Jean-Claude Kaufmann è un sociologo francese, nato il 12 aprile 1948 a Le Mans. Specialista dello studio della relazione di coppia e la vita quotidiana, pioniere della microsociologia, ha poi sostituito alle sue prime analisi il più ampio tema dell’identità, che ha così contribuito a rinnovare. Si occupa inoltre, nel quadro generale della sua ricerca presso il CNRS, di socializzazione e soggettività.

Tra i suoi principali lavori tradotti in italiano si ricordano: Premier matin. Comment naît une histoire d’amour (Paris 2002); trad. it. Quando l’amore comincia (Bologna 2005); Agacements. Les petites guerres du couple (Paris 2007); trad. it Baruffe d’amore. Le piccole guerre di coppia (Bologna 2008).

Jean Claude Kaufmann, sociologo Francese

In questo articolo ci concentreremo su un lavoro ben preciso dalle premesse molto interessanti: Corps de femmes, regards d’hommes. Sociologie des seins nus (Paris 1995) tradotto in italiano con Corpi di donna, sguardi d’uomo. Sociologia del seno nudo.

Indice

Fare sociologia per Jean Claude Kaufmann

Per l’autore, la figura del sociologo, in questi ultimi anni, è entrata a far parte delle abitudini del pubblico. Una tavola rotonda, una trasmissione tv o anche un articolo di giornale: è sempre più facile incontrare un sociologo che dice la sua, che informa. Se dunque il sociologo diventa finalmente un esperto da interpellare sempre più spesso, i discorsi vanno a semplificarsi necessariamente per le tempistiche e i pubblici dei media.

Su questa scia può accadere che il fascino della notorietà faccia perdere al sociologo la sua essenza di ricercatore. La sana domanda “che cosa è una società e come funziona?” non può e non deve essere solo confinata negli ambiti accademici e nella produzione dei testi, ma essere libera da poste in gioco politiche e costrizioni di alcun genere. Deve essere il lietmotiv del sociologo e tutti i ricercatori che vogliono definirsi tali: curiosità, ricerca di campo e spessore teorico originale e stimolante.

Jean Claude Kaufmann: perché la spiaggia e il seno nudo?

Per la ricerca descritta in Corpi di donna, sguardi d’uomo. Sociologia del seno nudo, Kaufmann si è dotato di una équipe di cinque intervistatori per intervistare 300 persone sulle spiagge francesi. Per l’autore, che cerca un approccio radicale allo studio dei fenomeni della vita quotidiana, è stato interessante indagare la pratica del seno nudo sulla spiaggia poiché quest’ultima è un luogo particolare, dove le barriere vengono meno. Se l’intervista fatta “porta a porta” può avere un alto tasso di diniego poichè l’abitazione rientra nella sfera dell’intimo familiare, la spiaggia consente diverse aperture. Innanzitutto non si infrange il classico territorio dell’intimità che può avere, appunto, una casa, e il tempo viene percepito diversamente.

Se la spiaggia è uno dei luoghi del relax e della superficialità per eccellenza, il tempo dell’intervista può essere assimilabile al passatempo, la chiacchiera innocua che si può fare tra bagnanti. Oltretutto l’intervistatore – che viene subito individuato se ha un registratore o simili – non viene quasi mai rifiutato: spesso i bagnanti si sentono “onorati” di essere presi in considerazione per la loro opinione, indipendentemente dal tema della ricerca. Solo che, proprio la pratica del seno nudo, ha rivelato sorprese, contraddizioni, stigmi e regole sottese che non ci aspetterebbe da chi frequenta una spiaggia in ottica di relax.

Perché sì, la spiaggia ha delle regole. Può per certi versi essere paradossale: consente i nudi se non in presenza di bambini, la vicinanza se tra membri della famiglia, ma impone pudicizie e lontananze se non si raggiunge un certo grado di coscienza di sé e della tipologia degli sguardi che si possono ricevere dalla spiaggia. Togliersi il reggiseno del costume non è dunque un gesto semplice, naturale e senza problemi. Fa parte di un insieme di regole molto sofisticate e in un processo storico dove si va a definire chi ha il diritto di fare cosa e come. Kaufmann inizia con questo a spiegare come la banalità quotidiana non è affatto un tema banale e che ogni oggetto d’indagine sociale può disvelare pratiche sottese.

La costruzione storico-sociale della spiaggia

Come nasce l’idea moderna di spiaggia? quando è diventata il luogo del relax che conosciamo oggi? Jean Claude Kaufmann ci aiuta a svelare questo – apparentemente arcano – interrogativo. I popoli antichi – greci e romani in primis – giudicavano il mare come luogo della perdizione, dalle fattezze violacee (come il vino!), scrigno fluido di inumanità e ignote aberrazioni. Ne consegue che la spiaggia, quale luogo di transizione che separa l’ignoto e la civilizzazione, venne percepita come qualcosa da rifuggire, accettata solo come destinazione di ritorno, come abbraccio accogliente per i marinai delle tratte commerciali e militari.

