Quanto la politica influenza il nostro vivere? E quanto le persone possono legittimare un regime non democratico? Spesso guardiamo ad altri paesi e ci poniamo queste domande. Poche volte, tuttavia, abbiamo avuto il coraggio di guardare alla nostra storia. Indagare i caratteri e gli obiettivi che il Fascismo ha presentato negli anni del consenso è stato l’obiettivo del lavoro di tesi “Gli anni del consenso nel regime fascista” di Angelica De Fusco, laureata in Sociologia, presso la facoltà di Scienze Politiche, Sociologia e Comunicazione di Sapienza Università di Roma.
Studiare il fascismo
- Una tesi che contribuisce ad arricchire la ricerca storico-sociale sul Fascismo. Quanto, secondo te e tra luci e ombre, è importante studiare la storia sociale e politica del nostro paese?
ADF: “Molto importante, a mio parere. Ogni paese presenta una propria storia politica e sociale diversa da quella degli altri, che lo rende unico e particolare; essa rappresenta il punto di partenza di quel processo che ci permette di conoscere il meccanismo che ha originato un particolare fenomeno. Nello specifico, studiare la società da tutte le sue angolazioni e indagare le dinamiche sociali caratterizzanti una determinata epoca storica sono due processi fondamentali per ricostruire un fenomeno sociale, storico e politico”.
La religione politica del fascismo
- Come e perché è nato questo tuo interesse a studiare gli anni del consenso? Perché proprio l’aspetto della religione politica nel fascismo?
ADF: “Sono interessata a comprendere le modalità di conquista del consenso all’interno dei regimi autoritari. Mi sono sempre chiesta in che modo si sia giunti a generare un fenomeno come l’Olocausto e quale responsabilità avesse avuto, all’epoca, il nostro paese. Per darmi una risposta ho pensato fosse corretto iniziare dalle fondamenta del fenomeno fascista e, perciò, nel mio studio ho voluto indagare come il regime fosse riuscito a conquistare quel consenso che gli ha permesso di permanere al potere per due decenni. L’interesse per questi studi è stato, decisamente, alimentato dalla mia formazione sociologica e dalla passione per la storia, perciò ho ritenuto che convogliare le due discipline mi permettesse di compiere una riflessione più complessa e arricchita da prospettive differenti”.

“Infatti, le prospettive che ho inserito nella mia tesi fanno capo a tre illustri storici del Fascismo, ovvero Renzo De Felice, Philip V. Cannistraro ed Emilio Gentile, vitali per il mio studio. L’aspetto della religione politica ha catturato la mia attenzione fin da subito, in quanto comprendeva le modalità in cui la fede nel Fascismo ha modo di manifestarsi. In questo caso è più corretto parlare di fede invece che di consenso, in quanto Emilio Gentile ha sottolineato il carattere religioso del regime, specificando l’esistenza di un’adesione nei termini della fede che i fedeli nutrono per il proprio Dio e per la propria religione. Emerge chiaramente l’importanza di sottolineare questa dimensione politico-religiosa in cui vivevano gli italiani e le italiane dell’epoca”.
La metodologia adottata
- Brevemente, come è stata impostata la ricerca dal punto di vista metodologico e perché?
ADF: “La ricerca è stata caratterizzata inizialmente dallo studio delle prospettive e delle analisi compiute dagli storici già citati. In particolare, sono risultate fondamentali per la mia ricerca opere come Mussolini il duce. 1.Gli anni del consenso 1929-1936 di Renzo De Felice, La fabbrica del consenso. Fascismo e mass media di Philip V. Cannistraro, Fascismo. Storia e interpretazione e Il culto del littorio. La sacralizzazione della politica nell’Italia fascista di Emilio Gentile”.

“Dopo averle approfonditamente studiate, ho scelto i passaggi che meglio potessero guidarmi nel rispondere alla domanda all’origine della mia tesi, ovvero se il consenso al Fascismo fosse davvero esistito. In tutto questo processo è stato fondamentale l’aiuto datomi dalla storica e mia relatrice, la professoressa Alessandra Tarquini. Impostando la ricerca in tal modo, ho potuto considerare diversi approcci al medesimo fenomeno costruendo, quindi, una prospettiva più ampia”.
Cosa hanno in comune religione e politica
- Quanto hanno in comune religione e politica? E soprattutto, oggi, secondo te, c’è stata una evoluzione del concetto di massa/e?
ADF: “Sono molto simili, a mio avviso. Entrambe presentano una dimensione sociale composta da individui che, aggregandosi, costituiscono la massa. La loro forza risiede nel seguito che riescono a ottenere da essa. Una religione è tale se ha un gruppo di fedeli che la sostiene e crede in essa. Allo stesso modo, non è pensabile fare politica senza un gruppo di elettori pronti a votare in suo favore. O meglio, è possibile ma certamente non efficace.
Sia la religione che la politica hanno bisogno di personalità carismatiche al loro vertice, in grado di conquistare le masse e creare una relazione di fiducia e rispetto reciproci. In tal modo, si costituisce uno spazio sociale in cui gli individui possano raccogliersi, trovare la realizzazione di un proprio scopo, condividere un interesse e una parte del proprio essere. Indubbiamente il concetto di massa si evolve di pari passo con la società e con i suoi mutamenti.
Ciò che non muta, a mio avviso, sono i meccanismi di funzionamento della massa, ovvero ciò che spiega come gli individui si muovono al suo interno. La sua psicologia prevede che essi, entrati a far pare della massa, diventino soggetti a meccanismi di deresponsabilizzazione, sembrino possedere un senso di invincibilità che favorisca la messa in pratica di comportamenti che da soli non avrebbero praticato. L’individuo entra in una dimensione in cui si sente irresponsabile e quasi del tutto anonimo. Tali proprietà della massa ritengo che siano immutabili. Tuttavia, gli interessi e gli scopi possono mutare con l’evolversi dell’ambiente sociale di riferimento”.
Fascismo e comunicazione politica oggi
- Il metodo propagandistico che fu tanto caro proprio ai fascisti di allora «Dite il falso, ditelo molte volte e diventerà una verità comune» può essere associato oggi al meccanismo delle fake news, di cui tanto si parla in relazione a Internet. Dati i tuoi studi, per reagire a queste nuove forme di comunicazione politica distorta, a cosa bisogna fare attenzione? Cosa eventualmente si può approfondire per far sì che ci si possa – un minimo – difendere?
ADF: “Bisogna prestare attenzione ai mezzi che veicolano le informazioni, non riporvi cieca fiducia e imparare ad essere maggiormente critici. Questo vale per molti ambiti, a mio parere. Ci troviamo a vivere in un’epoca in cui è facile incorrere in errori di giudizio e ciò è favorito dalla numerosità di fonti a nostra disposizione, di cui molte valide ma altrettante non. Credo che per cadere più difficilmente vittima di eventuali distorsioni della realtà sia necessario essere curiosi. La curiosità favorisce l’informazione, la conoscenza e la scoperta, attraverso la consultazione di fonti valide. Approfondire la storia sociale del proprio paese può insegnare molto. Criticità e curiosità sono i nostri strumenti contro le distorsioni di ogni tipo”.

Hr specialist, orientatore e giornalista pubblicista laureato in Sociologia con lode. Redattore capo di Sociologicamente.it.
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