Il videogame, a partire dalla seconda metà del Novecento, viene riconosciuto come uno degli strumenti tecnologici più controverso e dibattuto nel panorama delle Scienze Umane, a partire dal 1947 quando T. Goldsmith Jr. e Estle Ray Mann ne idearono il primo prototipo, che rappresentava il lancio di un missile (la brutalità della Seconda guerra mondiale era ancora molto vivida nella mente degli esseri umani) sino ad arrivare a oggi in cui è possibile ammirarne il livello di sviluppo raggiunto dal punto di vista tecnologico, della giocabilità e della varietà e complessità dei prodotti. Il graduale ma veloce sviluppo di questo medium, ha creato un acceso dibattito tra figure professionali quali psicologi, sociologi e pedagogisti che nel corso dei decenni ne hanno indago le peculiarità e capire se potesse essere inteso come uno strumento educativo.
Il videogame come strumento di violenza e dipendenza
Il riconoscimento dei videogame come strumento educativo è relativamente recente. Nella loro evoluzione da mero prodotto ludico con lo scopo di intrattenere a medium a tutti gli effetti (alla pari di televisione, cinema e giornali) è stato oggetto di numerosi dibattiti tra gli studiosi delle scienze umane che attraverso numerosi studi interdisciplinari ne hanno analizzato le sfumature. A più riprese, nel corso dei decenni, i videogame sono stati oggetto di critiche soprattutto per il sospetto che i giocatori, soprattutto se si trattava di bambini, apprendessero condotte violente incontrate nell’esperienza di gioco e le riproducessero nella vita reale, applicando una sorta di apprendimento per imitazione di condotte aggressive, brillantemente descritto da Albert Bandura nel 1961 attraverso l’esperimento denominato Bobo doll.
Una seconda importante critica mossa all’universo dei videogiochi nacque in seguito alla fusione tra il mondo del videogame e quello di internet, che oltre ad una nuova e coinvolgente dimensione del gioco, spinse molti individui a trascorrere un numero eccessivo di gioco portando con sé conseguenze nefaste sotto vari punti di vista, come ad esempio deficit di attenzione, crisi epilettiche, obesità e sedentarietà, minori performance scolastiche. In linea con ciò, dal 2019, l’OMS ha reso annoverabile la dipendenza da videogame come possibile fonte di disturbi psichici e fisici.
Il riconoscimento dei videogame come strumenti educativi
I videogiochi intrattengono attraverso l’interazione, ma non si limitano a questo, permettendo la comunicazione, l’istruzione e la formazione.
Francesco Antinucci, nel testo: “Computer per un figlio. Giocare, apprendere, creare” definisce i videogame come “oggetti interessanti dal punto di vista cognitivo”. Secondo lo psicologo, i videogame sono oggetti simbolici che utilizzando immagini, raccontano storie con un linguaggio semplice e accessibile ai più. Sono però anche oggetti fisici che a differenza di altri medium, come ad esempio la televisione o la radio, reagiscono in modi diversi all’azione dell’utente. L’autore, riprendendo la suddivisione dello sviluppo cognitivo proposta da Piaget, sostenendo che i videogame possono essere suddivisi in sensomotori, operatori e simbolici. I videogiochi sensomotori sono contraddistinti dalla velocità e nell’abilità nell’uso del joystick (o della tastiera a seconda dei casi).
Fanno parte di questa categoria, i giochi in cui bisogna guidare dei veicoli, o in cui sono presenti diverse combinazioni di tasti da comporre. I videogiochi operatori si caratterizzano per la simulazione di attività, come la costruzione di un impero e richiedono abilità di gestione oltre ad un profondo studio del gioco. La terza tipologia identifica i videogame che sono incentrati su avventure a sfondo fantasy in cui assume un ruolo cruciale la dimensione della creatività, del problem solving e del coraggio.
I serious game
I serious game sono delle simulazioni virtuali con le caratteristiche di un vero e proprio gioco. Ripropongono delle situazioni reali che permettono al giocatore di muoversi e di agire all’interno di un ambiente virtualmente costruito con lo scopo di apprendere. Le esperienze virtuali vissute, risultato molto coinvolgenti, rimangono vivide nella mente dell’utente permettendogli di migliorare l’attenzione e la percezione, modulando i comportamenti attraverso il learning by doing.
Non fermandosi alla mera dimensione di intrattenimento, i serious game hanno finalità educative, nello specifico, vengono annoverati in questa categoria:
- Videogames per fare attività fisica: hanno lo scopo di consentire il movimento del giocatore e allenare il corpo;
- videogiochi che simulano la vita reale e ricreano conseguenze (positive o negative) reali;
- videogames che insegnano a fare qualcosa, come ad esempio i simulatori;
- videogiochi che aiutano a potenziare le relazioni sociali: ne sono un esempio alcuni giochi online.
In futuro, i serious game potrebbero rappresentare un buon strumento didattico da applicare anche nelle istituzioni educative quali la scuola o le associazioni extra scolastiche. Ad oggi, i principali ostacoli affinché ciò avvenga sono, da un lato, di ordine economico in quanto l’investimento di denaro per portare la tecnologia necessaria all’interno delle istituzioni scolastiche, dall’altro la resistenza nello sdoganare i videogame dall’etichetta di giocattoli facenti parte della cultura popolare dei nativi digitali.
La Media Education
Umberto Eco nel testo “Apocalittici e Integrati” vede schierati due fronti in contrapposizione tra loro: da un lato gli apocalittici che considerano tutti i mass media contemporanei in maniera negativamente per l’educazione e la formazione dell’uomo e dall’altro, gli integrati che vedono i benefici portati dai mass media superiori agli aspetti negativi.
Il dibattito sull’influenza dei mass-media, nella modernità non può risolversi schierandosi con uno dei due pensieri ma è innegabile la necessità che le istituzioni educative si impegnino nella realizzazione di percorsi di media education. L’associazione italiana per l’Educazione ai Media e alla Comunicazione, definisce la Media Education come: “Un’attività, educativa e didattica, finalizzata a sviluppare nei giovani una informazione e comprensione critica circa la natura e le categorie dei media, le tecniche da loro impiegate per costruire messaggi e produrre senso, i generi e i linguaggi specifici”.
Per quanto concerne i videogiochi, gli obiettivi che la media education tenta di promuovere, riguardano principalmente:
- educazione alla comprensione: conoscere il linguaggio, le tecnologie, i valori dei videogiochi;
- educazione all’utilizzo: percorsi educativi con l’obiettivo di formare ad un uso critico e responsabile dei videogiochi.
Lo scopo di questi percorsi è consegnare agli strumenti gli strumenti necessari affinché possano comprendere e produrre messaggi criticamente sfruttando le potenzialità di strumenti tecnologici, tra questi i videogiochi, che sono ormai parte integrante della realtà sociale.
Andrea Zampieri
Bibliografia e sitografia
- Antinucci Francesco, Computer per un figlio. Giocare, apprendere, creare, Laterza, 1999
- Eco Umberto, Apocalittici e Integrati, Bompiani, 1997
- MED –Associazione Italiana per l’Educazione ai Media e alla Comunicazione in www.mediaeducationmed.it