Qualche mese fa abbiamo intervistato Sonja Marchesi del Servizio C.E.A.S. – Tutti per la Terra – Unione Comuni Modenesi Area Nord. In quell’occasione eravamo alla vigilia della I edizione del “Piccolo Festival del riuso dei tessuti”. Parallelamente alle attività programmate nelle giornate del Festival, che si è svolto dal 15 febbraio al 28 marzo, è stato pubblicato un questionario. L’obiettivo? Raccogliere dati utili per comprendere come e se la pratica di riutilizzare i tessuti possa contribuire a ridurre l’impatto ambientale in termini di sprechi.
Riuso dei tessuti: strutturazione del questionario
Il questionario è stato strutturato in tre sezioni: dati anagrafici, la pratica del riciclo degli abiti usati, riuso dei tessuti.
Pubblicato su Facebook ed Instagram attraverso Google Drive, strutturato con domande chiuse, aperte ed alternativa di risposta. I dati raccolti sono molto soddisfacenti e ci aiutano a capire che la pratica del riuso dei tessuti è molto sentita e una gran parte del campione di popolazione sarebbe interessato ad avere più informazioni sul tema del riuso. Ma andiamo per ordine e vediamo le percentuali più interessanti in relazione alle sezioni sopra riportate.
Dati anagrafici.
Al questionario hanno risposto 204 soggetti. Il 39,7% di età compresa tra i 40-49 anni, il 19,6% tra i 30-39 anni, il 18,6% tra i 50-59 anni. La percentuale più bassa registrata è il 7,4%, età compresa tra i 19 e i 29 anni. L’82,8% del campione è donna, il restante 17,2% è uomo. Per quanto concerne i titoli di studio passiamo dal 42,2% di soggetti con laurea di secondo livello ad un 28,3% con licenza media superiore. Il nucleo familiare del campione è così composto:
La percentuale più alta è data dai nuclei composti da 4 soggetti. Come vedremo nei prossimi paragrafi, nelle realtà familiari più numerose è molto praticato il riuso dei tessuti inteso come “passaggio” di indumenti da un figlio all’altro o, addirittura, di famiglia in famiglia. Questo consente di riutilizzare più volte un capo di abbigliamento e di abbattere i costi legati all’acquisto di nuovi articoli.
Per quanto concerne invece lo stato civile nel successivo grafico si può constatare che il 55,4% del campione è coniugato.
Il questionario è stato somministrato in tutta Italia. Le percentuali più alte si registrano in Friuli Venezia Giulia per il 28,4% e in Emilia Romagna, 37,7%.
La pratica del riciclo degli abiti usati.
La prima domanda di questa sezione era: “Ha mai scambiato vestiti usati con qualcuno?”. Il 91,2% ha risposto in maniera affermativa. Chi ha risposto SI ha dovuto poi indicare con chi ha scambiato vestiti: familiari, conoscenti e sconosciuti. La percentuale più alta tocca il 74,7% con i familiari.
I vestiti scambiati sono sia vestiti per adulti che per bambini. Lo scambio è stato fatto per il 94,3% sotto forma di donazioni, quindi senza richieste di denaro. Lo scambio di vestiti sotto forma di donazioni può essere visto anche come un ulteriore mezzo di condivisione tra le persone. Ciò che si instaura tra chi dona e chi riceve senza alcun tornaconto economico fa pensare come i rapporti interpersonali possono crearsi anche attraverso la rete del riciclo. Un aspetto da non sottovalutare. Il 78,8% del campione ha dato e preso vestiti usati, il 20,2% solo dato vestiti usati mentre il 2,5% ha solo preso vestiti usati. Prima dello scambio effettivo, ovvero del momento in cui avveniva il passaggio da un soggetto all’altro, il campione di popolazione ha risposto alla domanda “In che modo ha “presentato” i vestiti prima dello scambio effettivo?”.
Le risposte a questa domanda sono molto interessati e si ricollegano a quanto scritto poc’anzi. L’interazione che c’è tra le persone è molto importante. E’ forse il momento principale in cui avviene lo scambio di informazioni, si intraprende un dialogo e tali passaggi sono stati fatti attraverso l’utilizzo dei social, mercatini dell’usato, rete scolastica, rete familiare, associazioni. La percentuale più alta vede per il 71,7% la rete familiare, confermando il dato precedente registrato nella seconda domanda già analizzata.
Altra percentuale è il 60,3% di coloro che credono che sia molto importante scambiare i vestiti.
In una scala da 1 a 5 (dove 1 stava “per niente importante” e 5 per “molto importante”) è di primaria importanza la registrazione di una percentuale così alta. Questo dà ampio margine per poter pesare di intensificare le pratiche di informazione e sensibilizzazione all’argomento dello scambio e riuso dei tessuti/vestiti.
Da notare il 96,6% del campione di popolazione che ritiene che la pratica dello scambio dei vestiti possa essere intesa come “riciclo”. È su queste percentuali che bisogna far leva anche perché, dato ancora più importante, il 99,5% dei soggetti che hanno partecipato al sondaggio ha risposto in maniera affermativa alla domanda “Crede che con questa pratica si risparmi in termini economici?”. Effettivamente scambiare vestiti che possono essere riutilizzati e quindi che possono avere una seconda vita, porta anche ad un risparmio economico importante considerando che, soprattutto negli ultimi anni, i costi delle materie prime sono aumentati in maniera esponenziale e secondo gli ultimi dati raccolti (fonte Household expenditure by category European Union, 2020) gli italiani spendono in media 710 euro all’anno per l’abbigliamento, superando la media europea che si aggira intorno ai 490 euro.
