Le dimissioni volontarie dal proprio posto di lavoro alla ricerca di alternative più appaganti sembrano rappresentare una tendenza in continua espansione non solo negli Stati Uniti, ma anche nel territorio europeo. Molti studiosi collegano la volontà di cambiamento alle conseguenze dell’emergenza pandemica da Covid-19, ma potrebbe essere necessario uno sguardo più ampio sul fenomeno per osservarlo in modo più approfondito. Parliamo dunque di Great Resignation.
Il fenomeno della “Great Resignation”
“Great Resignation” è il termine che Anthony Klotz (2021), psicologo e professore della Texas A&M University, ha individuato per descrivere il numero crescente di dimissioni volontarie da un posto di lavoro a seguito della pandemia da Covid-19.

Questo fenomeno è stato osservato per la prima volta negli Stati Uniti dove, nel corso del 2021, più di 47 milioni di dipendenti hanno lasciato volontariamente il proprio luogo di lavoro (Bureau of Labour Statistics, 2021). Tuttavia, in seguito, anche in alcuni paesi europei è stata osservata la stessa tendenza.
Secondo i dati del Ministero del Lavoro (2022), in Italia le persone che hanno scelto di lasciare volontariamente il proprio impiego nel 2021 sono circa 2 milioni, ovvero il 18% delle cessazioni dei contratti di lavoro totali. Inoltre, le dimissioni volontarie registrate nei primi nove mesi del 2022 coinvolgono oltre 1.6 milioni di lavoratori, il 22% in più rispetto allo stesso periodo del 2021.
Stress psicologico
Nonostante, come sostenuto da Klotz, la “Great Resignation” possa essere associata al protrarsi delle situazioni di forte disagio legate alle politiche di distanziamento sociale, tra cui stress psicologico e burnout, i dati non bastano a sostenere che sia stata solo la crisi sanitaria a giocare un ruolo decisivo nella diffusione delle dimissioni. Ciò che è evidente, invece, è come per molti lavoratori il periodo post-pandemico sia stato un momento di riflessione rispetto ad alcune criticità legate alla propria vita lavorativa.
I dati di un’indagine svolta da Bankrate (2022) negli Stati Uniti mostrano come la volontà di cambiamento emerga soprattutto dall’insoddisfazione rispetto ad aspetti specifici del proprio impiego. I dipendenti, più consapevoli delle loro necessità, sembrano richiedere maggiore flessibilità nell’organizzazione del lavoro, una retribuzione più elevata, la possibilità di lavorare a distanza e una maggiore sicurezza lavorativa.
Oltre le conseguenze della pandemia
L’esigenza di ottenere una maggiore qualità del lavoro, anche attraverso un più alto equilibrio tra vita lavorativa e privata, pare essere legata non solo alle conseguenze della pandemia, ma si inserisce in un contesto più ampio che vale la pena approfondire prendendo in considerazione ulteriori aspetti. Già nel 2010 Richard Florida nel suo testo The Rise of the Creative Class teorizzava la presenza di una nuova classe sociale, “the creative specialists”, le cui scelte di carriera erano influenzate da alcuni valori specifici come la flessibilità, l’apprendimento continuo e il work-life balance.
È possibile, quindi, che il fenomeno delle grandi dimissioni sia legato a molteplici cause, oltre che alle conseguenze della crisi sanitaria. Tra i fattori è sicuramente presente quello generazionale, uno studio del sociologo Ronald Inglehart (2005) ha mostrato come le generazioni cresciute nel benessere siano meno disposte a fare compromessi e a sacrificare la loro autonomia individuale per motivi di sicurezza economica. La sicurezza lavorativa viene data per scontata, i valori e l’auto-realizzazione diventano i veri driver che guidano le loro scelte di carriera.
Le grandi dimissioni e la società del rischio
Per osservare la “Great Resignation” non è possibile, inoltre, prescindere dai cambiamenti culturali e sociali che hanno trasformato profondamente la società moderna, quella che il sociologo tedesco Ulrich Beck (1986) definisce la società del rischio. Secondo la teoria di Beck, nella società attuale accresce la consapevolezza dell’esposizione ai rischi globali, ma viene meno la capacità di prevederli, quantificarli e soprattutto farne fronte.
L’aspettativa che le istituzioni tradizionali siano in grado di controllare il rischio collassa insieme ai concetti di “certezza” e “razionalità”. Non sono i rischi in sé, come il cambiamento climatico, le malattie contagiose, le crisi economiche e le minacce terroristiche ad enfatizzare la sensazione di vivere in un contesto “fuori controllo”, ma la crescente consapevolezza di vivere in un mondo interconnesso dove ogni decisione può scatenare effetti imprevedibili e incontrollabili.
A causa della perdita del potere normativo delle istituzioni, nel mondo contemporaneo l’individuo è investito di nuove responsabilità. Da un lato l’uomo vive le condizioni di incertezza e smarrimento tipiche di un mondo globalizzato, dall’altro sperimenta la propria emancipazione tramite la liberazione dalle tradizionali costrizioni.
Great Resignation e l’ambivalenza del rischio
Il rischio diviene, quindi, un concetto ambivalente e la sua accettabilità dipende dalla possibilità di riceverne anche dei vantaggi. Tornando al mondo del lavoro, la precarizzazione e la de-standardizzazione dell’occupazione ha sia condotto le persone a sperimentare una continua condizione di incertezza, sia fornito al lavoratore la possibilità di divenire libero delle tradizionali idee di posto fisso e ricompensa monetaria.
Le grandi dimissioni sono accettazione del rischio, ma anche possibilità di costruire un nuovo paradigma individuale, all’interno del quale è l’individuo stesso a costruire la propria “area di sicurezza”, determinando quali sono i criteri e le regole a cui è disposto a sottostare per accettare un nuovo impiego.
Maggiore flessibilità, lavoro a distanza, formazione continua, trasparenza nel sistema di retribuzione diverranno gli elementi da cui le aziende non possono più prescindere per trattenere le proprie persone e attrarre nuovi lavoratori?
Amanda Simonato
- Beck, U. (2000). La società del rischio: verso una seconda modernità.
- Moon, Y., O’Brien, K. E., & Mann, K. J. (2023). “The role of extraversion in the Great Resignation: A burnout-quitting process during the pandemic. Personality and Individual Differences”, 205, 112074. https://doi.org/10.1016/j.paid.2022.112074
- Kuzior, A., Kettler, K., & Rąb, Ł. (2022). “Great Resignation—Ethical, Cultural, Relational, and Personal Dimensions of Generation Y and Z Employees’ Engagement”. Sustainability, 14(11), 6764. https://doi.org/10.3390/su14116764
- Lavoro, la grande fuga: 1,6 milioni di dimissioni in 9 mesi – Il Sole 24 ORE