Il potlatch indica generalmente una pratica interna ad un circuito di reciprocità. Il termine è derivato dalla lingua di una popolazione nativa dell’America settentrionale, anche se lo stesso fenomeno è stato studiato anche in un arcipelago della Melanesia, in Oceania, e secondo le nostre categorie si può definire un fenomeno di natura commerciale, non in maniera esclusiva.

Marcel Mauss (Saggio sul dono, in Teoria generale della magia e altri saggi, traduzione italiana Torino, Einaudi 1965) ha studiato per primo questo fenomeno sociale presso alcune popolazioni di nativi americani che vivevano sulla costa del Pacifico dell’America settentrionale. La pratica del potlatch si articola in una complessa rete di prestazioni e controprestazioni di carattere circolare, utile ad affermare e riaffermare le gerarchie sociali interne ai gruppi coinvolti, e a determinare le gerarchie tra i gruppi in questione.

Come funziona il potlatch?

La cerimonia serve ad affermare il proprio prestigio
La cerimonia serve ad affermare il proprio prestigio

Il concetto di potlatch consiste in una serie di rituali dal chiaro significato religioso nei quali un personaggio di prestigio offre doni in abbondanza ai membri del suo gruppo, distribuendo i beni secondo un criterio di proporzionalità commisurato al rango sociale. La pratica di distribuzione e consegna dei doni avviene secondo un cerimoniale ben preciso, trasmesso di generazione in generazione, e spesso il complesso rituale consiste nel momento in cui vengono tramandati racconti tradizionali. La cerimonia si svolge presso il villaggio della persona di maggior prestigio, che invita presso di sé anche i membri degli altri villaggi, generando così un complesso meccanismo di reciproco riconoscimento di prerogative e prestigio, tale da determinare un’articolata consuetudine la cui violazione sarebbe interpretata come offesa. Il potlatch è anche una occasione di consumo catartico, finalizzato all’affermazione del prestigio personale, e può giungere a forme particolarmente esasperate come la distruzione di propri beni di fronte agli occhi degli altri capi villaggio, in modo da riaffermare prestigio e potere sugli altri.

Il meccanismo connesso con il potlatch è quello che possiamo definire un meccanismo psicologico, che stabilisce il principio della reciprocità obbligatoria e vincolante: chi riceve un dono deve restituire un altro dono, se non vuole restare dominato” da colui che per primo ha generato il circuito di donazione. Donare corrisponde, infatti, a dare una parte di sé che deve per questo essere restituita. Gli studi sul potlatch, così come formulati nel Saggio sul dono di Mauss, hanno influenzato a fondo molte generazioni di antropologi, tra i quali ricordiamo Radcliffe-Brown, Malinowski, Evans-Pritchard.

Dono e reciprocità

Il termine potlatch deriva dalla lingua di una popolazione nativa dell'America settentrionale
Il termine potlatch deriva dalla lingua di una popolazione nativa dell’America settentrionale

Il meccanismo della reciprocità studiato da Mauss nel 1923-24 è stato alla base delle ricerche di Claude Lévi-Strauss sulle strutture elementari della parentela e di Karl Polanyi per lo studio degli scambi commerciali. Analizzato in termini più generali, infatti, il meccanismo ha rapporto con un circuito di reciprocità entro il quale lo scambio di doni costituisce un momento essenziale, fino a poter essere definito prerequisito di ogni pratica di scambio. Si pensi, per esempio, al caso dell’ospitalità nella Grecia antica: ricevere un ospite era considerata una pratica sacra, la cui violazione era sanzionata dall’intervento di Zeus Xenios (Zeus “protettore degli ospiti”). Ma ogni rapporto di ospitalità si fondava, prima di tutto, su uno scambio di doni che coinvolgeva sia colui che veniva ospitato sia colui che forniva ospitalità.

La natura sociale del potlatch

Da questa breve disamina si può evidenziare la natura “sociale” del rapporto di scambio di doni, da cui ha origine poi un rapporto di tipo “economico” che risulta però essere sempre dipendente dal primo. Si possono riscontrare forti analogie culturali, sia nel tempo che nello spazio, legate alla pratica del consumo spropositato al fine di rinsaldare il prestigio personale. Tuttora sono ancora riscontrabili simili pratiche; non è chiaro però se sia solo un retaggio culturale o mantengano in se ancora il valore sociale.

Rino Carfora

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