Esistono vari ambiti della sociologia. Sociologia del lavoro, della religione, dell’immaginario, del diritto, dell’ambiente… sono veramente tanti proprio perché la sociologia si interessa di molti aspetti del sociale, tra cui, lo sport. Per questa occasione è stato molto interessante fare due chiacchiere con il professor Luca Bifulco, docente presso il dipartimento di scienze sociali federiciano di Napoli dove insegna sociologia dei processi culturali e comunicativi e sociologia dello sport e comunicazione.

La sociologia dello sport per capire la contemporaneità

  • Professore lei ha avuto sempre un forte interesse verso lo sport e le pratiche sociali ad esso connesse e da qualche anno insegna sociologia dello sport presso il dipartimento di scienze sociali di Napoli. Come descriverebbe questa branca delle scienze sociali a chi si avvicina per la prima volta non solo alla sociologia in generale ma proprio agli studi sulla pratica sportiva?

Luca Bifulco – “Lo sport è più che altro un oggetto di studio che la prospettiva sociologica, con le sue categorie concettuali e analitiche, aiuta a comprendere e interpretare in maniera approfondita. Studiando lo sport, d’altronde, in virtù della sua rilevanza sociale, economica, culturale, finanche politica, non facciamo altro che gettare uno sguardo, diretto o indiretto, su molti tra i più significativi processi e molte tra le trasformazioni più consistenti della società contemporanea – per quanto concerne le forme di organizzazione sociale, i fenomeni legati al mercato o ai consumi, i fattori ideologici o i conflitti prevalenti, la corporeità e le sue diramazioni, le solidarietà sociali o le forme di stratificazione, le dinamiche del potere, le identità, tanto per citare alcuni aspetti di particolare rilievo”.

il professor luca bifulco
Il prof. Luca Bifulco

“Non è un caso, probabilmente, che tanto la sociologia quanto lo sport, almeno nell’accezione a noi nota, consolidano le loro strutture e procedure nell’alveo della società moderna, seguendone l’andamento, le sue dinamiche, i cambiamenti al suo interno. E aiutandoci, in maniera diversa naturalmente, a comprenderla”.

Il corpo atletico e la politica economica

L.B. – “Così, giusto ad esempio, il corpo atletico novecentesco, tipico di un’epoca decisamente industriale, è sostanzialmente un corpo concepito come strumento che costruisce delle performance in vista di un risultato misurabile e standardizzabile. Ciò all’interno di una prevalente organizzazione dello sport standardizzata, strutturata, regolarizzata secondo i principi della prestazione agonistica. Tutto ciò non scompare, ma – in sintonia con l’impianto culturale contemporaneo – è almeno affiancato con insistenza da una logica molto diffusa dell’attività fisica come pratica individualizzata di costruzione di un corpo adeguato da presentare come immagine del sé, sul piano estetico o dell’idea prevalente del benessere”.

“Oppure, cambiando argomento, le trasformazioni del calcio nel nostro continente negli ultimi decenni si leggono all’interno dei quadri di politica economica legati all’integrazione europea (che ci aiutano a loro volta a leggere), con una priorità accordata alle logiche di mercato, con il risultato – nel complesso – di una ulteriore divaricazione tra club ricchi a vocazione globale e realtà meno fortunate – al netto dei problemi di indebitamento, delle conflittualità politiche inerenti, ecc. Allo stesso tempo, non è di secondaria rilevanza una riflessione – nell’ottica magari delle dinamiche più ampie di politica internazionale – sul ruolo sempre più incalzante nel calcio mondiale dei paesi del Medioriente, sull’atteggiamento più ondivago della Cina, o precedentemente sui tragitti dei capitali russi”.

Sociologia dello sport e digitalizzazione

L.B. – “Infine – ma gli esempi possono essere illimitati, e penetrare ogni aspetto della vita sociale – non si può non accennare al rapporto tra sport e processi di digitalizzazione, segnato – a titolo esemplificativo – dalla rilevanza odierna dei media digitali nella vita di atleti, club o appassionati; dall’uso sempre più ampio di software di intelligenza artificiale, e analytics, nella narrazione degli eventi sportivi all’interno delle procedure tipiche del precision journalism o in ottica previsionale e di gestione della performance atletica – come nella prevenzione degli infortuni e nell’impiego della match analysis per definire tattiche di gioco in vari sport; o, ancora, dall’utilizzo di dispositivi wearables per tracciare e trasformare in dati la propria attività fisica, con tutte le questioni annesse ai processi di datafication del sé”.  

