Nicholas Maurizio Mercurio nasce ad Aosta il 15 giugno 1995. Pubblica a soli diciannove anni il suo primo romanzo fantasy “L’Alba di un Cavaliere” e subito dopo “La Saga dell’Ultimo“, dov’è protagonista Argail di Lytel. Recentemente ha invece pubblicato “Il Figlio del Mare“, primo volume de “La Trilogia dell’Ombra”, il quale sta avendo un ottimo successo ed è tra più venduti di Amazon. Maurizio, instancabile giovane scrittore, è già al lavoro sul secondo libro della saga. Cerchiamo quindi di conoscerlo un po’ meglio.

Credi nel genere fantasy? Per quale motivo lo ritieni più adatto alla tua persona?

Ho massima fiducia nel genere fantasy da quando sono piccolo. Mia madre mi raccontava spesso molte storie. Insieme leggevamo “Lo Hobbit” e “Deltora“. Dopodiché iniziai a conoscere “Il Signore degli Anelli” e i grandi classici della letteratura. A scuola mi innamorai della mitologia greca, che un mio lettore ha ritrovato nei miei libri. Credimi, quando me lo disse rimasi talmente stupito che ne fui assolutamente onorato. Lo considero adatto a me perché la mia intenzione è quella di scrivere un genere che contiene più generi. Se lo esaminiamo con attenzione il fantasy è proprio questo. Parla di tematiche odierne come l’odio o l’immigrazione, l’amore e l’amicizia, il dramma e la guerra. Unisce tutto, collega l’infinito.

Il genere fantasy e la sociologia, sono secondo te in qualche modo assimilabili?

La sociologia studia i processi della quotidianità. Il genere fantasy si occupa di rappresentare la realtà in un modo totalmente diverso, a discrezione dell’autore. I meccanismi alla base delle relazioni umane però, permangono sempre gli stessi, io credo. Il genere fantasy è una sorta di lente di ingrandimento: con le dovute premesse di un mondo immaginario, utilizzando cioè chiavi di lettura in grado di raggiungere adulti e piccini, ripropone al lettore ciò che accade tutti i giorni: dall’amore alla violenza, dall’amicizia all’odio.

Il Figlio del Mare: quanto, questo primo volume della saga “La Trilogia dell’Ombra”, parla di te Maurizio?

Parla di me molto più di quel che immaginiamo. A differenza di tutti gli altri che ho scritto in passato, è fondamentalmente il mio libro migliore. Ogni caratteristica del personaggio rappresenta, da un certo punto di vista, alcuni miei lati caratteriali. Sono un testardo, un ambizioso e uno che non si arrende mai. Ma “Il Figlio del Mare” è anche altro. Vivo in una regione meravigliosa circondata dalla natura e da castelli. L’ispirazione è ovunque, a casa mia.

Vi è un personaggio a cui sei particolarmente affezionato? Perché è riuscito a rubarti il cuore?

Ogni mio personaggio è riuscito a rubarmi il cuore. Sarò sincero: tutti i miei personaggi lo fanno da quattro anni, da quando ho iniziato a pubblicare. Argail, protagonista de “La Saga dell’Ultimo“, lo ha fatto più di tutti. In seguito, sono arrivati Elberen e Ratghar, protagonisti entrambi de “Il Figlio del Mare“.

Quanto è stato difficile, per un giovane scrittore come te, riuscire ad affermarsi?

Molto più complicato di quel che si immagina, soprattutto prima di ogni pubblicazione. A volte è stata molto dura perché pensavo di non farcela, ma ho scoperto che è grazie alla perseveranza e all’attenzione che si può raggiungere i propri obiettivi. L’importante è oltrepassare i propri limiti e non temere nulla.

Di seguito, un estratto de “Il Figlio del Mare”: l’autore ne è particolarmente affezionato. È mio dovere quindi riproporlo ai lettori di Sociologicamente:

«Le decisioni passate del re sono chiare a tutti: intendeva arricchire Gilvobir dall’interno grazie ai mercanti stranieri provenienti da ogni luogo. Ecco perché permette ai nani di vendere e acquistare senza ritorsioni da parte delle tue guardie, padre. Vuole prestare il fianco ai reami dei nani e al tempo stesso essere alleato di re Ilanen, che, nonostante abbia più volte proposto di essere disposto a un dialogo, è sempre stato rifiutato dalla Lucente Guida. La questione del fiume potrebbe essere un vantaggio per re Mirel, ora che bande di Orkrim e Goblin compiono scorribande sulle sue rive e mettono in difficoltà le truppe dello Spezzato. Se il re decidesse di ristabilire la vecchia alleanza con re Ilanen, questi non la rifiuterebbe mai.»
Eralden, udendo quelle parole, sorrise appena. «E chi dovrebbe confidargli questa idea, figlio mio?» «Nessuno, padre», replicò Eraden con decisione. Gli occhi di Ravel lo osservavano incuriositi. Sua madre, che era al suo fianco, n’era orgogliosa e ammaliata. «Perché?», chiese.
«Una storia aiuta essere consapevoli dei propri limiti, ma non a prevederli», fu la risposta.
«Così suona meglio.»

Giulia Marra

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