Dopo gli anni di Tangentopoli, il silenzio mediatico ed il disinteresse politico sono stati gli unici protagonisti dell’azione di contrasto alla corruzione. Oggi, invece, le cronache nazionali e le inchieste giudiziarie, riportando alla ribalta il fenomeno, non lasciano ampi spazi di libertà interpretativa: se non si può parlare di una Tangentopoli-bis è solo perche i centri di potere, un tempo riconosciuti unicamente all’autorità partitica democristiana, si sono liberalizzati, democratizzati e moltiplicati.
Come ha evidenziato Stefano Bisi, Gran Maestro della loggia massonica “Grande Oriente d’Italia”, il sistema corruttivo in Italia è caratterizzato da un groviglio armonioso di relazioni, scambi e risorse tra enti pubblici, privati, organizzazioni, lobbies e logge. In questo magna magna generale non c’è colore politico che tenga: da destra a sinistra, da oriente ad occidente, l’impero della corruzione italiano regna sovrano senza timori di ribellioni interne. La “Dama Nera”, la “Zarina delle dentiere” o anche detta “Dentopoli”, “Il mondo di mezzo” o “Mafia Capitale, “Inchiesta G8”, nonostante la grande attrazione mediatica, non sono i titoli di fiction televisive a sfondo criminale, ma inchieste giudiziarie, in cui gli indagati (politici, amministratori ed imprenditori), attendono, come i vecchi telespettatori della serie “La Piovra”, l’ultima puntata delle giustizia italiana.
l’Indice di percezione della corruzione sistemica in Italia
Nel frattempo questi ultimi non possono non essere considerati semplici indiziati di reato o presunti innocenti. Le inchieste giudiziarie nel tentativo di reprimere e contrastare un fenomeno ormai radicato nel nostro paese (Transparency International afferma che il CPI in Italia, l’Indice di percezione della corruzione, è il secondo più alto in Europa), offrono interessanti spunti di riflessione, soprattutto attraverso le intercettazioni telefoniche, per dipingere un quadro “verista” del fenomeno. Per produrre politiche di prevenzione e contrasto alla corruzione è opportuno innanzitutto definire esattamente il problema.
La corruzione in Italia ha assunto un carattere sistemico. Essa non è altro che una sofisticata rete di relazioni e scambi tra persone che detengono potere nei processi decisionali e, al pari di una economia autarchica, producono e ridistribuiscono risorse al suo interno. La rete di corruzione così creata dispone di un centro di potere con il compito di dividere le risorse, secondo una logica del favoritismo, e di gestire le controversie. L’ascesa politica diventa l’imperativo dominante.
La corruzione sistemica

Questa struttura organizzativa, per poter sopravvivere, si è dotata di regole informali di comportamento, riconosciute ed accettate da tutti. Vedi ad esempio la logica della tangente fissa (ogni appalto, in base ai servizi prodotti, ha un prezzo specifico da corrispondere in mazzette; si parla di solito di percentuali fisse, ad es. “Sistema del 10%”) o la più classica regola dell’omertà. In questo modo il sistema tende ad autoregolarsi ed a stabilire un ordine. Inoltre la normazione informale tende a risolvere problemi di ordine interno ed esterno, garantendo così un collante fiduciario tra gli adepti. Quest’ultimo di solito è assicurato da un principio: la corruzione sistemica paga il decisore e non la singola decisione. Talvolta negli affari di grande cabotaggio il rispetto delle regole viene salvaguardato dalle organizzazioni criminali.
Il modus operandi corruttivo, oltre ad essere dotato di una struttura e di un complesso sistema di regole, può essere considerato sistemico perché si sedimenta e si radica nelle istituzioni politiche ed amministrative del nostro paese. Si crea un clima culturale dove si giustificano regole, credenze ed azioni distorte. Fatte queste premesse la corruzione rappresenta nient’altro che l’altra faccia della mala amministrazione del nostro paese, dove una minoranza si accorda per prendere decisioni che deviano dall’interesse generale (definizione dell’Autorità Nazionale Anti-Corruzione).
La situazione attuale
Le caratteristiche fin qui evidenziate della corruzione quali il suo carattere sistemico, il suo radicamento, il contesto culturale in cui è immerso, producono non pochi problemi nelle politiche di contrasto della magistratura e di prevenzione dell’ANAC. Per quanto riguarda le prime, il nostro sistema penale, attraverso una legislazione sempre più rigida, punisce severamente i corrotti (art. 317,318, 319 del Codice Penale). Purtroppo esiste ancora nel nostro ordinamento giuridico uno scollamento tra fenomeno reale e relativa fattispecie di reato, in quanto il codice penale tende a punire singole azioni slegate tra loro piuttosto che il sistema corruttivo in generale. In questo modo si preclude alla magistratura di intraprendere un’azione di contrasto tout court al fenomeno.
Il Piano Nazionale Anti-corruzione
Inoltre una risposta unicamente repressiva potrebbe determinare un semplice e controproducente aumento del costo della pratica corruttiva. Per debellare il problema bisognerebbe attuare politiche di prevenzione, oggi affidate all’ANAC, e politiche di diffusione della cultura della legalità. L’autorità anti-corruzione a tal proposito ha stabilito un Piano Nazionale Anti-corruzione che individua macro-obiettivi da raggiungere, determina aree e soggetti a rischio attraverso indicatori formali e red-flags (campanelli di allarme come ad esempio quantità di proroghe e varianti, tempi di esecuzione ecc.).
Infine prevede la predisposizione di un piano triennale anti-corruzione per gli enti locali, i quali purtroppo soffrono di scarse risorse finanziarie ed organizzative, un diffuso atteggiamento di mero adempimento delle misure, isolamento del responsabile della corruzione (spiccato disinteresse politico) e inadeguate analisi dei rischi e del contesto. Inoltre, a parte piccoli strumenti quali il meccanismo di incompatibilità, si manifesta, in tutto il provvedimento di prevenzione, una mancanza di controllo sull’attività politica.
Gli scambi corruttivi sono considerati giusti?
In ultima analisi non possono non essere presi in considerazione fattori di tipo sociale. Tra questi vi è la definizione collettiva ed il valore che gli attori in gioco attribuiscono alla struttura di incentivi atta a scoraggiare la corruzione. Gli scambi corruttivi sono considerati giusti? Che grado di stigmatizzazione subiscono gli attori corrotti? Le risposte vanno ricercate nel più in generale sistema di controllo sociale e nella scala di valori diffusi in una determinata società.
Ad esempio, la violazione morale di un corrotto può essere giustificata dalle particolari circostanze: si ammette di aver commesso un crimine per lo stato di povertà in cui ci si trova oppure si accetta una ricompensa informale in denaro perché la si meritava («principio di neutralizzazione», Sykes e Matza, 1957). Questi fenomeni appurano il basso grado di controllo sociale e di stigmatizzazione dell’attore corrotto, una lacunosa diffusione della cultura della legalità ed esprimono la consapevolezza che la strada per debellare la corruzione è lunga e tortuosa e necessità soprattutto di un profondo rinnovamento istituzionale, politico e sociale.
Angelo Luongo