E l’impatto ecologico? Oltre ad un risparmio economico si registra anche una netta diminuzione dei rifiuti generati dai tessuti buttati e non correttamente smaltiti. Alla domanda “Ritiene che con l’intensificarsi di questa pratica, l’impatto ambientale, in termini di sprechi, possa diminuire?”
la risposta è schiacciante:
Si rimanda, a tal proposito, al link https://sociologicamente.it/clothes-swap-il-riciclo-di-vestiti-come-nuova-frontiera-dellusato-sostenibile/ per approfondimento.
Quando parliamo di ambiente è ormai associato il concetto di sostenibilità.
Si riportano le percentuali delle risposte alla domanda “Secondo Lei cosa si intende per sostenibilità ambientale?” (potevano essere date più opzioni di risposte):
Alla domanda: “È a conoscenza del fatto che esistono siti on line di e-commerce che permettono lo scambio di vestiti?” l’88,7% del campione risponde in maniera affermativa mentre l’11,3% non conosce siti on line di e-commerce che permettono lo scambio di vestiti.
Riuso dei tessuti
Analizziamo adesso i dati dell’ultima sezione. Senza sottovalutare i dati registrati e discussi nella sezione precedente, quelli raccolti che presenteremo a breve ci consentono di capire come ogni persona, prima di buttare un indumento (quindi aumento dei rifiuti, alto impatto ambientale in termini di sprechi, dispendio economico per acquistare capi nuovi) riesca a capire che è possibile fare qualche altra cosa (che sia donarlo, ri-crearlo, utilizzarlo in altra maniera, venderlo).
È stata fatta una domanda aperta a cui era obbligatorio rispondere. La domanda era: “Ha mai riutilizzato in qualche modo dei tessuti che non indossava più? Se sì, come?”.
Sono state analizzate tutte le risposte e sotto riportiamo le più ricorrenti e significative:
- Facendo vestiti per le bambole;
- Per fare pupazzi;
- Per pulizie;
- Con dei jeans ho fatto una borsa;
- Toppe;
- Sì, pur non avendo abilità di cucino, la mia famiglia è una famiglia di sarta e ho chiesto a loro di produrre altri oggetti da vestiti che non usavo più, come asciugamani, coperte, tende etc.;
- Sì, rimodellando altri abiti. Per esempio: un paio di jeans può essere riutilizzato creando dei pantaloncini corti per l’estate;
- Stracci o travestimento per i bambini;
- Abiti da giardinaggio, da palestra, da attività sportiva, coperte;
- Utilizzo “creativo” come elemento scenografico;
- Ho cucito il tessuto in uno stile più attuale:
- Creando sacchetti per riporre altri oggetti, tappeti con strisce di tessuto, disfatto maglioni creando gomitoli per preparare quadrati per coperte.
Come possiamo ben notare, sono svariati gli utilizzi che si possono fare con degli abiti usati prima che questi siano buttati via. Si va dalle pulizie domestiche ai vestiti di carnevale, al riadattamento con l’ausilio di una sarta o per creare complementi d’arredo oltre che donarli ad altre persone.
Nonostante però tutte queste attività, l’87,7% del campione non ha mai partecipato ad eventi formativi e informativi in cui si parla di riuso dei tessuti e soltanto nel 19,6% dei comuni di residenza sono stati organizzati eventi di sensibilizzazione a questa pratica che, come abbiamo visto, porta benefici da più punti di vista. Il 77,5% sarebbe interessato ad avere più informazioni in merito.
Davvero c’è bisogno di acquistare sempre?
La moda corre inesorabile e ci troviamo in un’epoca in cui il consumismo “ossessivo-compulsivo” è arrivato a superare valori etici e morali legati alla sostenibilità ambientale e. talvolta, il fatto di dover essere alla moda a tutti i costi porta ad assumere dei comportamenti distorti da varie prospettive.
Vediamo nello specifico le domande e i grafici:
Fast fashion, letteralmente tradotto con moda veloce, è un termine moderno usato dai rivenditori di moda per esprimere un design che passa rapidamente dalle passerelle e influenza le attuali tendenze della moda. Senza entrare nello specifico delle caratteristiche della fast fashion è importante solo sottolineare che l’enfasi è posta sull’ottimizzazione di determinati aspetti della catena di produzione, affinché le linee di moda siano progettate e prodotte in maniera rapida ed economica, consentendo ai consumatori di acquistare sempre più capi a basso prezzo. I consumatori acquistano magari anche senza una reale necessità e per questo motivo, ogni anno, gli sprechi derivati dagli indumenti inutilizzati e buttarti via, aumenta sempre di più.
I dati raccolti ci hanno fornito una chiara lettura della situazione. Molti riciclano, riusano, riutilizzano e vorrebbero essere informati e formati sulla corretta pratica del riuso dei vestiti. Altri invece andrebbero sensibilizzati totalmente. Possiamo essere tutti artefici di un cambiamento. Basta volerlo, informarsi, formarsi e attuare. Si spera di aver suscitato curiosità e interesse alla pratica del riuso dei tessuti dopo la lettura di questo articolo.

Laureata in Sociologia con specializzazione in Politiche Sociali e del Territorio, ho conseguito un master in E-Government e E-Management nella Pubblica Amministrazione, adoro leggere e scrivere. Per me fare sociologia è vivere il quotidiano in tutte le sue sfaccettature e peculiarità. Oggi sono Collaboratore Amministrativo all’I.R.C.C.S Burlo Garofolo di Trieste e soprattutto moglie e mamma, la più grande ricchezza in assoluto.