Zygmunt Bauman è tra gli autori di scienze sociali più conosciuti, se non IL più conosciuto. Con all’attivo molte pubblicazioni e argomenti trattati è difficile conoscere nel dettaglio altri argomenti oltre il paradigma della liquidità. Tuttavia, come spesso accade, per comprendere la contemporaneità si guarda agli autori “classici”, si cercano teorie, frasi e ragionamenti. Così capita che persino quando si cercano testi e argomentazioni sul nazionalismo e sui difficili problemi della guerra Russia-Ucraina ci si imbatta proprio in Bauman che, nemmeno a dirlo, parla del concetto di nazionalismo nel testo “pensare sociologicamente”. Molte affermazioni ed esempi che troverete in questo breve articolo troveranno sicuramente riscontro nella realtà e nelle notizie che avete letto o che leggerete d’ora in avanti.

Verso il nazionalismo: essere cittadini

Per comprendere appieno il fenomeno del nazionalismo bisogna ragionare andando per gradi secondo Bauman. Innanzitutto bisogna chiarire che lo stato è essenzialmente un’entità fatta da persone e che non può esistere senza la loro influenza. Essere cittadini di uno stato quindi significa essere portatori di diritti e doveri, ma anche avere la capacità di influenzare le sue attività con un determinato grado di autonomia. Il diritto alla cittadinanza lo dimostra: lo stato deve consentire ai suoi cittadini di intervenire qualora la tutela del benessere della collettività viene meno e soprattutto non può limitare la libertà di questi ultimi nell’esercizio delle loro funzioni.

Per quanto negativamente asimmetrica possa apparire la relazione tra stato e cittadini ciò che lo stato in seno ha è in realtà un potere pastorale: un potere esercitato nel miglior interesse dei soggetti che necessitano di protezione contro le loro stesse patologiche inclinazioni (Bauman, 2000, p.161). E’ una sorta di auto-controllo sistematizzato creato allo scopo di generare ordine e vivere in un contesto omogeneo e coeso. Ma, essenzialmente, cosa ci spinge a ricercare un sistema del genere?

La legittimazione dello stato

Assodato che il desiderio di comunità è intrinseco nell’uomo e la necessità dell’ordine fa parte del nostro modo di costruire la realtà rimane da chiedersi: come nasce la fiducia verso lo stato? la risposta è fattuale. Grazie al processo di legittimazione. La storia ci insegna che i sistemi di potere politico hanno da sempre costruito la loro agenda bilanciando l’esigenza di libertà e di sicurezza dei cittadini. Un sistema che garantisce un certo numero e grado di libertà ma che, al contempo, riesce a tutelare queste stesse libertà può considerarsi un sistema forte. Tuttavia è la scelta di queste libertà e queste tutele che determina il grado di legittimazione di questi sistemi. E dunque, in uno scenario così volubile, come fare in modo che la maggioranza dei cittadini abbia fiducia e dia credito alla macchina statale?

I processi di legittimazione, a questi livelli, non sono semplici. Ed è qui che il linguaggio politico mostra la sua importanza. Grazie a esso e alle sue tattiche sintattiche (Klaus, 1974) si può costruire una narrazione tale che le persone vengono convinte, ragionevolmente, a dare credito e a obbedire ai comandi dello stato. Esistono vari modi – più o meno sofisticati – per farlo ma quello più conosciuto e usato è quello legato al sentimento di appartenenza, il patriottismo.

Il patriottismo

Il patriottismo altri non è che il genuino amore per la terra natia, la volontà di mantenerla forte e felice. Risulta essere il processo ragionato di benessere comune, ossia un tipo di legittimazione che mira a garantire l’obbedienza attraverso la ragione e il calcolo. Una comunità politica siffatta, composta da cittadini uguali e uniti da vincoli di solidarietà e amicizia, richiede un amore fondato sulla giustizia e non sulla prevaricazione del proprio modo di essere e di pensare nei confronti degli altri stati. Per essere una nobile virtù l’amore della patria deve rimanere immune non solo alle false credenze ma anche a quelle passioni – come lo spirito di rivalità – che fanno degenerare l’amor di patria in amore del dominio (Viroli, 2001, p.95).

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Questa visione – considerata da molti “romantica” – porge il fianco a un problema grave del processo di legittimazione. Se non foraggiato, se non curato diventa cagionevole. Essendo il prodotto di un calcolo razionale se non riceve sostegno altrettanto razionale cade facilmente in pezzi. Per questo motivo la degenerazione è dietro l’angolo: l’irrazionale prorompe e rattoppa le eventuali falle di sistema, sedimentando sentimenti e modus operandi adeguati al nazionalismo.

