Il Giappone possiede una natura ibrida, cangiante e iperstimolante. La sua storia è ricca di contraddizioni, contaminazioni, paradossali ossimori, che si riflettono soprattutto nel suo rapporto con i media e la costruzione di un immaginario variopinto. Esso si presenta come una fucina di culture laboriosa, l’esempio migliore della dialettica di mutua costituzione e influenza che va a instaurarsi tra diverse realtà, diversi mondi.
Scontro di civiltà
Gli stili sottoculturali, la postmodernità, vengono percepiti e ridefiniti attraverso un’appropriazione creativa da parte del Giappone che rielabora, ri-media, quanto viene proposto dal panorama sociale occidentale, facendo integrare il tutto con la sua salda tradizione. A tal proposito, Johann P. Arnason (2006) nei rapporti e nelle comunicazioni tra civiltà sostiene che esiste, oltre allo scontro e alle collisioni belliche, una dialettica non violenta tra culture, e che le differenze che si presentano risiedono in quelle “dissonanze ermeneutiche, logiche di mutuo conflitto di panorami culturali divergenti“. Ciò è dimostrabile, per esempio, nella storia del Giappone stesso che, nel periodo che va dalla fine dell’Ottocento agli anni Trenta del ventesimo secolo, operò una sorta di nipponizzazione forzata, cioè un processo di colonizzazione finalizzato non soltanto all’appropriazione di aree geografiche specifiche, ma anche ad una assimilazione culturale. In funzione di ciò, una lunga tradizione di studi e di politiche governative hanno assegnato al paese del sol levante una caratteristica peculiare, lo dôka yûgô, cioè un ibridismo strategico che consente di far proprie determinate istanze culturali mantenendo saldo il proprio cuore tradizionale/nazionale.
Emblema del postmodernismo?
La distanza culturale, creatasi nel corso dei secoli principalmente per un forte etnocentrismo di stampo occidentale sia in ambito accademico che più prettamente sociale, oggi viene ad assottigliarsi. Gli elementi della tradizione di ambedue le culture emisferiche pongono certamente dei limiti a eventuali sincretismi più profondi, ma proprio da essi alle volte passano le innovazioni più sconvolgenti: in determinate condizioni storiche, infatti, nascono delle risposte, dei rifiuti, dei movimenti di allontanamento dal consenso che permettono nuove visioni del mondo, nuovi modi di essere. Gli studi culturali e di sociologia dei media pongono l’enfasi sul ruolo che i media svolgono all’interno di queste dinamiche e il Giappone basa il suo sviluppo e sincretismo culturale preminentemente con essi: pensiamo solo alla transmedialità delle narrazioni come anime e manga, con le quali i giapponesi sono riusciti a diffondere la propria cultura. Non è dunque difficile immaginarsi il contesto culturale nipponico come esempio emblematico del postmodernismo più sfrenato.
Elementi postmoderni
Gli elementi generici che caratterizzano questo postmodernismo possono essere sintetizzati come segue:
– frammentazione del tempo prospettico e riorganizzazione dello spazio. Le potenzialità informative di Internet sconvolgono la nostra concezione di tempo e di spazio, riconfigurando il nostro rapporto con il mondo, concentrandolo, schiacciandolo nell’hic et nunc, proponendo una glocalizzazione delle esperienze d’interazione;
– estetizzazione e vetrinizzazione della vita quotidiana, legata a doppio filo agli stili di vita urbani che non vengono più relegati esclusivamente alle classi agiate, ma divengono trasversali a tutti i membri della società;
– decentralizzazione del self o decostruzione del soggetto. Si tratta della deposizione dell’idea del soggetto moderno a seguito della frammentazione spazio/temporale di cui sopra, come essere umano che interiorizza un sistema di valori trascendente. La tipologia di umano che oggi abita la contemporaneità, invece, si avvicina al concetto di other-directed man (uomo diretto da altri) di David Riesman (2009), cioè un individuo condizionato e influenzato dall’esterno, massificato da miti collettivi, come il calcio, il fitness, intesi come alternative funzionali alle grandi narrazioni. È la deresponsabilizzazione felice del panem et circenses;
– la sfumatura dei confini tra cultura alta e bassa, tra originale e copia, tra reale e fittizio, tra media di diversa natura.
Francesco D’Ambrosio
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Hr specialist, orientatore e giornalista pubblicista laureato in Sociologia con lode. Redattore capo di Sociologicamente.it.
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