Le immagini hanno una potenza inspiegabile. In alcuni casi sono più forti delle parole. In altri casi le sostituiscono. Oggi immagini e foto impazzano sui social network catturando l’attenzione degli individui, suscitando emozioni, sensazioni, ma anche senso di appartenenza o di immedesimazione.
Determinati fattori e/o fenomeni sociali possono essere analizzati da un punto di vista sociologico partendo proprio da immagini e foto? La sociologia visuale ha come campo d’applicazione l’utilizzo della fotografia o di altre specie visive. Oggi con la tecnologia digitale tale campo di applicazione è diventato più ampio. La sociologia visuale è da considerarsi quale metodo conoscitivo della ricerca sociale.

La ricerca visuale si suddivide in due filoni. La sociologia visuale sulle immagini, ovvero un’analisi di tipo sia qualitativo sia quantitativo, sulle immagini prodotte per altri fini.
Il secondo filone concerne la sociologia visuale con le immagini. Si utilizzano immagini e foto realizzate per analizzare determinati fenomeni sociali.
In questo articolo cercheremo di analizzare con le foto realizzate da Marco Comito la realtà dei nostri giorni “interrotta” dal Covid-19.
Il deserto nelle nostre città

La pandemia da Covid-19 ha drasticamente cambiato la vita degli individui. La quotidianità delle persone è stata messa, per alcuni aspetti, in “pausa“: scuole chiuse, produttività interrotta, locali commerciali e di ristorazione con serrande abbassate, strade deserte. Tutto ciò ha portato le persone a stare in casa e le città si sono svuotate.
Ogni città ha una propria storia, un proprio bagaglio culturale che ne costituisce l’essenza. La città ha anche una sua forma, che prende corpo attraverso l’intreccio delle sue strade, la collocazione delle piazze e degli spazi verdi, la morfologia dei quartieri.
Jane Jacobs sostiene che la città non deve essere considerata come spazio costruito per essere attraversato dalle automobili ma come un nucleo vitale in cui si possono riscontrare e recuperare i nuclei urbani caratterizzati dalle strade che ricoprono un ruolo fondamentale all’interno del contesto urbano, distretti, edifici e spazi verdi.
Oggi quelle stesse strade, fino a qualche mese fa attraversate da pedoni e da automobili per i più disparati motivi, sono vuote. E sembra “risuonare” l’eco dell’hastag #iorestoacasa.

Il Covid-19 come il cattivo delle favole

L’epidemia da Covid-19 ha cambiato drasticamente anche la vita di milioni di bambini e ragazzi che sono stati costretti a rimanere chiusi in casa, senza la possibilità di andare a scuola, di uscire per giocare al parco giochi, per praticare sport, per vedere gli amici.
Al netto della problematica scolastica che sta suscitando molti dubbi sulla ripresa delle lezioni, con modalità e tempi ancora tutti da definire, si delineano delle problematiche ancora più importanti legate alla psicologia propria dei bambini e degli adolescenti.
Se da un lato pediatri e pedagogisti hanno sempre ribadito che i bambini hanno bisogno di stare con altri bambini, di creare sin da piccoli le cosiddette “reti sociali“, dall’altro vediamo come, a seguito delle limitazioni previste per il contenimento del contagio da Covid-19, questi stessi bambini si sono ritrovati, da un giorno all’altro, rinchiusi tra le mura domestiche senza la possibilità di fare tutte le attività quotidiane che facevano prima.
Ma non per tutti restare a casa è favorevole. Per i bambini più fragili che hanno delle disabilità o vivono in ambienti inadeguati e poveri di attenzioni e opportunità, non andare più a scuola, non essere più con gli amici, comporta delle conseguenze dannose sul loro benessere e sul loro futuro.
Baby Smart
I bambini e i ragazzi si sono ritrovati ad affrontare una sfida più grande di loro. Alcuni hanno compreso. Altri no. Fanno fatica. Lezioni on line, compiti da caricare sulle piattaforme digitali, collegamenti con maestri e professori. Sono diventati “Smart” troppo in fretta. Per non parlare poi della questione complicata legata ai bambini figli di genitori lavoratori che, con lo smart working per chi ha potuto usufruirne, ha intaccato ancora di più, per alcuni aspetti, la gestione della vita familiare.
Perché se da un lato alcune situazioni portano a dei risvolti positivi, dall’altro la variabile negativa è sempre lì pronta a balzare fuori.

