Abbiamo già visto come negli Stati Uniti siano nate scuole sociologiche volte all’analisi delle problematiche specifiche e alla loro soluzione, come la sociologia clinica, grazie anche alla composizione multietnica che ha contraddistinto il continente nordamericano. In questa prospettiva si pone anche il contributo di Harold Garfinkel che fonda alla metà del secolo scorso un insieme di teorie e metodi di analisi chiamati etnometodologia. “Etno” indica l’importanza attribuita alla componente di identità culturale, non riferita esclusivamente alla derivazione geografica e alla cittadinanza di origine degli immigrati, ma come l’appartenenza a settori, aree o gruppi i cui membri condividono valori, modelli comportamentali, culturali e semantici.
Una nuova sociologia
La formazione di Garfinkel fu influenzata dallo strutturalismo di Talcott Parsons e dalla fenomenologia, in particolar modo nella sua versione sociologica ad opera di Alfred Schütz. Specialmente quest’ultimo fornisce gli elementi essenziali di una nuova sociologia lontana dalle descrizioni dei quantitativisti ma mai ridotta a individualismo metodologico, più attenta all’interazione, alla comunicazione e al contesto socio-culturale. Nelle parole di Harold Garfinkel, l’etnometodologia è descritta come la branca delle scienze del comportamento che “cerca di considerare le attività pratiche, le circostanze pratiche e il ragionamento sociologico pratico come argomenti di indagine empirica e, attribuendo alle attività più ordinarie della vita quotidiana l’attenzione generalmente accordata agli eventi straordinari, cerca di apprendere qualcosa su tali attività come fenomeni degni di studio in quanto tali” (“Che cos’è l’etnometodologia?” in Etnometodologia di Giglioli e dal Lago, Ed. il Mulino. Bologna 1983).
Significati differenti a stesse affermazioni
L’etnometodologia pone l’accento sull’analisi del linguaggio e del significato della comunicazione che deve essere analizzata in base al contesto specifico di cui il dialogante fa parte. Diversi contesti o gruppi attribuiscono significati differenti a identiche affermazioni. Le azioni sociali, in quanto atti comunicativi (cfr. Max Weber e Talcott Parsons), devono essere analizzate secondo lo stesso schema. In questa prospettiva, il significato di una locuzione o di un comportamento è quello condiviso dallo stesso attore o soggetto (o membro, nel linguaggio di Garfinkel) con la comunità di cui fa parte e non può essere interpretato alla luce di modelli culturali e comunicativi esterni alla stessa comunità. I suoi appartenenti, quindi, osservano se stessi e l’un l’altro condividendo il significato delle loro azioni/comunicazioni. “Le attività per mezzo delle quali i membri della società producono e gestiscono situazioni organizzate di rapporti quotidiani sono identiche ai procedimenti usati dai membri per renderle spiegabili (accountable)“, osservano Giglioli e dal Lago nel loro saggio “Etnometodologia” (op. cit.).
Indicatività e riflessività
L’etnometodologia risponde al criterio dell’indifferenza (indifference): come l’avalutatività, essa impedisce allo scienziato sociale di pre-strutturare l’analisi in base a valori o giudizi personali, probabilmente estranei al contesto in esame e che ostacolerebbero il lavoro. Ogni azione/comunicazione risponde a due fondamentali requisiti e deve essere interpretata in base ad essi: essa ha senso in base al contesto e in questo senso va considerata, e il contesto è il gruppo di cui l’attore/comunicatore è membro. Questo requisito è chiamato indicatività (indexicality), termine derivato dalla semiotica. Strettamente collegato ad esso è il secondo requisito, la riflessività (reflexivity), secondo cui gli attori/comunicatori attribuiscono un senso al loro agire o dialogare sulla base del proprio essere membri e portatori di un determinato orizzonte interpretativo. Le azioni e i messaggi non possono quindi essere slegate dal loro senso e dal contesto inteso come insieme di significati attribuiti alle locuzioni e alle azioni.
Una prospettiva attuale
Allo scopo di far emergere gli schemi e le norme sottese nel linguaggio e nelle azioni, Garfinkel ideò esperimenti di destabilizzazione: durante i suoi corsi modificava improvvisamente il linguaggio o metteva in pratica azioni e comportamenti fuori contesto. Per mezzo di queste operazioni di “rottura”, gli studenti comprendevano il senso degli assunti dell’etnometodologia. Le dinamiche e le mutazioni a cui sta andando incontro il continente Europeo e l’intero nostro pianeta con i fenomeni della globalizzazione, con l’interattività e i molti cambiamenti ad essi collegati rendono questa prospettiva più attuale che mai per la sua capacità di cogliere il senso della comunicazione in una prospettiva sociologica e antropologica, per l’attenzione ai contesti specifici e alle modalità di interazione, e per la sua particolare attenzione al soggetto e ai gruppi intesi nel loro essere attivi e capaci di dotare di senso, comprendere ed esprimere, muovendosi liberamente e volontariamente ma sempre e solo in relazione alle norme del gruppo di riferimento.
Barbara Lattanzi