanno, già di per sé potenzialmente rischiose, talvolta si intersecano con vere e proprie “prove di coraggio”: saltare sui fuochi dopo avervi gettato dentro i botti, trattenere in mano i petardi più piccoli fino a poco prima dell’esplosione finale, lanciare i fuochi addosso agli amici per verificare se ne hanno o meno paura. Azioni come queste rasentano la legalità andando incontro a fenomeni sociali ben più complessi da analizzare. In alcuni quartieri popolari gli spari rappresentano una liturgia annuale che si esaspera in contesti di frastuono collettivo come, appunto, il Capodanno. In queste azioni vi è un’aggressività repressa immersa nella deprivazione culturale e sociale.

Fuochi d’artificio e la performance del capodanno

La pirotecnica, abbiamo visto, ha origini antichissime. Da circa settecento anni i fuochi vengono impiegati per celebrare eventi privati e pubblici ed hanno negli anni creato un legame quasi imprescindibile con i festeggiamenti di Capodanno. Il Capodanno, come tutti i momenti di passaggio individuali e collettivi, ha bisogno di riti che a loro volta hanno bisogno di suoni, rumori, luci e fuochi per essere celebrati. I riti come il Capodanno, che vengono accompagnati dall’esasperazione di luci e rumori, contemplano bene la possibilità di rischio e pericolo ad essi associati, e anzi le accolgono come elemento performativo, di spettacolarizzazione e di desiderio di azioni estreme, di un’esistenza degna di essere vissuta, anche mettendo in gioco la propria stessa vita.

Martina Mancini

Bibliografia

  • Izzo Attilio, Pirotecnica e fuochi artificiali, 1950
  • Arnold Van Gennep, I riti di passaggio, 1909
  • Aristide Pecchio, Natale, capodanno, epifania: usi e leggende, Milano, Tipografia Lamperti di G. Rozza, 1885
  • Corvino Claudio, Napoli come non l’avete mai vista, 2019
  • Andrea Salvatore Antonio Barbieri, ‎Emiliana Mangone, Il rischio tra fascinazione e precauzione, 2015
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