Jean Baudrillard è stato tra i più grandi intellettuali dell’epoca contemporanea. Di forte ispirazione filosofica, con più di cinquanta opere pubblicate è stato un critico della società e della cultura contemporanea ed un caposaldo del post-modernismo francese. Parlando di media, consumi, nuove tecnologie, ma anche di sessualità e desiderio, ha commentato in prospettiva pessimistica i cambiamenti della vita sociale, economica e culturale che hanno caratterizzato la nostra società nel suo recente sviluppo tardo-capitalistico.

Una sociologia dei consumi

Uno dei temi cardine dell’autore francese è stato sicuramente quello dei consumi e del consumismo. In “Per una critica dell’economia politica del segno” riprende la distinzione marxista tra valore di uso e valore di scambio della merce, aggiungendone però un terzo: il valore simbolico. Ogni oggetto, oltre alle sue funzioni di utilità e al suo valore economico, ha la facoltà di significare qualcosa altro da sé: uno status, una relazione, un mito. Il valore della merce sta ora nel rappresentare dei simboli di differenziazione sociale più che come strumenti o come moneta di scambio (un rimando anche al pensiero del connazionale Bourdieu). Elaborando una nuova teoria del consumo, considera lo stesso non soltanto mero atto di acquisto e di soddisfazione di bisogni, ma anche e soprattutto come “dépense“, ossia come “ricchezza manifestata e come distruzione manifesta di ricchezza“. Spiega così, anche in altre successive opere quali “La società dei consumi”, come il nuovo motore della società non sia più la produzione bensì il consumo delle merci, diventato ormai lo strumento principale di manifestazione di vitalità e di sovranità del soggetto. Per l’autore non è più il processo economico-razionale di soddisfazione di bisogni a muovere l’economia contemporanea, quanto piuttosto un processo sociale di “distruzione del valore economico in vista di un altro tipo di valore. Il consumatore non si riferisce più all’oggetto nella sua utilità specifica ma ad un insieme di oggetti nella loro significazione totale”. È con il mero consumo di beni completamente slegato dai bisogni che l’uomo ora si realizza e si sente realizzato. La sua felicità è raggiunta comprando e consumando beni.

La società dello spreco

La società dei consumi, però, diventa cosi anche la società dell’abbondanza e dello spreco. È nel consumo di un’eccedenza, di un surplus, che l’uomo si sente realmente vivere. Si incoraggia ad un rinnovamento sempre più accelerato dei prodotti al punto che la loro produzione ora è in funzione della loro morte e non, al contrario, della loro durata. La società dei consumi, per essere, ha bisogno dei suoi oggetti e ancora di più di consumarli, di distruggerli. Si acquistano vestiti per una sera, case esclusivamente per le vacanze, si ostentano i consumi effimeri. In questa nuova dimensione avviene quasi un rovesciamento del rapporto tra soggetto e oggetto in una nuova configurazione in cui quest’ultimo domina sul primo. “Nel nostro pensiero del desiderio, il soggetto detiene un privilegio assoluto, poiché è lui che desidera. Ma tutto si rovescia […] non è più il soggetto che desidera, è l’oggetto che seduce. Tutto parte dall’oggetto e vi ritorna, come tutto parte dalla seduzione e non dal desiderio. […] perché il soggetto è fragile, non potendo che desiderare, mentre l’oggetto si fa forte proprio dell’assenza di desiderio. ll soggetto non può che desiderare, solo l’oggetto può sedurre”.

Tra simulacri e simulazione: l’iperrealtà

Un altro interesse dell’autore francese sono stati i media e i nuovi mezzi di comunicazione. In particolare si è concentrato sulla televisione, e il ruolo che svolge nella società odierna. Per Baudrillard, in “Simulacra e simulation”, si verifica un processo di “dematerializzazione” della realtà. Il consumatore vive in un sistema che riproduce, falsifica e amplifica la realtà in una gigantesca bolla che i media e il consumismo hanno costruito come simulacro della realtà. Una iperrealtà come la definisce. “Non c’è più né finzione, né realtà, l’iperrealtà le abolisce entrambe”. Ci si ritrova in un una condizione in cui ciò che è reale e ciò che è finzione si fondono senza soluzione di continuità, in modo che non ci sia una chiara distinzione tra dove uno finisce e l’altro inizia. Il reale scompare, si sgretola e si degrada in quanto tale, diventando piuttosto uno spettacolo, un oggetto di consumo. Questo viene sostituito dal contrario di quello che esso era, e che magari non è mai esistito. La sua contraffazione virtuale, il suo simulacro ingannevole, da tutti considerata più stimolante e attraente dell’originale. Ne sono testimonianza luoghi come Disneyland, che consente a tutti di soddisfare le proprie fantasie ad occhi aperti, nella vita realtà appunto. Risultando pertanto più ammirevole e attraente della realtà stessa. “L’immaginario di Disneyland non è né vero, né falso; è una macchina di dissuasione messa in scena per rigenerare in controcampo la finzione del reale”.

Jean Baudrillad ci fornisce un esempio molto forte di una filosofia e sociologia critiche della società. Il suo pensiero ha segnato in modo molto profondo non solo l’élite intellettuale ma anche la collettività, il senso comune contemporaneo e la rappresentazione culturale del nostro tempo.

Valerio Adolini

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