L’attenzione prestata da Michel Foucault al campo di studi del potere e del controllo sociale in sociologia, quasi ossessiva e maniacale, è stato sicuramente uno dei più noti contributi che il filosofo e sociologo francese ha fornito per cercare di analizzare a fondo le dinamiche che girano intorno a suddetti fenomeni. Il concetto di biopolitica, infatti, ne rappresenta la più completa espressione. Chi avrebbe mai immaginato che un accostamento semantico così inusuale sarebbe stato posto sotto la lente di ingrandimento di uno studioso, sì filosofo a tutto tondo, ma che veniva riconosciuto a livello internazionale anche come sociologo, e che tutt’ora si trova nei manuali di teoria sociologica? Questo articolo, la cui brevità non ci consentirà di esplorare a fondo il concetto preso in esame e naturalmente non pretenderà di esaurire, neanche a grandi linee, il pensiero del filosofo, si figura lo scopo di fornire al lettore una breve introduzione illustrativa che possa rendere conto dell’enorme lavoro svolto da Foucault riguardo l’analisi dei “dispositivi di potere” (come preferiva parlarne), oltreché della sua figura contestualizzata nel quadro paradigmatico a cui faceva capo.

Vita e opere

Michel Foucault nasce in Francia, a Poitiers, nel 1926. Durante la sua vita insegna a Clermont-Ferrand (1964-68), a Vincennes (1968-70) e, infine, al Collège de France a Parigi, dal 1970. Muore nel 1984. Egli si è definito un “archeologo dei saperi”, perché vuole restituire in profondità ciò che una cultura ha delineato come cesura tra la dimensione della raison e quella della deraison1.

Tra i suoi immensi lavori di ricostruzione storica della creazione del sapere si annoverano: Histoire de la folie à l’âge classique (1963); Les mots et les choses, une archéologie des sciences humaines (1966), suo capolavoro consolidato; infine, ricordiamo Surveiller et punir; naissance de la prison, (1975), nel quale viene messo a fuoco il concetto di controllo sociale all’interno di istituzioni-costruzioni come le strutture detentive. Questi lavori, di enorme interesse storico per qualsiasi studioso che voglia approcciare al suo pensiero, toccano tematiche che si dipanano complessivamente attorno a una riflessione critica circa la natura del potere e le sue implicazioni pratiche nella vita quotidiana dell’individuo. Ma, come vedremo, egli pone seriamente in discussione le concezioni “classiche” del potere, ovverosia quelle che rimandano alla “sovranità” dello Stato (imperium) o, in altri termini, a quelle concettualizzazioni del potere come qualcosa da indagare a un livello di analisi macrosociologico.

Il concetto di “biopolitica” tra individuo e società

Quello di biopolitica è un concetto non solo “scivoloso”2, ma soprattutto nasce come ibridazione tra due dimensioni essenziali e costituenti l’agire associato. Queste due dimensioni riguardano la vita (bios, in greco), da cui deriva il “discorso sulla vita” – la biologia –, e la politica (da polis, in greco). Nonostante sia difficile da individuare, questo concetto ha fatto la sua fortuna nelle opere di Foucault, che, adoperandolo per dare ragione dell’interconnessione (e commistione) tra l’individuo e la società, o meglio, tra la sfera del privato e quella del pubblico, ha finito per ingenerare dei dilemmi tra gli interpreti del suo pensiero. Certo è che Foucault non è stato l’unico, né il primo, ad affrontare e ad utilizzare questo concetto. Già prima di lui diversi autori si erano mossi avvalendosi di concetti simili, o similarmente attraverso intuizioni affini; così si possono trovare “biocrazia” già in Comte o la folgorante intuizione della “volontà di potenza” in Nietzsche, che contribuiscono a formalizzare il complesso rapporto tra la vita e il potere politico3.

Da questi lavori, Foucault approfondisce gli aspetti “reticolari” con cui il potere si manifesta, come tramite di irradiazione nei corpi da parte del potere dello Stato. Per citare un referente empirico della sua teoria del potere e del concetto di biopolitica, per esempio, troviamo l’obbligo vaccinale; oppure (laddove viga ancora per legge) quando lo Stato si arroga il diritto di decidere sulla vita e la morte di un membro della società: stiamo parlando della condanna capitale. Insomma, tramite questi esempi, sembra che il concetto di biopolitica si sostanzi ulteriormente come uno strumento conoscitivo per legare empiricamente i rapporti di potere tra il sociale e l’individuale, tra lo Stato – inteso come organizzazione delle organizzazioni della società – e i componenti della comunità statale.

Considerazioni finali

In conclusione, di fronte a una colossale figura del pensiero del Ventesimo secolo come Foucault, la quale fa da ponte tra le diverse discipline umanistiche, non si può non riconoscergli lo statuto di pensatore multidisciplinare. L’eclettismo di Foucault, infatti, ci consente di individuare un punto di incontro e, allo stesso tempo, un crocevia di passaggio tra lo specialismo dell’analisi giuridica e prescrittiva del potere, l’alta formalizzazione del linguaggio della scienza politica, e la matrice strutturalista del “nodoso” pensiero del filosofo. Questi tre elementi concorrono insieme a legare al concetto di biopolitica, l’analisi dei “dispositivi di potere”, che il filosofo di Poitiers, per quanto fugga dal soggettivismo degli approcci cosiddetti della Rational Choice, si sforza di non vanificare lo sforzo fatto dal suo sistema di pensiero nell’individuare una “barriera”, una sorta di “corazza”, che si ponga a difesa dell’individuo.

Per questo Foucault è ricordato spesso dai critici come il “paladino” dell’individuo, sempre pronto a correre in sua difesa dai soprusi di potere che la società gli impone coattivamente; tanto che Jürgen Habermas lo interrogò circa la possibilità concreta che un individuo come Foucault stesso possa emanciparsi, come egli riteneva di poter fare, senza considerare il suo impianto strutturalista – sebbene egli ha dichiarato in diverse interviste di non aderire a questa corrente paradigmatica, allontanandosene quindi –, contraddizione che, forse, fa vacillare la coerenza interna al suo pensiero. Ciò non toglie, tuttavia, che il significato del concetto di biopolitica sia ampiamente discusso da critici ed esperti del settore ed abbia comportato diverse interpretazioni dagli studiosi del suo sistema di idee4.

Bibliografia:

1 Cfr. Livio Sichirollo in Enciclopedia Treccani, alla voce Foucault, Michel.

2 Cfr. Roberto Esposito in Enciclopedia Treccani, alla voce Biopolitica.

3 Ibidem.

4 Cfr. Alessandro Pandolfi, Introduzione. Foucault: discorso politico e filosofia.

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