Josef Pieper è stato un filosofo tedesco del XX secolo tanto che il papa emerito Benedetto XVI lo definì suo «amico e maestro». Considerato come uno dei massimi esponenti del neotomismo, Pieper studiò filosofia, diritto e sociologia nelle università di Berlino e Münster. Dopo aver lavorato come scrittore free-lance e sociologo, divenne professore ordinario di antropologia filosofica all’Università di Münster, dove insegnò dal 1950 al 1976.
Noto per le sue riflessioni profonde su vari temi, Tra le sue opere più significative c’è “Sull’amore“, un testo in cui esplora il significato e l’importanza dell’amore nelle nostre vite. Vediamo insieme alcuni punti e proviamo a ragionarci sopra.
L’amore per Josef Pieper
Innanzitutto, Pieper suggerisce che l’amore va concepito nella sua interezza, ossia l’uomo deve concepirsi nell’amore come creatura generata avente dunque dei genitori, entità che possono infondere in lui amore. Una simile concezione – fatta propria dall’etica cattolica – non vede di buon occhio la clonazione e la fecondazione in vitro. Ogni essere vivente deve avere qualcuno che lo ama e che lo riconosca in quanto soggetto degno di vita. Seguendo questo ragionamento dunque, oltre la mera emozione o attrazione fisica, l’amore viene inteso come una forza spirituale che considera sì la sfera delle emozioni ma va oltre. Infatti, coinvolge la volontà, tanto da esserne il primo atto, il principio creatore.
L’amore, secondo Pieper, è una scelta consapevole di impegnarsi e prendersi cura del benessere dell’altro, ma attenzione, non si tratta di mero altruismo. Egli usa il termine tedesco Minne per indicarne la particolarità, ossia un idea di amore costante, che non solo produce e crea l’unità, ma di fatto la presuppone. L’amore, è dunque un processo comunicativo e soprattutto,
non è tanto unione di persone tra loro estranee, ma piuttosto unione di persone tra loro estraniate (p.41)
Le distinzioni fatte da Josef Pieper sull’amore
L’autore approfondisce la sua analisi distinguendo tra eros, philia e agape, tre concetti che delineano diverse sfaccettature dell’amore. Eros rappresenta l’amore romantico e passionale, philia riguarda l’amicizia e l’affetto reciproco, mentre agape è un amore incondizionato e altruistico. Pieper sottolinea che una vita equilibrata include tutti e tre questi tipi di amore, ognuno con il suo ruolo unico e insostituibile.
Un altro aspetto centrale dell’opera di Pieper è la connessione tra amore e virtù. Egli suggerisce che l’amore genuino è legato alle virtù come la giustizia, la saggezza e la generosità. L’amore non può esistere isolato da queste qualità, ma piuttosto fiorisce quando sono presenti nella vita di una persona.
In particolare, in un ottica di relazione, se l’amore termina nell’istante in cui nel partner svaniscono determinate qualità (bellezza, giovinezza, successo), esso allora non è mai esistito. Si disgiunge l’idea del partner dal partner stesso, difatti non accettando più la sua esistenza.
Critica alla logica di scambio in amore
Pieper critica anche l’idea moderna che l’amore debba essere principalmente basato sulla reciprocità e sullo scambio di benefici. Egli sostiene che l’amore vero è disinteressato e non cerca il proprio vantaggio personale. Questa prospettiva va contro la visione utilitaristica delle relazioni, comune nella società contemporanea.
Egli, in contrapposizione a questa tendenza, si rifà a un concetto di Tommaso D’Acquino secondo cui la prima cosa che un amante “vuole” è che l’amato esista e viva. Questo dono originario (ivi, p.68) si realizza attraverso il conferimento, da parte dell’altro, del diritto all’esistenza. Quest’ultimo passaggio è molto interessante poiché può essere utilizzato per comprendere situazioni che, apparentemente, possono essere lontane da ciò che riteniamo essere “relazioni amorose normali”.
