Oggi la sociologia deve far fronte a nuove sfide. Soprattutto deve (ri)pensarsi come disciplina poliedrica, eco-logica e collaborativa. A tal proposito è stato interessante fare due chiacchiere con il professor Domenico Secondulfo, ordinario di Sociologia nell’Università degli Studi di Verona. Ha coordinato per anni il Dottorato in Sociologia e Ricerca Sociale, si è occupato di Sociologia della salute, Sociologia dei consumi e Sociologia dell’immaginario
Le vie sociali dell’immaginario
- Professore, lei ha curato la prefazione di “Le vie sociali dell’immaginario. Per una sociologia del profondo” curato dai professori Pier Luca Marzo e Luca Mori (2019), un testo fondamentale della novizia categoria AIS di sociologia dell’immaginario, definendo la necessità di pensare a una sociologia del profondo. Di cosa si tratta?
Domenico Secondulfo – “La sociologia dell’immaginario non può che essere anche sociologia del profondo. Questo perché il patrimonio di significati socialmente condiviso si dispone secondo una struttura di senso che, in analogia ad esempio con la mente umana, prevede elementi simbolici che si dispongono in maniera stratificata, a partire da quelli e facilmente accessibili ed interpretabili, sino ai meno accessibili che però, al pari dei primi, sono parte della catena di significati che vanno a comporre il senso complessivo del simbolo, sia esso un oggetto o un’immagine o un testo, ed attraverso il serbatoio di simboli del gruppo quella che, per quel gruppo, è la realtà”.
D. S. – “Per questo la sociologia deve essere capace di cogliere queste strutture di significato sia nella loro senso immediatamente accessibile sia nelle parti costitutive di questo senso che, invece, non sono immediatamente accessibili, secondo una visione superficie/profondità che dà il nome a questa particolare area di riflessione sociologica. E’ stata soprattutto l’antropologia ad essersi mossa in questo senso e ad avere messo in luce queste parti, diciamo, nascoste del significato complessivo dei simboli condivisi dai gruppi sociali. In questo caso richiamiamo essenzialmente gli scritti di Durand che ha disvelato questa stratificazione di significati. Una estensione che la sociologia deve essere in grado di cogliere nella sua dimensione verticale e non soltanto nel significato direttamente accessibile, diciamo così, alla superficie della significazione”.
Perché studiare sociologia dell’immaginario?
- Perché è importante studiare l’attualità seguendo queste specifica sociologia?
D. S. – “Il patrimonio di significati che da senso al mondo socialmente condiviso – l’immaginario sociale – è in continua trasformazione, in una dialettica costante tra i vari livelli di significazione, in modo più lento nelle profondità e più veloce nella parte visibile. Legati ai processi di cambiamento in atto nella società e in legame dialettico con essi, nuovi simboli vengono a popolare l’immaginario sociale. Questi vanno a mediare a volte significati del tutto nuovi, legati a processi di forte trasformazione sociale, a volta significati che sono espressioni mediate tra nuove spinte e correnti profonde. Questi ultimi esprimono la “latenza” insita nei processi di mutamento sociale. Comprendere questi equilibri permette, soprattutto in momento di mutamento sociale, di rendersi ben conto di come si sta modificando l’immaginario che regge la società e quindi la società stessa”.
L’immaginario e i cambiamenti
- In questo periodo di reclusione forzata molte persone stanno mantenendo sempre più le loro relazioni – sia di amicizia che di lavoro – online. Lei crede che questa modalità di interazione può condizionare, a lungo andare, la qualità delle stesse? Possono nascere nuove forme dell’abitare e dell’immaginare?
D. S. – “I cambiamenti della vita sociale resi necessari dalla attuale pandemia stanno durando abbastanza a lungo per poter produrre mutamenti in grado di sopravvivere alla pandemia stessa. La rinnovata intensità della vita on line sarà certamente uno di questi che però potrà dare i suoi massimi frutti solo se si sposerà, con una cambiamento veramente epocale, alla diffusione e al consolidamento del lavoro a distanza. Sarà questo eventuale consolidamento a produrre l’effetto maggiore sulle forme di abitare e sull’immaginario”.
D. S. – “Del resto l’immaginario si è già evoluto da tempo includendo nel senso di realtà sia la realtà concretamente esperita che quella esperita in modo virtuale attraverso le varie piattaforme tecnologiche, come aveva preconizzato Baudrillard e come avevo più modestamente mostrato anch’io in alcuni miei scritti. Quanto al concetto di qualità delle relazioni, naturalmente il medium della relazione ne influenza la intensità, e siamo sospettosi rispetto alle interfacce che distanziano dal modello “in presenza” che è la modalità naturale della relazione, ma le piattaforme non sostituiranno ogni altro tipo di relazione, saranno semplicemente una opportunità in più che, oltretutto, potrebbe rendere possibili contatti che senza di esse non lo sarebbero state, come accadde per il telefono. L’immaginario sta già inglobando questa compresenza di piani di realtà diverse ma sincrone a seconda del medium usato, sarà un nuovo equilibrio con qualità diverse ma non per questo inferiori al passato”.
Funzioni dell’immaginario sociale
- La lettura di testi di fantascienza e la visione di film e serie tv la cui ispirazione può essere fatta ricondurre quasi sempre a Philip Dick e similari, può essere un utile strumento alla portata di tutti per comprendere il presente e pensare a un futuro migliore (o comunque diverso)?
D. S. – Certamente, l’arte e la letteratura, come funzioni dell’immaginario sociale, hanno sempre potuto anticipare più agevolmente della scienza e della tecnologia gli “impossibili” che stavano all’orizzonte del mutamento in corso, contribuendo a costruire un immaginario che, comprendendoli e integrandoli nel senso comune, ne preparava l’accettazione. E’ quanto sta già accadendo, da quasi un decennio, per quanto riguarda l’ormai prossimo ingresso dei robot nella vita quotidiana. Ed il fatto che questa espansione dell’immaginario stia avvenendo attraverso le serie televisive, forma di comunicazione popolare per eccellenza, ci fa capire quanto questi eventi siano vicini.
Bibliografia
- Marzo P.L., Mori L. (a cura di), Le vie sociali dell’immaginario. Per una sociologia del profondo, Mimesis, Milano, 2019.
Hr specialist, orientatore, docente e giornalista pubblicista laureato in Sociologia con lode. Redattore capo di Sociologicamente.it.
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