L’interdisciplinarietà della sociologia dello sport

  • L’interdisciplinarietà non solo dei gruppi di ricerca ma proprio della trattazione dei saperi sembra essere un auspicio molto complesso da realizzare.  Lei ritiene che la sociologia dello sport possa essere una disciplina in dialogo utile per risolvere stigmi e conflitti con le scienze dure come la medicina?

L.B. – “Si tratta di una questione molto spinosa, in effetti.  Diciamo che i concetti di interdisciplinarità e multidisciplinarità sono parte di una retorica consistente e diffusa, ma che nella realtà non sempre trova di fatto accoglienza. I motivi e le convenienze in gioco sono vari e di complessa articolazione, sarebbe inutilmente lungo provare a discuterne in questa sede”.

logo ais associazione italiana di sociologia
L’AIS ha la sua sezione di sociologia dello sport

“Naturalmente il dialogo tra discipline, di per sé molto proficuo, deve mantenere un equilibrio sostanziale con il riconoscimento dei pur porosi confini concettuali o metodologici di ogni specifico approccio. Detto questo, è presumibile che la sociologia sia già di per sé, per sua vocazione, una disciplina di mediazione e dialogo con altre prospettive sul mondo. L’analisi sociologica dello sport – molto apprezzata nella comunità scientifica internazionale, ancora di fresco impianto in Italia – credo che possa inserirsi lungo questa scia in parte già tracciata”.

I concetti di benessere e salute

L.B. – “Per quanto mi riguarda, ho da tempo scambi molto redditizi soprattutto con colleghi che si occupano di storia o analisi politica dello sport, con più recenti connessioni con studiosi di comunicazione strategica. Sui temi di pertinenza della sociologia dello sport, d’altronde, rapporti di grande utilità e confronto conoscitivo e analitico possono instaurarsi con le aree dell’economia, del diritto e naturalmente della psicologia. Discorso simile può essere fatto per la computer science, la chinesiologia e la medicina, magari suggerendo uno sguardo più articolato e meno scontato rispetto a concetti come quello di benessere e salute, rivelandone ulteriori sfaccettature e conseguenze possibili – come, ad esempio, l’ingresso prepotente (e non sempre privo di ripercussioni) di alcune corporation nei programmi di educazione fisica in diverse esperienze scolastiche internazionali, la celebrazione di un attore razionale marcatamente responsabilizzato nella definizione del proprio stile di vita, ecc”.

“La sociologia, insomma, non dovrebbe mai dimenticare – almeno credo – la sua vocazione critica, certo non di rado sconveniente, mettendola al servizio della comunità scientifica”.

Sport ed eroi

  • Nella sua produzione accademica ha trattato diverse volte il mito dell’eroe sportivo e in particolare di Maradona. Quali sono eventuali differenze e punti in comune con i processi di mitizzazione degli eroi del passato?

L. B. – “Il tema dell’eroismo sportivo è parte di un mio interesse di ricerca più ampio sulla figura dell’atleta di successo e sul rapporto identitario, ma anche stratificato, con la comunità di tifosi. Da qui anche un’articolazione, appunto, sull’eroe sportivo. Vale a dire una figura particolarmente omaggiata, tanto da lasciare un ricordo stabile, per le sue qualità atletiche o corporee straordinarie, per il prestigio dei suoi successi, anche per aspetti morali – nel senso più specifico del termine, come idea del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto ancorata nelle appartenenze”.

maradona napoli sociologia sport

“Parliamo, in definitiva, di una grandezza percepita da una comunità, che vi incastona e vede riflessi significati collettivi considerati di particolare rilevanza, che può alimentare una sensazione di orgoglio e autostima condivisa e sorreggere rapporti anche conflittuali con l’alterità, che fa dell’atleta un simbolo di riferimento duraturo nel tempo, ben oltre la sua carriera sportiva, tale da diventare oggetto di una salda memoria culturale”.