Come nasce il nazionalismo

Il nazionalismo, come anticipato, non ha bisogno di fare appello alla ragione e al calcolo. Esso richiede una incondizionata fedeltà alla nazione. Esso si appella all’obbedienza come valore: essere membri di una nazione viene visto come un destino più potente e importante di quello individuale. Ciò ne consegue che l’individuo perde la sua autonomia e il principio dettato dal diritto di cittadinanza viene pian piano meno. E’ la nazione che decide l’identità dei suoi membri. Differentemente dallo stato la nazione non è un’associazione che si propone di promuovere gli interessi comuni, al contrario, tutto deve essere finalizzato all’unità della nazione. Un esempio? Se ti identifichi come non-binary molto probabilmente diventerai un deviato, o peggio, un indesiderabile da sopprimere.

Trailer della serie prime video “l’uomo nell’alto castello”. Una distopia dove I nazisti hanno vinto la seconda guerra mondiale. Una serie che palesa molto chiaramente il volto del nazionalismo

In una prospettiva del genere diviene palese che trasgredire alle leggi della nazione diviene qualcosa di molto peggiore che la trasgressione delle leggi dello stato. Si parla di un tradimento della causa nazionale, un atto immorale di per sé che pone fuori dalla comunità umana. Un esempio?
In Russia dall’inizio dell’invasione in Ucraina coloro che non si allineano con il linguaggio e il pensiero del governo viene tacciato come traditore e spesso incarcerato o ucciso. Si accetta questo tipo di comportamento perché il “traditore” viene spogliato dell’idea di familiare avente gli stessi diritti degli altri, ma, divenendo un “cospiratore” perde lo status di umano, inteso qui più sibillinamente come membro del gruppo nazione.

Cos’è la nazione?

Ma di grazia, cosa si intende quando si parla di nazione? bisogna fare molta attenzione poiché non è facile definirla e mettere tutti d’accordo. Ciononostante possiamo definire la nazione in relazione proprio allo stato. Se quest’ultimo è reale, nel senso che ha dei confini al cui interno vigono delle regole differenti dai vari altrove, la nazione è una comunità immaginaria, ossia esiste come entità finché i suoi membri si identificano mentalmente ed emotivamente, e raramente coincide con precisione con dei confini. Molto spesso capita che in uno stato convivano diverse nazionalità, con tradizioni e lingue diverse.

Ragion per cui, risulta abbastanza sciocco considerare territorio e lingua come fattori di realtà di una nazione, ed è per questo che il nazionalismo, non potendo giocare molto con la narrativa sul presente, guarda al passato e soprattutto ai miti d’origine. Spesso, queste costruzioni narrative giocano e legittimano leggende e fatti storici rielaborati, sia per l’indeterminatezza delle fonti sia per l’elaborazione di un preciso progetto politico. I membri attuali della potenziale nazione sono dunque accomunati da un’origine comune, un destino comune. Un esempio?
per il terzo reich si parlava della razza ariana, per il fascismo della discendenza della Roma imperiale.

Sovrapposizione Stato-nazione nel nazionalismo

Se il potere statale, come ci insegna il diritto, si concretizza nel monopolio dei mezzi di coercizione diventa plausibile la sovrapposizione tra stato e nazione. La nazione ha bisogno dello stato. Quando questa sovrapposizione avviene anche i metodi di legittimazione vanno ad unirsi: non c’è solo la razionalità o l’irrazionalità, ma il desiderio di unità e interesse verso l’unico (nazione) utilizza gli strumenti coercitivi razionali (stato) per legittimarsi e mantenersi forte nel tempo. Si controllano gli apparati statali e si impongono lingua comune, criteri organizzativi comuni e soprattutto una educazione comune.

Questo passaggio è fondamentale per ogni tipo di nazionalismo. L’effetto combinato di educazione, pressione sociale e culturale e regole dello stato-nazione fanno nascere i “nuovi patrioti” che percepiscono la nazione con un assoluto grado di naturalezza. Eppure c’è un limite: la razza. diversamente dalla nazione la razza non può essere assimilata, è patologica, non basta l’educazione o l’assimilazione. Per evitare “contaminazioni” bisogna evitare e/o isolare i diversi, distinguerli.

Un sistema siffatto si tiene in vita soprattutto per un condiviso legame spirituale dove si manifesta un cosciente ed esplicito etnocentrismo. Può accadere che in una possibile visione distorta della realtà in cui nonostante le evidenze si vuole veicolare un certo tipo di narrativa accade che, anche se si è commessa un’atrocità, che sia una tortura o un omicidio, l’immorale non è chi compie l’atto ma chi lo subisce: nel consueto sistema ingroup-outgroup per sottolineare la differenza tra chi sostiene la nazione e chi no, chi fa parte del sistema nazione e chi no, si giustifica irrazionalmente l’atto, legittimandolo con la religione, che gioca quindi un ruolo fondamentale. Un esempio recente?
Il patriarca di Mosca Kirill ha benedetto la guerra di Putin, le torture dei soldati, giustificando la guerra contro l’occidente carico di valori opposti a quelli dell’ortodossia religiosa che si pratica in Russia.

Bibliografia

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