Sociologia dell’amore e della guerra
Seguendo il principio della mutua accettazione e riconoscenza come base dell’amore è possibile ragionare sociologicamente in merito a diverse tipologia di relazioni:
- Quelle che siamo abituati a vivere nel quotidiano, quindi le relazioni familiari, amicali, o col partner. Pensiamo al caso estremo del femminicidio: questa conseguenza nefasta di un rifiuto, di una relazione finita, si può leggere come una mancanza di corrispondenza tra l’idea del partner percepita e la realtà. Infatti questa idea avvalorerebbe il principio secondo cui si ragiona ancora per diritto di proprietà del corpo femminile da parte del partner maschile e mai su un equilibrio di riconoscenza di esistenze. Si tratta, per dirla con le parole di Josef Pieper, di ragionare seguendo una logica egocentrica. Un pensiero siffatto potrebbe essere semplificato con una frase del tipo “è un bene che tu esista… per me!”;
- Le situazioni geopolitiche internazionali. Parrebbe strano, eppure nel nostro bagaglio culturale siamo già socializzati alla cultura dell’amore universale applicato al contesto geopolitico. Pensiamo alle recite di scuola quando eravamo bambini. Spesso le maestre ci parlavano di pace, con giochi e canzoni come Imagine di John Lennon, We are the world e simili. Oggi i ragazzi hanno cantanti impegnati socialmente come Ghali. Per certi versi è possibile affermare che abbiamo avuto una base educativa alla pace come utopia da realizzare.
Amore e immaginario della guerra
Ora, pensiamo al conflitto israeliano-palestinese. In un certo qual modo, la guerra, oltre le classiche ragioni d’interesse economico e religioso, ha come base ideologica profonda una mancanza di riconoscimento vicendevole di esistenza fra popoli. Il che potrebbe in parte spiegare il protrarsi di questo – come altri – conflitti nel mondo: la pace non riesce a concretizzarsi non perché ci siano tra gli accordi dei “bottini” materiali e/o simbolici, ma perché si vuole annientare il nemico in quanto percepito come essere inferiore, non-creatura. Un’interessante immagine di questo principio ci viene dal cinema, ancora una volta con un film sci-fi, independence day del 1996, in cui gli alieni invasori non trovano alcun motivo per fare la pace poiché non riconoscono gli umani alla pari, non li vedono come creature e di conseguenza… non possono (nemmeno lontanamente) amarli.
Josef Pieper e Zygmunt Bauman sull’amore
Bauman analizza come la società contemporanea, caratterizzata da rapidi cambiamenti, incertezze e individualismo, abbia un impatto notevole sulle dinamiche amorose. Sottolinea infatti come le relazioni siano spesso influenzate da fattori esterni come la globalizzazione, la precarietà economica e la fluidità delle identità individuali. L’amore, secondo Bauman, diventa un terreno instabile in cui le persone cercano connessioni emotive, ma spesso sono ostacolate da sfide strutturali e culturali. Egli critica anche la tendenza della società contemporanea a trattare le relazioni come merci di consumo, soggette a un rapido obsolescenza, esattamente come Pieper.
In conclusione, Joseph Pieper offre una prospettiva filosofica unica sull’amore che va oltre la superficie delle emozioni. Egli, data la sua formazione, chiarisce che l’amore vero, che riesce a risolvere inglobare ogni tipologia da lui descritta, è l’amore verso Dio. Questo, risolverebbe ogni dubbio carnale, poiché solo attraverso una serie di atti di gentilezza quotidiani compiuti in suo nome potrebbero giustificare l’uomo come creatura. Il suo approccio mette in luce l’importanza di una comprensione più profonda e consapevole dell’amore, che coinvolge l’integrità dell’essere umano in quanto creatura, quindi essere creato, dotato di volontà, virtù e dedizione disinteressata. L’opera di Pieper continua a ispirare coloro che cercano di comprendere e coltivare il vero significato dell’amore nelle loro vite.
Riferimenti
Hr specialist, orientatore, docente e giornalista pubblicista laureato in Sociologia con lode. Redattore capo di Sociologicamente.it.
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