Dal punto di vista religioso secondo Corbin (1988) il mare è stato per secoli “recipiente abissale dei resti del diluvio”, una fonte di angoscia e disgusto. Solamente nel diciottesimo secolo inizia a svilupparsi uno sguardo diverso sulla natura e su corpo. Corpo e natura sono infatti legati: la ricerca di un eden realizzabile, una meta per rifuggire dalla società urbana e i suoi ritmi, si concretizza in un luogo che ricorda il paradiso ma che sia anche privo di costrizioni normative, che crea l’illusione della solitudine del corpo dinanzi agli elementi (Urban, 1994). Tuttavia, solo con l’avvento dell’invenzione sociale del sole e dell’abbronzatura si affermerà l’idea della spiaggia come luogo del relax come lo conosciamo oggi.

Microsociologia del seno nudo

Prima dell’avvento dell'”epoca del sole” furono comunque i corpi attivi dei bagnanti a far sì che i costumi diventassero i sistemi di copertura che conosciamo oggi. Le donne, avvolte in vestiti di lana fino ad allora, cominciano ad alleggerire il loro abbigliamento verso il 1840, e il costume aderente diventerà di moda solo negli anni 20 del ‘900. Dopo la seconda guerra mondiale il ridursi fino al monokini degli anni sessanta non sarà solo guidato dalla ricerca della mobilità in acqua ma, appunto, dall’esigenza dell’abbronzatura.

In un epoca in cui il codice borghese impone l’ideale della bianchezza, l’abbronzatura era malvista. Eppure, col tempo, la gestione della stessa ne ha esaltato la pratica. Oltre la competizione (chi ha l’abbronzatura più scura, uniforme e bella) c’è la moda (tutti lo fanno, io mi adeguo) ma anche la salute (troppo fa male, quindi mi abbronzo solo le ore mattutine perché ci sono pochi raggi uv, etc). Una pratica che richiede un certo grado di conoscenza tecnica.

Una conoscenza che si riflette nella pratica del seno nudo, introdotta nel 1964 a Saint-Tropez, dove divenne ben presto pratica di massa: non solo competizione, moda e salute, ma gesto di ribellione e riappropriazione di sé. Il bel corpo femminile è segno di vanto, scandalo, liberazione sessuale. Può essere tutto questo ma anche di più: è l’immanenza su cui possiamo avere un notevole grado di controllo e attraverso il quale è possibile rafforzare l’impressione di una simbiosi tra l’individuo e il mondo.

I tre corpi della donna per Jean Claude Kaufmann

Abbiamo detto che la spiaggia è paradossale, che ha delle regole. Ci si crede liberi ma il minimo gesto, il minimo sguardo vengono controllati e codificati. Questo sistema di regole verte su tre idee di governo della spiaggia che passano per altrettante visioni del corpo della donna:

  • La banalità. L’esposizione della nudità rende la nudità meno visibile. Si tratta del processo di banalizzazione che già accade nei processi quotidiani, nonché il corpo invisibile della donna sulla spiaggia;
  • La sessualità. Dove lo sguardo si posa, attribuisce significati. Si tratta del corpo erotico della donna, avatar di disinvoltura, ma anche di provocazione ed esibizionismo;
  • La bellezza. Il governo che interviene quando la banalità non riesce a sopperire agli istinti degli sguardi sul corpo erotico. Il terzo corpo della donna è il corpo estetico: garantisce la tranquillità balneare, deviando lo slancio pulsionale, inserendosi in un discorso più sociale, e per certi versi classista. Si passa al gusto del bello, al piacere dell’ammirare un idealtipo del canone imposto/diffuso.

Costruire la realtà: l’esempio del seno nudo

Jean Claude Kaufmann si rifà molto ad autori come Goffman e Mauss. Non deve sorprendere dunque l’idea che la costruzione sociale della realtà per l’autore passi dai piccoli gesti, dai ruoli che noi interpretiamo. La realtà viene costruita acquisendo intensità e solidità attraverso la ripetizione. L’abitudine e i rituali intrappolano i significati, e grazie al processo di banalizzazione penetrano a fondo. Eppure proprio grazie all’imitazione che è possibile l’innovazione: l’abitudine si trasforma, poiché chi imita sceglie cosa imitare e lo integra nel suo patrimonio di comportamenti. Da questi presupposti è possibile ragionare anche sulla pratica del seno nudo: in un contesto dove non solo è accettato ma è anche la norma, il seno nudo si fa normalità perché il rispetto della norma implica l’acquisizione dello status di tranquillità sulla spiaggia. Un caso simile (e forse più conosciuto e strutturato) sono le spiagge dei nudisti.

In altri contesti (e tempi) il seno nudo è stato (e può ancora essere) rivoluzione. Sulla spiaggia entrano in gioco codici estetici e di buon costume (es. un seno giovane e più gradevole di un seno anziano e cascante che è ritenuto inopportuno). Toccano sensibilità diverse (es. il bimbo può vedere il seno nudo della madre, quello delle altre donne no, oppure lo sguardo di giovani maschi non è lo stesso percepito di maschi anziani considerati gretti). Ma soprattutto crea quel sistema di ambiguità cui la sociologia deve perseguire nel ricercare i propri oggetti di ricerca.

Riferimenti

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