“Vivendo a Napoli, da questo punto di vista, la figura di Maradona non poteva assolutamente essere ignorata. D’altronde, a maggior ragione dopo la sua morte – per non parlare delle rappresentazioni di gioia popolare legate alla vittoria dello scudetto, in cui il suo volto era presente, credo, almeno sulla metà delle immagini affisse – l’elemento di culto della sua figura in città è deflagrato in modo ancora più esteso ed ubiquitario”.

La mitologia di Maradona

L. B. – “Per quanto riguarda l’aspetto mitico del personaggio, suppongo che dopo la sua dipartita esso possa elevarsi senza rischiare più di essere consumato dalla profanità dell’esistenza ordinaria. Così come per il concetto di eroe, anche per quello di mito abbondano le definizioni – non tutte in armonia. Per quel che mi riguarda, intendo – semplificando un po’ – una narrazione esemplare, che eleva all’estremo la realtà e le contraddizioni umane, consentendo risolute forme di identificazione.

La biografia di Maradona, nei suoi elementi tragici, drammatici, incoerenti, così come in quelli vigorosi, vincenti, carismatici ha assolutamente questo potenziale e questo fascino. E possiede tanti fattori narrativi tipici di un impianto mitico – dal dono di un’abilità concepita quasi come soprannaturale alla hybris, dalla continua alternanza (fin dalla giovane età) di fasi di crescita, fallimento e redenzione al disprezzo per la cura di sé e allo svelamento di un ineludibile lato demoniaco del genio, dal rapporto complesso con il potere a quello altrettanto intricato con i personaggi femminili, ecc”.

“Per questo, egli è stato associato a molteplici figure e semi mitici, da Achille a Prometeo, da Dioniso a Ermes, da Re Lear al Faust. Allo stesso modo, ha innescato molteplici riferimenti identitari, al di là di quelli nazionali e territoriali, come fiero mito e orgogliosa voce plebea (imprescindibili, su questo tema, i lavori di Pablo Alabarces), come esempio di sovvertimento dei rapporti gerarchici o di forza, come icona addirittura politica – al di là della sua incoerenza in tal senso”.

Mitopoiesi

L.B. – “Ciò non toglie che non è detto che Maradona piaccia universalmente, o che ci si riconosca sempre in lui, anzi. Per quanto concerne una particolarità rispetto alla mitopoiesi classica, credo che essa possa risiedere nella coesistenza di elementi caratteristici di una celebrità commercializzata, tipica per altro della realtà dello sport contemporaneo. È il caso di uno sportivo acclamato, popolare oltremisura, che trasforma il suo capitale di notorietà in vantaggi molteplici, compreso il profitto economico, traducendo la sua corporeità in brand a tutti gli effetti. Una dimensione, questa, che convive con la statura mitica del personaggio, con articolazioni molteplici, in equilibrio o in conflitto, tutte ancora da verificare”.

Sociologia del calcio: economie e questioni discriminatorie

  • Supponendo che il calcio sia lo sport con il mercato più florido e redditizio, ci sono altri elementi discriminanti che condizionano la valorizzazione degli altri sport? Le questioni di genere possono rientrare tra queste condizioni o è una questione a parte?

L.B. – “Il calcio, almeno nel nostro paese, è sicuramente l’industria sportiva con maggior valore economico, anche in termini di indotto. Ciò sebbene cominci ad avere delle battute d’arresto, se pensiamo – ad esempio – alle difficoltà legate al rinnovo dei diritti tv. Tutti gli aspetti connessi a simili questioni rientrano, però, all’interno della dimensione prevalente dell’industria dello sport contemporaneo, ovvero quella commercializzata e spettacolarizzata. Gli eventi sportivi sono organizzati, in pratica, prioritariamente in virtù del loro rendimento economico, e per questo devono essere allestiti per attrarre un numero sempre ampio di fan, considerati più che altro in qualità di spettatori e consumatori”.

media scienze sociali sociologia dello sport

“Su questo orientamento si fonda quella relazione di interdipendenza – non priva di dissidi, comunque – tra mondo dello sport, media e aziende sponsor. Ed è in virtù di simili processi che le varie discipline sportive modificano continuamente i loro regolamenti, più che altro per questioni di telegenia e spettacolarizzazione: quindi gioco velocizzato, durata delle gare ridotta, incremento dei punteggi, amplificazione del lato estetico ed avvincente, drammatizzazione – anche degli aspetti narrativi conflittuali, identitari o tragici di una competizione – ecc”.

