Il Giappone non è solo terra di ciliegi in fiore, samurai e cartoni animati. È purtroppo anche terra di disastri nucleari e conseguenti radiazioni. Molti anni prima del disastro di Fukushima – causato da un sisma di magnitudo 9,0 con epicentro in mare e con successivo tsunami, che è tutt’oggi il più potente mai misurato in Giappone e il settimo a livello mondiale – si sono infatti verificati altri incidenti nucleari che hanno totalmente destabilizzato il Paese del Sol Levante. Caso ha voluto che i due incidenti nucleari più gravi della storia giapponese prima di Fukushima si siano verificati nella stessa città, Tokaimura, un piccolo villaggio situato 130 km a Nord-Est di Tokio.

Tokaimura in ginocchio

Il primo disastro avvenne l’11 marzo 1997, dove una piccola esplosione avvenuta in un impianto di Donen espose circa 40 lavoratori alla radioattività. Nessun morto, per fortuna, ma conseguenze che la popolazione della piccola cittadina giapponese sta ancora pagando. Ma visto che il destino è beffardo, il villaggio di Tokaimura non aveva finito di pagare il suo debito alla sfortuna.

L'impianto in cui avvenne il disastro nel 1999
L’impianto in cui avvenne il disastro nel 1999

Il 30 settembre 1999, alle ore 10.30, si verificò un nuovo incidente, questa volta in un impianto JCO, una piccola fabbrica di combustibile nucleare, e ci furono conseguenze molto gravi: furono coinvolti in maniera diretta tre operai e vennero evacuate quasi 300mila persone nelle zone circostanti. Il disastro è stato considerato di grado denominato ‘severo’ in gergo tecnico, e all’epoca fu il terzo incidente più grave al mondo, dopo Three Mile Island nel 1979 e Chernobyl nel 1986. Dato che non si trattava di un reattore nucleare, erano presenti poche misure di sicurezza o di evacuazione.

L’incidente fu causato dalla miscelazione accidentale di uranio e acido nitrico. Invece di utilizzare 3 chili di uranio impoverito, come regolamentato dalla legge, gli operai ne introdussero 16 chili, causando così una violenta reazione nucleare con un’importante emissione di raggi gamma, che costrinse gli operai ad evacuare lo stabilimento. Dopo 20 ore tre lavoratori rientrarono per tentare di spegnere la reazione nucleare separando i materiali fissili manualmente. Una decisione che condizionò in maniera permanente le loro vite.

Radiazioni: la minaccia invisibile

Yutaka Yokokawa, 54 anni, fu il vero e proprio miracolato dei tre. Per le leggi giapponesi, un individuo può assorbire massimo 50 millisievert di radiazioni: Yokokawa ne assorbì un livello di 1.000-5.000 millisievert ma riuscì comunque a sopravvivere, dopo molti mesi di cure. Andò molto peggio ai suoi due colleghi. Masato Shinohara, 40 anni, assorbì radiazioni di 6.000-10.000 millisievert. Sebbene sia stato sottoposto a cure mediche intensive e nuove, morì il 27 aprile 2000.

Il corpo totalmente sfigurato dalle radiazioni di Hisashi Ouchi
Il corpo totalmente sfigurato dalle radiazioni di Hisashi Ouchi

Ma la sorte peggiore toccò a Hisashi Ouchi, 35 anni, che assorbì radiazioni di 10.000-20.000 millisievert, oltre 200 volte il limite consentito. Fu trasportato d’urgenza all’ospedale dell’Università di Tokio, dove venne rianimato e stabilizzato, riuscendo anche a parlare con i medici. Sembrava che il peggio fosse passato ma per il povero Hisashi fu solo l’inizio di un lungo calvario. Gli effetti delle radiazioni nucleari iniziarono a verificarsi molto rapidamente: i raggi gamma avevano praticamente disintegrato il suo corredo cromosomico e la pelle iniziò progressivamente a distaccarsi. Hisashi perdeva circa 20 litri di liquidi al giorno, con il suo corpo che giorno dopo giorno diventava sempre più irriconoscibile. L’agonia durò 83 giorni, durante i quali i medici lo sottoposero a tutta una serie di cure innovative, non si sa se per cercare realmente di salvargli la vita oppure, come affermano i maligni, per usarlo come cavia per nuovi trattamenti in previsione di altri disastri nucleari.

Gli effetti delle radiazioni sull’uomo

Ma che cosa accade esattamente al nostro organismo quando entra in contatto col elementi radioattivi? Il primo danno avviene praticamente subito, quando cioè qualsiasi prodotto del decadimento del nucleo (siano essi protoni, neutroni, elettroni, raggi gamma o raggi X) colpisce un qualsiasi atomo dei tessuti del corpo. Questo fa sì che all’atomo venga strappato un elettrone, i quali si vengono così a trovare in una condizione di instabilità. Successivamente sia l’atomo che l’elettrone entrano in contatto con altri atomi, generando una reazione che dà vita a nuove molecole, come ad esempio i radicali liberi. I radicali liberi, a loro volta, reagiscono molto facilmente al contatto con altre molecole, generando così altre sostanze prima inesistenti. Queste sostanze possono alterare il funzionamento delle cellule, per poco tempo o molti anni, velocemente o lentamente: dipende ovviamente dalla quantità di tessuto colpito e dal tipo di radiazioni. Se la dose di radiazioni è bassa, gli effetti sono minimi e l’organismo è in grado di riparare i danni da solo. Al contrario, se la dose di radiazioni è alta e la zona colpita è estesa, le cellule non riescono a tenere a bada tutti i radicali liberi generatisi, condannando così l’organismo alla stessa agonia di Hisashi.

Quanti casi come quello di Hisashi Ouchi e del suo sfortunato collega ci dovranno ancora essere prima che venga attuata una regolamentazione serie e intransigente per quanto riguarda gli impianti nucleari? Ma cosa ancor più importante è che queste stesse leggi, che comunque ci sono, siano rispettate da tutte le parti in causa.

Dario Mastellone

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