Herbert George Blumer nasce a Saint Louis il 7 marzo 1900. Formalizzatore della corrente dell’interazionismo simbolico, Herbert Blumer viene ricordato anche per la sua critica negativa delle ricerche sociali positivistiche. Era del parere che i metodi positivistici applicati alla ricerca sociale non portassero ad alcun risultato, nella misura in cui ignoravano totalmente il processo di interazione e di formazione del senso. Parimenti, fu estremamente critico nei confronti della metodologia quantitativa. Sempre fedele alla logica interazionistica, Blumer indica la strada da intraprendere per la ricerca sociale, legandola strettamente al punto di vista del soggetto studiato e ad una metodologia flessibile, capace di correggersi in itinere e di utilizzare gli strumenti qualitativi più disparati: storie di vita, lettere, osservazione partecipante. Dopo la laurea conseguita nel 1922, rimase a lavorare nell’università del Missouri come insegnante, ma nel 1925 si trasferì all’università di Chicago, dove poté seguire le lezioni di George Herbert Mead, del quale riprese le teorie sulla socialità del sé per rielaborarle sistematicamente in quella che divenne la corrente dell’interazionismo simbolico. Benché infatti sia stato proprio Blumer a concepire il termine interazionismo simbolico nel 1937, il primissimo sviluppo di questo approccio teorico all’analisi sociale è largamente accreditato al lavoro di Mead durante la sua attività presso l’università di Chicago.
La nascita dell’interazionismo simbolico

Premesso che il comportamento sociale dell’uomo si esprime fondamentalmente per simboli, già nella coscienza dell’individuo (soggetto) l’io forma tanto il ‘sé’ quanto gli ‘altri’ (oggetto). Blumer credeva che la società fosse creata dagli individui con le loro interazioni sociali. Ne consegue che quella realtà sociale esiste solo nel contesto dell’esperienza umana. Secondo tale teoria, l’interazione fra individui è basata su azioni autonome orientate secondo il significato soggettivo che gli attori attribuiscono agli oggetti sociali, ovvero i simboli. Quindi gli attori individuali regolano il loro comportamento basandolo sul significato da loro attribuito ad oggetti e simboli. Cardini della teoria blumeriana sono dunque: 1) il significato, per cui l’uomo agisce nei confronti del prossimo in base all’attribuzione che ne ha dato; 2) il linguaggio, strumento che consente di identificare e negoziare il significato mediante dei simboli; 3) il pensiero, conversazione mentale o dialogo che modifica l’interpretazione individuale dei simboli facendo assumere un ruolo o immaginare differenti punti di vista. Herbert Blumer presentò i suoi articoli sull’interazionismo simbolico in un unico volume nel quale concettualizzò l’interazionismo in tre punti principali:
– Gli individui agiscono sulle cose (inclusi gli altri individui) secondo il significato che ad esse attribuiscono loro.
– I significati sono costruiti riflessivamente, interpretati soggettivamente ed originano dalle interazioni con gli altri.
– I significati sono trattati e modificati lungo un processo interpretativo usato dalla persona nel rapporto con le cose che incontra.
Il legame con William Thomas

Blumer teorizzò che il processo con il quale gli individui definiscono il senso degli oggetti sia continuo e composto essenzialmente di due momenti: 1) l’identificazione degli oggetti a partire dall’interpretazione del contesto (con riferimento al Teorema di Thomas) in cui li si incontra; 2) la riflessione dell’individuo con se stesso riguardo a ciò che ha osservato. Gli individui usano le loro interpretazioni personali dell’altro per predire l’esito di alcuni comportamenti, ed usa queste intuizioni per orientare il proprio comportamento, nella speranza di raggiungere i propri obiettivi.
Nel 1939 Blumer pubblica un libro nel quale critica l’opera monografica di Thomas e Znaniecki The Polish peasant in Europe and America. Blumer affermava che Thomas e Znaniecki avevano fatto confusione fra “atteggiamento” e “valore”, dal momento che usavano i due termini in maniera intercambiabile, rendendo la loro teoria inaffidabile. Lo stesso Thomas, a vent’anni dalla pubblicazione della sua opera più famosa, dovette convenire con le critiche di Blumer.
Altri contributi di Herbert Blumer
Ad Herbert Blumer si deve un approfondimento del concetto di massa, che molto ha influito sulla teoria della comunicazione. Nel discostarsi sia dalla ‘folla’ di Le Bon (1895) sia dall’opposizione tra ‘folla’ e ‘pubblico’ di Tarde (1901), Blumer distingue la massa, che definisce “composizione eterogenea di individui anonimi tra i quali c’è interazione ma poca organizzazione”, dal pubblico, qualificato come “gruppo di persone che affrontano un problema, mentalmente divise circa la soluzione, ma accomunate dall’apertura di un dibattito in vista della stessa” (1946). Come in Tarde, anche per Blumer soltanto nel ‘pubblico’ figurano caratteristiche utili alla formazione di un’opinione pubblica. Herbert Blumer muore il 13 aprile 1987, all’età di 87 anni.
Sociologicamente.it