Sociologia. Quella pura, vera. Quella con la “S” maiuscola. Maiuscola come la verve, lo spirito e la personalità di questo ragazzino di 92 anni al quale brillano ancora gli occhi nel parlare tedesco citando Weber. Franco Ferrarotti è la sociologia. Quella italiana, indubbiamente, ma non solo. È quella Sociologia pura, vera, con la “S” maiuscola, appunto. Impossibile, dopo aver sentito parlare Franco Ferrarotti, non voler andare ad approfondire gli argomenti che ha toccato. Impossibile non avere voglia di studiare, analizzare, curiosare o anche solamente appassionarsi a quella disciplina di cui Franco Ferrarotti parla con un entusiasmo commuovente. In poco meno di due ore di conversazione alla facoltà di sociologia della Federico II di Napoli, in cui la presentazione del suo ultimo libro fa da impercettibile contorno, Franco Ferrarotti riesce a spiegare la sociologia. E lo fa con la naturalezza dei Grandi, spaziando dai classici della disciplina come Comte, Marx e Durkheim passando al potere delle multinazionali; dalla differenza tra scienze dimostrative e scienze interpretative, alla sua personalissima definizione di sociologia (“La sociologia è interconnessione degli aspetti sociali. Non è più possibile limitarsi a studiare la società in generale”). E regala una serie di perle che andrebbero incise a fuoco su ogni cattedra, in ogni aula, dentro ogni facoltà universitaria. “Tutto ciò che è facile non vale niente”, “L’oggetto della sociologia non è un oggetto”, “La Cina: una dittatura comunista con un sistema capitalista. Un ircocervo”, solo per citarne alcune. Abbiamo così avuto il piacere, l’onore e chi più ne ha più ne metta di porre qualche domanda in esclusiva per Sociologicamente al professor Ferrarotti. Professore, già, perché per sua stessa ammissione “da sempre ho saputo di non sapere niente, e di conseguenza di non avere nulla da insegnare. E per questa ragione non avrei mai accettato di fare l’insegnante. Al massimo il professore. Perché il professore universitario, a mio parere, non insegna, non imbottisce cervelli. Il professore universitario solleva problemi. Stimola. Coltiva e fa crescere dubbi, nuove vie, inedite prospettive. Il professore professa. Che cosa? Le sue idee, se ne ha”.
Ha spesso focalizzato i propri interessi di studi sui problemi del mondo del lavoro. Al giorno d’oggi, che prospettive ci sono?
Una società evolve nella misura in cui diventa consapevole si se stessa. Il mondo del lavoro oggi è straordinariamente complicato proprio perché son venuti meno quei freni che impedivano gli effetti immediati dei cambiamenti tecnici. Non si tratta più soltanto del rapporto, meglio ancora del passaggio, dalla tuta blu al camice bianco, nonostante possiamo dire che oggi il lavoro nelle fabbriche sia di per sé migliorato. Se a un certo punto noi accettiamo l’innovazione tecnica come principio guida di tutta la società, noi tecnicamente creiamo continuamente nuove mansioni lavorative. Il problema è che queste nuove mansioni lavorative non si sa quanto dureranno. Noi abbiamo un’evoluzione che ha avuto la conseguenza di generare lavoro precario. La precarietà del lavoro di oggi dipende dal principio guida riconosciuto all’innovazione tecnica. Significa che quando una persona non è certa che i propri mezzi di sussistenza andranno al di là dei tre mesi, un anno o due anni, non può elaborare un progetto di vita. È come vivere su un tapis roulant.
Lei che ha analizzato ogni fenomeno sociale immaginabile, attualmente il sociologo su cosa dovrebbe porre la propria attenzione?

Al giorno d’oggi i sociologi aspettano i temi e le direzioni della ricerca dal mercato. È la vittoria dei committenti. Così i sociologi trascurano le vere esigenze di autonomia teoretica e di ricerca della loro disciplina. Le vendono per un piatto di lenticchie. Oggi il sociologo deve con molta umiltà mettersi di fronte, interrogarsi, sulle conseguenze psicologiche ed economiche delle innovazioni tecniche. Queste innovazioni tecniche per il momento creano molte ricchezze ma per gruppi privilegiati. Ho scritto un libro che si chiama “La strage degli innocenti”, un libro sulla società di oggi che chiamo società “saturnina”, che come Saturno fa i figli e poi se li mangia. Li fa studiare e poi se li mangia. La società di oggi se non si ribella e non riesce ad addomesticare, a governare positivamente, il principio dell’evoluzione tecnica, è una società assolutamente senza avvenire.
A chi consiglierebbe di studiare sociologia?
A chi non abbia troppa fretta di affermarsi, di trovare un posto di lavoro; però, nell’industria di domani, nelle direzioni del personale, nella burocrazia pubblica, credo che l’aspetto sociologico sia destinato a crescere. Basti pensare al caso classico di un uomo come Vilfredo Pareto, ingegnere, direttore della Ferriera Valdarno, che ad un certo punto lascia l’economia perché capisce che senza la componente sociologica non può capire tutto il resto.
Dario Mastellone