Nella società contemporanea, il rapporto tra magia e scienza è complesso e sfaccettato, influenzato da fattori culturali, sociali e storici. La magia e la scienza sono spesso percepite come due sfere separate e distinte, ognuna con il proprio corpus di conoscenze, credenze e pratiche. Tuttavia, alcune pratiche alternative di cura e guarigione basate su credenze magico-spirituali come la terapia floreale di Bach e l’omeopatia stanno trovando sempre maggior seguito nelle società laiche occidentali. Questo fenomeno è stato il focus della tesi sperimentale  “Il reincanto del mondo e il riscatto della presenza: la terapia floreale di Bach” di Domenico Villano, giovane bancario-antropologo da poco laureatosi in scienze antropologiche e geografiche per i patrimoni culturali e la valorizzazione dei territori all’Università degli studi della Basilicata.

Studiare in maniera interdisciplinare

  • Una tesi interdisciplinare, che fa intersecare antropologia, sociologia dei processi culturali ed etnopsicologia. Quanto, secondo te, è importante non solo studiare il fenomeno del reincanto del mondo ma farlo unendo prospettive teoriche anche lontane fra loro e la ricerca sul campo?

Domenico Villano – “Per chi studia fenomeni complessi come quello del reincanto del mondo, è d’uopo adottare un approccio interdisciplinare: infatti solo combinando prospettive teoriche facenti capo a discipline diverse, come la sociologia, l’antropologia, la psicologia e la filosofia, e superando le limitazioni concettuali e metodologiche dei singoli ambiti di ricerca è possibile sondare il rapporto tra l’immaginario magico e quello della scienza moderna. Un ruolo altrettanto importante, nell’indagine su questi temi è sicuramente ricoperto dal lavoro di terreno: attraverso l’osservazione partecipante e l’intervista non-strutturata è infatti possibile indagare come oggi questi due sistemi culturali si contendano lo spazio della “cura” nelle società postmoderne”.

L’interesse per la terapia floreale di Bach

  • Come e perché è nato questo tuo interesse a studiare il fenomeno della terapia floreale di Bach? Perché proprio in un’ottica demartiniana?
fiori di bach terapia

D.V. – “Una indagine sul reincanto del mondo non può prescindere dallo studio dei sistemi di cura alternativi a noi contemporanei basati su una ritrovata sinergia tra uomo natura e spirito. In quest’ambito, la terapia floreale di Bach è una delle pratiche terapeutiche più popolari e diffuse e dunque oggetto di ricerca privilegiato per indagare sull’emergere di questa nuova sensibilità magico-spirituale in Occidente. La mia ipotesi di ricerca è che la Floriterapia di Bach possa essere descritta quale sistema magico-rituale di cura che consente il “riscatto della presenza” e la “destorificazione del negativo” (attraverso l’exemplum del percorso di vita di Bach tra malattia, intuizione e salvezza). Per la mia indagine, ho scomodato le categorie demartiniane di “presenza” e “destorificazione del negativo” poiché ho ritenuto che fossero le più adatte a descrivere il sistema di cura ideato da Edward Bach”.

La metodologia adottata

  • Brevemente, come è stata impostata la ricerca dal punto di vista metodologico?

D.V. – “Il lavoro di ricerca è stato diviso in tre fasi: in primo luogo ho svolto una ricerca bibliografica sulla Floriterapia di Bach andando a studiare l’opera del medico inglese, i testi scritti dai suoi allievi e la letteratura sull’argomento. In secondo luogo ho svolto un’attività di terreno facendo osservazione partecipante presso gli studi di due medici esperti di floriterapia ed intervistando diversi pazienti “in terapia” con i Fiori di Bach. Infine mi sono dedicato all’analisi del materiale raccolto sul campo e all’elaborazione di una interpretazione demartiniana del fenomeno magico-rituale oggetto della ricerca”.

Terapia con i fiori di Bach: il ritorno del magico nel quotidiano?

  • Jean Francois Lyotard ci ricorda come dopo la caduta delle grandi narrazioni siamo alla deriva, alla ricerca di alternative funzionali che le sostituiscano. Purtroppo le “nuove” narrazioni non hanno la stessa forza. Questo ritorno del magico nel quotidiano – ma anche nei discorsi, nei processi culturali – può considerarsi uno sguardo speranzoso verso qualche forma di identificazione più solida?
fiori di Bach

D.V. – “La risposta è No. A mio parere il dualismo cartesiano continua a rappresentare in Occidente la cornice ontologica entro cui si orientano le biografie individuali, sebbene il suo dominio sia sempre più messo in discussione, come detto, da visioni del mondo centrate su una ritrovata armonia e connessione con la natura ed il mondo spirituale. Quando parliamo di “Reincanto del mondo” non ci riferiamo però ad un movimento culturale, filosofico e religioso uniforme e organizzato; l’individuo contemporaneo, alla ricerca di un nomos entro cui iscrivere la propria biografia, è soggetto infatti a molteplici stimoli, ad un ampio ventaglio di credenze, pratiche e saperi provenienti dai più disparati contesti. Emergono così forme di spiritualità ibride e vissute in forma privata, le quali non implicano uno stravolgimento dei propri modi di vita”.

Il viaggio è la nostra casa

  • Hai avuto un percorso di studi molto variegato. Hai pubblicato anche alcuni libri. L’approccio antropologico-etnografico spinge anche a viaggiare. Quanto è importante per te – e quindi se consigli – viaggiare per studiare, capire e migliorare se stessi?

D.V. – “La casa è una perversione” affermava provocatoriamente il grande scrittore e viaggiatore inglese Bruce Chatwin, e pare proprio che io l’abbia preso in parola: negli ultimi sette anni ho visitato oltre 30 paesi e abitato in almeno 7 di essi accumulando un prezioso bagaglio di avventure e esperienze. Consiglio a tutti di mettersi in cammino, immergersi in nuovi ambienti, ascoltare nuove lingue, assaggiare nuovi sapori e conoscere persone diverse. Siamo sedentari da poco più di diecimila anni, il nostro cuore batte ancora al ritmo dei passi dei nostri antenati nomadi. Il viaggio è la nostra casa”.

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