I bambini, quasi non menzionati nei decreti e nei dibattiti televisivi, non devono e non possono essere considerati come degli adulti. Hanno bisogno dei loro spazi, del contatto con la natura, del sole, di correre e giocare, di essere educati a crescere.
Se ad un adulto basta una casa per stare in isolamento, ad un bambino non basta lo stesso perchè le esigenze sono diverse. E tanto. Questa situazione ha comunque portato dei risvolti negativi perchè in tanti sono “passivi” dinanzi ad un video games e questo comporta un regresso della condizione emotiva e psichica dei bambini, soprattutto di coloro che sono figli unici.
I protocolli dovrebbero essere fatti anche a misura di bambini. Loro sono il nostro futuro. Nei loro occhi traspare, direttamente o indirettamente, la tensione di questo periodo. Molti non sanno cosa sia la morte. Non capiscono cosa sia una pandemia. Ma ne sentono parlare. E restano a casa, per scelta, per obbligo. E se escono per esigenze impellenti con i genitori o perchè sono state allentate le misure di contenimento, loro, come dei piccoli eroi, indossano la “mascherina”, lo scudo che li proteggerà dal mostro cattivo nella speranza che, come nelle favole tutti vissero felici e contenti.
Il distanziamento sociale

“Distanziamento sociale“. E’ una delle espressione più utilizzate in questo periodo oltre all’hastag #iorestoacasa. Il Covid-19 ha messo a dura prova i contatti tra gli individui e se è vero che l’uomo è definito un vero e proprio “animale sociale“, il Covid-19 ha ridimensionato questo concetto.
Il primo a coniare questi termini fu Aristotele. L’uomo come animale sociale perchè è capace di unirsi in gruppo e costruire una società. La società, d’altro canto, è un insieme organizzato di individui. Questo però è da considerarsi il momento in cui ha sperimentato la fase del non-contatto.
All’interno di ogni società gli individui si danno delle regole per vivere e convivere, senza di esse si sfocerebbe nell’anomia. In queste righe abbiamo messo a punto due concetti fondamentali che possono essere messi a confronto da un punto di vista sia sociologico sia psicologico.
L’uomo è abituato a sentirsi parte integrante di gruppi e sottogruppi all’interno della società. In ogni gruppo l’individuo si immedesima, ogni gruppo ha caratteristiche che accomunano gli individui al suo interno. L’animale sociale si sente “al suo posto” con gli altri e si sente parte di una comunità.
In quanto animale sociale, ogni uomo sperimenta forme di integrazione sociale a più livelli. Basti pensare all’integrazione dei bambini nel contesto scolastico, dei ragazzi nel gruppo dei pari e la conseguente accettazione quale membri di un gruppo. Ma anche l’integrazione degli stranieri, dei soggetti con disabilità, degli adulti in alcune fasi della vita.
E se da un lato, da sempre, si tende a favorire l’integrazione sociale, ci sono casi in cui, pur facendo parte della stessa comunità, dello stesso gruppo, c’è bisogno di essere “distanti”. Ed ecco che le stesse regole per stare insieme, diventano le regole da seguire per “non vedersi“, “non toccarsi“, “non parlarsi“. Per distanziamento sociale si intende un insieme di azioni di natura non farmacologica per il controllo delle infezioni con lo scopo di rallentare e fermare la diffusione di una malattia contagiosa. Il Covid-19 ha contribuito ad “allontanarci” fisicamente gli uni dagli altri.
Le file al supermercato, la distanza sui mezzi di trasporto, cercare di non incrociare il cammino di una persona sulla stessa strada. E ancora file per entrare in un ufficio pubblico, rigorosamente ad un metro di distanza gli uni dagli altri, con guanti e mascherine. Poche parole, pochi contatti, se non nulli.

Se però da un lato il distanziamento sociale aiuta la curva dei contagi a scendere, il che è un dato positivo, si riscontrano anche dei lati negativi proprio sulla scia del fatto che l’uomo è un animale sociale. Gli svantaggi del distanziamento sociale possono includere la solitudine, la riduzione della produttività e la perdita di altri benefici a livello psicologico associati all’interazione umana. Quest’ultima è da intendersi pensando all’individuo come parte di una comunità in cui quotidianamente è inserito.

Il Covid-19 ha cambiato drasticamente la vita di ogni uomo e, volente o nolente, ognuno di noi ha imparato molto da questa situazione. E’ tempo di aspettare ancora, di continuare a rispettare le regole e a sperare nel buon senso comune. Solo in questo modo potremmo ritornare a percorrere le nostre strade, a godere delle nostre città, della natura che ci circonda e magari chissà, ognuno di noi sentirà il bisogno di volersi un pò più bene, di voler bene al prossimo e di rispettare l’ambiente che ci circonda. In fondo la società è casa nostra e in quanto tale ha bisogno di essere curata e amata.
#andràtuttobene

Laureata in Sociologia con specializzazione in Politiche Sociali e del Territorio, ho conseguito un master in E-Government e E-Management nella Pubblica Amministrazione, adoro leggere e scrivere. Per me fare sociologia è vivere il quotidiano in tutte le sue sfaccettature e peculiarità. Oggi sono Collaboratore Amministrativo all’I.R.C.C.S Burlo Garofolo di Trieste e soprattutto moglie e mamma, la più grande ricchezza in assoluto.