Competere per essere visibili? oltre l’economia c’è il sociale

L.B. – “Diciamo che ogni disciplina prova a competere per avere spazi di visibilità, quindi introiti, e quindi risorse da investire. Il problema che, però, sta riscontrando sempre di più quest’industria, che in fin dei conti è un’industria dell’intrattenimento, è legata alle nuovissime generazioni, che sembrano sempre meno interessate a gare con tempi morti, poco interattive, non in sintonia con temporalità istantanee e con un’esigenza incessante di stimoli, chocs e collisioni, tanto per parafrasare W. Benjamin. Generazioni che, dal calcio al tennis, cominciano a preferire sempre più la visione dei soli highlights. Parliamo, tuttavia, dei consumatori del futuro, e per questo ci si pone la questione di accattivare e calamitare la loro attenzione in qualche modo, anche paventando ulteriori grandi trasformazioni”.

“Per una riflessione più generale sull’ambito sportivo, va da sé che se tutto viene demandato al mercato, non ci può non aspettare che gli aspetti presi in considerazione non siano il rendimento economico, il rapporto costi-benefici, ecc. Ed è evidente, invece, che le valutazioni di uno Stato sullo sport debbano contemplare aspetti non orientati alle dinamiche di profitto, ma a obiettivi sociali più ampi. Questo sia – forse soprattutto – per quanto riguarda la pratica di base, che per la crescita dei talenti e degli atleti d’élite. C’è da dire che nel nostro paese alcune Federazioni pare si stiano muovendo bene negli ultimi anni, da entrambi i punti di vista. Pensiamo ai successi recenti in discipline come il nuoto, il tennis o l’atletica – per non parlare della mia amata scherma, che però è un capitolo a parte, radicato in una tradizione secolare”.

Sociologia dello sport e del genere

L.B. – “Rimane aperta la questione della passione per la pratica sportiva, che va tenuta sempre viva, confrontandosi con la concorrenza energica di altre attività del tempo libero forse meno faticose”.

“Rispetto agli argomenti suddetti, le dinamiche di genere hanno un’incidenza non completa, ma nemmeno irrilevante. Da questo punto di vista, va premesso che, se ci poniamo in un’ottica di lungo periodo, non possiamo non constatare – rispetto ai decenni scorsi – un miglioramento, almeno in questa parte del mondo, in termini di partecipazione, visibilità, riconoscimento sportivo al femminile (rimaniamo qui in una logica binaria, perché altre questioni sono troppo complesse per essere trattate rapidamente in tale sede)”.

 calcio femminile

“Nonostante ciò, permangono problemi legati a una partecipazione non del tutto paritaria – specie se si pensa alle categorie d’élite e a questioni spinose come la maternità –, a una disparità complessiva nelle retribuzioni, a idee radicate e riverberate in alcuni casi dallo sport, come la definizione di discipline e qualità femminili e maschili (l’eleganza e l’estetica da un lato, la potenza e la forza mentale dall’altro…), o alla maggiore sessualizzazione del corpo delle atlete. Certo, assistiamo a dei passi in avanti in tal senso – solo a titolo esemplificativo, un certo sdoganamento, per dire, del calcio al femminile o del nuoto sincronizzato al maschile”.

“Eppure, non bisogna dimenticare che alcuni di questi aspetti vanno esaminati nella loro connessione con la logica di mercato prevalente nell’industria sportiva. E il mercato di rado si pone problemi di tipo ideologico o valoriale, pur amplificandone magari il corso, privilegiando comunque un ragionamento complessivo di redditività. Sul piano analitico, non mi sembra adeguato, allora, sganciare completamente gli aspetti culturali alla base di forme di discriminazione sportiva di questo tipo con l’ottica industriale che ne può sorreggere o modificare l’andamento”.

Print Friendly, PDF & Email